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Il Collegio 7

Nino Frassica: “Sono un marziano, appena posso scappo dalla realtà”

Intervista al comico, jolly della Tv italiana, volto fisso di Che Tempo Che Fa e quest’anno voce narrante del Collegio. Gli inizi nel mondo dello spettacolo, la sintonia con Arbore, poi quella con Lundini, Capatonda e Lillo e Greg, ma anche Don Matteo. Tutto all’insegna di una regola: essere surreale.
A cura di Andrea Parrella
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Personaggio unico nel panorama del mondo dello spettacolo italiano, da 30 anni Nino Frassica è l'imprevisto. Una variabile incontenibile che la Tv e la radio hanno imparato a mettere a sistema con una strategia precisa: lasciargli spazio. Così Frassica dipinge comicità con quelle sfumature di surreale dalla cifra inconfondibile, spaziando da Che Tempo Che Fa a Don Matteo, da Una Pezza di Lundini alla radio, fino al recentissimo ruolo di voce narrante ne Il Collegio. e quello appena annunciato in Lol 3. In quest'intervista si è raccontato a Fanpage.it, ripercorrendo la sua carriera sin dagli albori.

Dica la verità, lei aveva mai visto Il Collegio prima di commentarlo?

Non mi sono perso una sola puntata, anche quando facevano le pubblicità dentro le vedevo tutte e compravo i prodotti che pubblicizzavano.

È un fenomeno televisivo degli ultimi anni, se n'era accorto?

Sì, certo. Ho detto di sì proprio perché ho notato si trattasse di un esperimento riuscito, che interessava tutti, visto che tutti siamo stati studenti, così come molti finiscono per essere genitori e anche un po' insegnanti. Si riconosce l'Italia.

Certo, era difficile immaginarsela in un reality, solitamente è un genere televisivo che lei deride.

Il reality non è nato per generare liti, ma per far conoscere la realtà. Lo faceva bene Nanni Loy con le candid camera, poi è cambiato tutto con le camere a vista, che inevitabilmente influenzano chi è ripreso e quindi non si esprime al massimo della sincerità. Il rovescio della medaglia è che quando quelle camere sono puntate sulle persone per molto tempo, spesso ci si dimentica dell'esistenza.

Molti ragazzi partecipano al Collegio considerandolo il primo passo nel mondo dello spettacolo. Cosa ne pensa?

È un'esibizione come un'altra, come partecipare a Miss Italia, un qualsiasi concorso o un programma televisivo. Poi io credo ci sia anche chi partecipa per gioco e senza mire particolari.

Nel 1958 lei aveva 8 anni, quel bambino già coltivava il desiderio di fare spettacolo?

Non ci pensavo minimamente, o meglio non che io ricordi, sembrava una cosa lontanissima e in ogni caso io volevo più che altro capire la vita. Di certo come telespettatore e radioascoltatore ero già forte a quell'età. Che mi piacesse lo spettacolo si intuiva, quello sì. Mi appassionava passivamente e poi, come è capitato a molti in questo mondo, una cosa ti appassiona talmente tanto che finisci per farla pure.

Quindi non aveva le idee chiare sin dall'inizio?

Per niente. Comprai una batteria perché non mi riusciva di studiare la musica per la chitarra, scrivevo le canzoni perché all'epoca c'erano i cantautori. Poi però mi resi conto che con gli amici al bar facevo ridere, mi riusciva bene creare momenti di ilarità. Mi sono detto che forse la mia strada poteva essere quella del comico e ho lasciato perdere altre cose, approfondendo quello.

Molto spesso si crede che la comicità sia solo istinto, invece si studia.

Come no, io da allora ho iniziato un percorso di specializzazione sulla comicità surreale che in realtà non è mai finito.

Ha detto che i ragazzi del Collegio l'abbiano riconosciuta principalmente per Don Matteo. Si preoccupa di come la riconoscano le persone di diverse fasce d'età?

Una regola precisa non c'è. Io ricordo che una volta Nino Manfredi mi vide e mi fece i complimenti, erano i tempi di Quelli della notte e io ero convinto i complimenti fossero per quello, ma in realtà al tempo facevo anche la radio e lui si riferiva proprio a quello, cosa che non avrei mai pensato. Il target, gli ammiratori, dipendono da tanti fattori. Magari c'è chi mi segue per Don Matteo e non mi ha mai visto da Fazio, o viceversa. Se fai tante cose, e io ne faccio un bel po', ci si ritrova ad essere seguiti da persone con gusti diversi, per motivi diversi. Se devo immaginarmi perché i ragazzi del Collegio mi conoscano, penso subito a Don Matteo perché quello è il tipico prodotto per la famiglia.

O magari a Lundini. Molti artisti e comici vedono in lei un riferimento, come si rapporta lei all'idea degli eredi?

Non cerco eredi, ma artisti con cui fare cose che mi piacciono. Ad esempio a Una Pezza di Lundini io penso di aver fatto con Valerio alcune delle mie cose più belle, perché lì è improvvisazione pura su un canovaccio, cosa che non si fa spesso. Io lo facevo a Indietro Tutta e Lundini, da amante del surreale, spesso incrocia le mie stesse idee. Stessa cosa con Maccio Capatonda, solo leggendolo mi sono reso conto che nel suo primo libro metteva titoli di film fasulli e inventati come Pinocchio 2 che io, a mia volta, avevo usato per scherzo in un mio libro. Una pura coincidenza, che per nasce da una sintonia che è la stessa che ho con Lillo e Greg. Siamo sullo stesso pianeta, che certamente non è questo.

Rai2 quest'anno sta rilanciando la seconda serata, di cui lei e Arbore siete un riferimento mitologico. 

Sì, l'ha inventata Arbore la seconda serata, prima di Quelli della Notte si faceva giornalismo, talk, non varietà.

Secondo lei è uno spazio che può ancora esistere, o non è più tempo, vista la Tv di oggi?

Le prime serate infinite hanno danneggiato la seconda serata, che ormai è frazionata. Fare un ascolto alto è quasi impossibile, da una parte qualcuno sta vedendo la fiction, dall'altra il reality, dall'altra la partita. Nessuno interrompe queste cose per andare su un altro canale.

Lei spesso è in Tv in orari diversi e quindi si rivolge a tipologie di pubblico diverso. Cambia il suo linguaggio in base all'orario?

In parte sì, se sei in prima serata devi andare su cose più immediate, perché il pubblico che ti segue è più vasto e meno selezionato. Cosa diversa se invece vai in tarda serata, addirittura verso mezzanotte, che per me è l'orario perfetto in cui posso sbizzarrirmi.

Allo stesso tempo, pur declinandolo in modo diverso, non è mai vittima del contenitore in cui si trova. 

Sì, in effetti anche nelle prime serate percepisco che quando arrivo io si apre questa porta spazio-temporale per lasciare il palco a un marziano.

Il Collegio potrebbe essere la premessa per un ritorno in seconda serata, magari con un programma tutto suo?

Facendo Fazio e avendo impegni varii non ho molto tempo per cose nuove. Però è ovvio che penso costantemente a una trasmissione mia, magari per la seconda serata oppure il preserale.

Ci pensa solo lei, o anche le reti televisive?

Ci penso io, ma emporeggio. Sarei pronto, ma ancora aspetto.

Una caratteristica incomparabile che la caratterizza è che chi la guarda in Tv non capisce se la persona che vede sul palco sia diversa quando sta dietro le quinte. Una differenza c'è?

Io chiaramente mi diverto di più quando cazzeggio, ma a volte sono costretto a tornare sulla terra, per una visita in ospedale, un mal di pancia, l'idraulico. Vivrei una vita spericolata, ma non mi è concesso sempre, però appena posso scappo dalla realtà. Infatti io non frequento grandi comitive, le poche che frequento sono fatte di cazzari, i musoni non fanno parte delle persone con cui amo stare.

Attorno a lei, ormai, c'è un clima di intoccabilità, come potesse dire tutto. Nella sua carriera si è mai percepito censurato o impossibilitato a dire quello che avrebbe voluto?

Ma certo, è successo e succede. Mi capita di trovare delle sceneggiature che cambierei volentieri, ma ovviamente sono un attore e ci sono territori in cui bisogna obbedire, sempre col proprio stile. Ho scoperto, però, il mio vero spazio di libertà.

Qual è?

La scrittura. A breve uscirà il mio primo romanzo, si chiama "Paola", lì ho avuto la libertà assoluta di non avere confini. Tutto è concepito da me, compresa la copertina, posso raccontare quello che mi pare e piace ed è scritto per far ridere quelli che ridono come me. Lì non mi preoccupo di una battuta eventualmente contorta. Non pretendo di insegnare niente, lasciare messaggi, io voglio far rivedere, divertire, cazzeggiando.

Quale potrà mai essere la trama di un suo romanzo?

È romanzo che non si sa dove va a finire, parlo della storia di una ragazza che è povera, suo padre fa il lavavetri ai semafori in un paese dove c'è un solo semaforo costruito male, perché è solo verde. Lei però è diventata ricca perché per tre anni consecutivi ha vinto la lotteria di Capodanno.

Come sinossi può bastare…

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