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Sabrina Impacciatore: “Quando mi dissero ‘Non sei abbastanza bella per fare l’attrice’”

Sabrina Impacciatore, attrice italiana diventata una star internazionale grazie alla serie The White Lotus, ripercorre i passaggi di vita e carriera che le hanno consentito di arrivare al punto in cui è oggi: “Ma a 18 anni mi dissero che non avrei fatto l’attrice perché non ero abbastanza bella”.
A cura di Stefania Rocco
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Non potrai mai fare l’attrice perché non sei abbastanza bella”, fu quanto si sentì dire Sabrina Impacciatore a 18 anni, durante il suo primo provino. A riversalrle addosso quella sentenza, rivelatasi così poco lungimirante, fu l’assistente di un regista. “Quel giudizio mi ferì moltissimo, ma la bellezza è la cosa più relativa che esista al mondo. In America vado agli appuntamenti e mi dicono ‘You are so beautiful’, non è che credo di essere davvero bella per questa ragione”, racconta oggi Impacciatore al Corriere della sera. Sabrina è diventata una star in Italia prima di conquistare il successo internazionale grazie alla serie The White Lotus. Al provino per quel ruolo, come già accaduto per altri in passato, Impacciatore racconta di essersi preparata in sole 24 ore:

Un giorno mi telefonano i miei agenti: ‘Sabrina, devi fare assolutamente questo provino per The White Lotus’. Rispondo impulsivamente: “Ragazzi, non me la sento: sto girando un altro film e sono concentrata sul mio personaggio”. Insistono: è un progetto pazzesco, vediti almeno la prima stagione. Quella notte l’ho guardata. E ho fatto l’alba. Sono rimasta folgorata e mi sono detta che dovevo assolutamente prendermi quel ruolo, ma avevo solo una domenica per poter realizzare il self-tape che avrei dovuto mandare alla produzione. Ho ripetuto le scene per tutto il giorno, fino alla nausea. A tarda sera non avevo nemmeno mangiato, ma ero stanchissima e dovevo ancora scegliere il meglio delle registrazioni da mandare al regista. In lacrime, stravolta, chiamo una mia amica e la imploro di venire ad aiutarmi. Lavora in un ristorante e molla tutti all’improvviso per venire da me. L’amicizia per me è il suono del citofono di quella sera. Siamo rimaste in piedi fino alle 4 del mattino per selezionare i provini. Quando poi i miei agenti mi hanno cercato per dirmi che ero stata scelta sono impazzita. Ridevo e piangevo, ma non potevo ridere e non potevo piangere perché ero a teatro. Raggiungo l’uscita e telefono subito a mia madre. Mio padre era venuto a mancare da un mese e lei si è messa a urlare: ‘Grazie Enea, grazie, grazie!’.

La malattia del padre di Sabrina Impacciatore: “Mollai tutto”

Sabrina ha capito fin da giovanissima di voler recitare. Furono il regista Carmelo Bene e Gianni Boncompagni a intuire le sue capacità. “Studiavo recitazione e una mattina durante le lezioni, venne Carmelo Bene a osservare gli studenti. Un paio di giorni dopo mi chiamò per un’audizione a casa sua. Erano le 3 di pomeriggio: l’emozione di bussare alla sua porta me la ricorderò per sempre. Mi aprì un maggiordomo in livrea e mi disse di accomodarmi in un salottino. L’arrivo del maestro fu preceduto da un rumore impossibile da dimenticare e che ancora oggi mi rimanda ancora a quell’istante”, racconta Impacciatore, “Il tintinnio del ghiaccio nel suo bicchiere di whisky. Mi fece domande per un’ora e mezza e poi mi disse: ‘Adesso entrerà un’altra candidata, ma lei non se ne vada’. Mi fece assistere a tutte le altre audizioni delle ragazze. Le distrusse tutte. Era spietato. Alla fine della giornata mi disse: ‘Sabrina, lei è l’unica degna di stare accanto a un genio’. Mi ingaggiò per fare una ricerca sul Don Chisciotte che doveva durare tre anni, ma rinunciai perché una manciata di giorni prima di partire per questo progetto, mio padre ebbe due infarti e la mia famiglia crollò nella rovina assoluta. In quell’occasione mi aiutò Boncompagni”. Il papà di Non è la Rai si rifiutò di raccomandarla, ma riuscì a procurarle un colloquio di lavoro:

Mia madre iniziò a cercare un chirurgo che potesse operarlo, mio padre non poteva lavorare e io ero alla disperata ricerca di aiuto. Così chiamai Gianni, con cui avevo lavorato in passato a Domenica In come ragazza pon-pon. Gli chiesi se poteva aiutarmi a trovare un lavoretto qualsiasi. Fu netto: “Non ho mai raccomandato nessuno in vita mia: il massimo che posso farti avere è un colloquio”. Ne feci tre in Mediaset e fui assunta come segretaria di redazione. Poi un giorno fu lo stesso Boncompagni a dirmi che ero sprecata per lavorare in un ufficio e volle farmi un provino per Non è la Rai . Mi inventai dal nulla “la posta di Sabrina”: una cosa banale, ma a suo modo divertente. Le lettere che scrivevo effettivamente facevano ridere perché prendevo in giro i miei difetti fisici e accendevo un faro sui problemi di tutte le adolescenti. Mi diede il via e mi mandò in onda dal giorno dopo senza mai chiedermi in anticipo cosa avrei fatto. Si fidava ciecamente e credeva davvero in me. Venne a casa dei miei per il mio compleanno e mi regalò una collana. I ladri me l’hanno rubata, ma mi sono tenuta comunque stretta la frase che disse ai miei genitori: “Sabrina sarà la nuova Raffaella Carrà”.

La delusione dopo il provino di “Non ti muovere”: la parte andò a Penelope Cruz

Quando le chiedono un rimpianto, Sabrina ricorda il provino per il ruolo di Italia nel film Non ti muovere. Quella parte, alla quale andò vicinissima, fu assegnata a Penelope Cruz: “ Mi sarebbe piaciuto interpretare Non ti muovere e ci sono andata vicina, anzi vicinissima. Oggi ne rido, ma al tempo fu un dolore. Avevo letto Non ti muovere di Margaret Mazzantini ed ero rimasta impressionata dal personaggio di Italia, la protagonista, tanto da prendere carta e penna e scrivere a Margaret Mazzantini, l’autrice del libro, ringraziandola per avermi dato l’opportunità di incontrare un personaggio così struggente a figura esemplare, vittima designata della violenza di altri esseri umani. Poi Sergio Castellitto decise di mettere in scena il libro e quando partì il casting per il film fui veramente felice di essere convocata per un provino”. Impacciatore racconta di essersi completamente immersa in quel personaggio: “Per prepararmi feci cose da matta vivendo per più di due settimane, letteralmente, nei panni di quel personaggio. Smisi di lavarmi i capelli come Italia, comprai i vestiti di scena nei mercatini romani modificandoli e cucendoli per somigliarle, convinsi per strada una donna Rom a vendermi la sua borsa. Per quindici giorni ho camminato da zoppa, da sciancata per le vie di Roma, rischiando attenzioni indesiderate e non sempre gentili. Tra l’altro, per prepararmi al ruolo di una donna che aveva subito abusi, inibii completamente la libido dimenticando per mesi la sessualità e il mio incolpevole fidanzato. La notte prima del provino mi svegliai pensando che le scarpe che avrei portato al provino non fossero abbastanza vissute: scesi in strada in pigiama alle quattro del mattino, le misi al centro della carreggiata e ci passai sopra con il motorino”. Ma quel ruolo, nonostante un provino convincente, sarebbe stato assegnato a Penelope Cruz:

Il provino andò benissimo: mi telefonò Moira Mazzantini, la mia agente di allora, una persona speciale, e mi disse: “Piccolé, sei stata brava, hai commosso tutti”. Passò qualche settimana e mi ritelefonò. Il tono era cambiato: “Piccolé, ho una brutta notizia. Penelope Cruz ha letto il libro e vuole fare il film”. Ho capito subito che era finita e ho pianto per due mesi. Mi ha salvata l’ironia: l’ho ribattezzata Penelope Puz. Da allora non sono più stata capace di pensarci senza farmi una bella risata.

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