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Perché Alessandra De Stefano ha lasciato Rai Sport: “Ero diventata un nemico”

Alessandra De Stefano, direttrice dimissionaria di Rai Sport, racconta i motivi che l’hanno spinta ad abbandonare il suo ruolo in Rai. “Tutti si avvertono fondamentali, se provi a fare una scelta diversa diventi un nemico”.
A cura di Stefania Rocco
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In una lunga intervista rilasciata a Repubblica, Alessandra De Stefano chiarisce i motivi che l’hanno spinta a dimettersi da direttrice di Rai Sport. Una decisione anticipata da una serie di scontri, alcuni diventati perfino di dominio pubblico grazie ad alcuni post pubblicati sui social. “Credo di essere la prima. Un motivo su tutti: la difficoltà ad accettare che qualcosa non si possa cambiare”, racconta oggi la giornalista, spiegando i motivi che l’hanno spinta ad abbandonare una posizione di tale prestigio, “In Rai se provi a fare una scelta diversa diventi subito un nemico. A me tentare piace, credo che ogni tanto non sia male percorrere un’altra strada. Può essere sbagliato o giusta, ma è un tentativo. Il problema è che ci sono colleghi che ancora ti dicono: ho fatto uno share. No, non l’hai fatto tu l’ascolto, ma l’evento a cui hai partecipato. E se provi a cambiare un volto c’è chi si sente esiliato, tutti si avvertono fondamentali, la parola ricambio non esiste”.

Il reintegro di Enrico Varriale: “Sarei stata il direttore donna che lo rimetteva in video”

De Stefano ammette che sulla sua decisione avrebbe pesato anche il caso di Enrico Varriale, pronto a rientrare al suo posto in attesa del processo per le accuse di stalking: “L’imbarazzo di dover reintegrare Enrico Varriale? Anche quello ha contato. Da donna non me la sentivo. Preciso: c’è un processo in corso per stalking e lesioni personali, una presunzione di innocenza per le accuse e una signora che è finita in ospedale. Varriale è stato sospeso, ma non dallo stipendio e dai benefit. Lui voleva tornare a condurre e si è rivolto a un giudice del lavoro, è una questione delicata, io per la mia posizione avrei dovuto rispondere del danno erariale. Sarei diventata il direttore donna che lo rimetteva in video, in attesa della sentenza del tribunale”. “Chi oggi mi augura buona Parigi è una persona falsa”, prosegue ancora De Stefano, da quest’anno inviata a Parigi per la Rai:

Io credo che un direttore abbia il diritto di rinnovare, anche se oggi domina l’ossessione degli ascolti, c’è molta più concorrenza, è cambiata la fruizione della tv e la parola Rai non apre più le porte come una volta. Sono un’interna, vengo dal ciclismo, ci sta che qualcuno si sia sentito scavalcato, meno il non capire che la rotazione non significano esclusione Errori da parte mia? Ho agito come un’inviata, come una abituata a portare avanti il progetto da sola, pensavo che più fossi stata presente e meglio avrebbe funzionato. Ho lasciato Saxa Rubra dopo 32 anni. Mi sono portata via in una scatola la sagoma di Muhammad Ali, una lettera di Gianni Mura, una foto di Pantani a Madonna di Campiglio, una di Senna e una con Eddy Merckx che in un’intervista mi chiese di mio padre Amedeo, si ricordava il suo nome. Sarei un’aliena se non confessassi il dispiacere.

L’ex direttrice di Rai Sport: “Non la vivo come una sconfitta”

Sono stata aggredita perché ero senza voce. Mi attacchi sulla salute? Mi insulti perché sto male? E io rispondo, mi difendo. Ero stanca e nervosa, ho fatto un tweet rabbioso che non ho cancellato. La verità? Avevo un blocco del diaframma, causato dallo stress”, ricorda De Stefano a proposito di quel tweet, mai rimosso, che aveva tradito gli scontri interni alla Rai. Quindi conclude:

Se mi sento sconfitta? Non la vivo così. Lo sport della Rai offre più di altre reti pubbliche in Europa. Sono stata scelta per cambiare, quando mi sono accorta che dovevo cambiare io, e questo mi causava sofferenza anche fisica, ho preferito deviare ed evitare il burrone. Oggi fa notizia che per la prima volta in Italia un club di calcio, la Roma, abbia un Ceo donna, e non della famiglia proprietaria. Io chiedo: ci vogliamo ancora meravigliare? Non aspiravo ad essere una statistica, non è un gioco che mi interessa. Se credi in qualcuno devi metterlo in condizione di lavorare, a prescindere dal genere. Se ogni giorno per cucinare ti danno patate puoi variare ma siamo sempre lì”.

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