Renato Pozzetto: “Con Enzo Jannacci su una barca all’Idroscalo. Il “taac”? È nato così”
Sono le memorie di una carriera straordinaria quelle che l’84enne attore e cabarettista Renato Pozzetto affida al Corriere. Ricordi che attraversano quasi un secolo di storia e che Pozzetto elenca con la cifra disincantata del “milanese raffinato” eppure dotato di un umorismo tanto potente da risultare in grado di raggiungere ogni livello della platea. Accanto a lui alcuni dei nomi più grandi della scena culturale italiana del dopoguerra. Uno su tutti, Enzo Jannacci. “Il nostro più grande sostenitore, che diventò anche il mio medico di base. Nacque un’amicizia fortissima, nonostante lui fosse notoriamente Schizzo… perché era un tipo nervoso, imprevedibile”, racconta Pozzetto, “Grazie al Derby arrivò la Rai, con Canzonissima che faceva 20 milioni di ascolti e poi anche il cinema. Mi ritrovai a firmare tre contratti cinematografici e per festeggiare andai a mangiare l’aragosta. Ebbi una intossicazione e Enzo dopo avermi fatto una puntura se ne andò via ridendo con un matto nel corridoio. Non ho mai capito cosa volessero dire quelle risate”. Surreale, come parte della comicità di Pozzetto, una scena rimasta impressa nella memoria dell’attore:
Enzo amava le barche e finalmente se ne comperò una di 7 metri. Mi invitò a provarla: credevo mi portasse al mare, invece aveva decisa di tenerla all’Idroscalo. Ci ritrovammo in mezzo all’acqua, soli, con un freddo glaciale.
Il sodalizio con Cochi Ponzoni
Poi Cochi Ponzoni, altra figura fondamentale nella vita e nella carriera di Pozzetto. “Siamo nati tutti e due a Milano nello stesso quartiere e tutti e due, fatalmente, siamo stati sfollati durante la guerra a Gemonio. Nel 1942 una bomba ha beccato in pieno il palazzo dove abitavo e sono rimasto senza casa. A Cochi sua mamma aveva comperato una chitarra, suonavamo le canzoni che sentivamo alla radio”, ricorda l’attore, “Poi siamo tornati a Milano, in un alloggio del Comune: si chiamavano case minime ed erano abbastanza disumane, piccoli nuclei vitali in mezzo a cortili enormi. Poi ci siamo trasferiti dove c’era il capolinea del tram 3, nel quartiere Baia Del Re. C’era gente che si guadagnava onestamente lo stipendio, come mio padre, ma anche la malavita. Ho giocato con figli di gente complicata”.
“Il taac? Nato da un ragazzo che frequentava il Derby”
Pozzetto racconta infine come nacque il tormentone “taac”: “Lo diceva sempre un ragazzo simpaticissimo che frequentava il Derby, grosso scommettitore di cavalli: quando vinceva o le cose andavano per il verso giusto, lui diceva ‘taac’”.