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Ludovico Di Meo, mito a sua insaputa grazie a Mai Dire Gol

La scomparsa del giornalista ed ex direttore di Rai2 ci dà modo di riflettere su una sfaccettatura della sua notorietà, legata all’effetto Mai Dire Gol, con un momento di Tv meraviglioso, in un certo senso poetico, che lo ha consegnato alla storia della Tv.
A cura di Andrea Parrella
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È di queste ore la notizia dellamorte di Ludovico Di Meo, storico volto Rai, di quelli che hanno macinato ore di televisione nel corso degli anni davanti alla camera. Un giornalista che ha gravitato nella vastità sconfinata della galassia Rai, ricoprendo svariati ruoli e vivendo una carriera che non ci è difficile immaginare come un'esemplificazione perfetta, almeno per la percezione restituita all'esterno, della parabola del servizio pubblico televisivo, un universo in cui le enormi possibilità possono centrarti in pieno, ma anche passarti di fianco, sfiorarti. Un mondo in cui diventare noti è una possibilità, se non il fine, ma non è detto che si raggiunga come si immaginava.

Di Meo è stato un protagonista della storia della Rai, c'era lui in diretta quando venivano colpite le Torri Gemelle l'11 settembre 2001, la sua voce ha mediato il racconto dei primi attimi concitati di un fatto che ha letteralmente cambiato le sorti del pianeta. C'era lui alla direzione di rete di Rai2 in un momento complesso come quello del Covid, imponendosi per forza di cose come un dirigente di spicco negli ultimi anni, vista la carica di enorme importanza a lui assegnata.

Allo stesso tempo, per una folta schiera di persone Di Meo è un'icona per altre ragioni, indipendenti dalla sua volontà: è l'effetto Mai Dire Gol, padre (almeno in Italia) dell'effetto meme più caro alla contemporaneità. Le sue imprese, o per meglio dire la sua impresa, un'autentica acrobazia in diretta Tv dai caratteri poetici in cui simula il doppiaggio di una telefonata registrata per rimediare a un'inquadratura sbagliata, è già parte della storia della televisione. Qualcuno sosterrà che sia un ricordo poco onorevole, non rispettoso della sua carriera e della sua professionalità, che macchia la sua memoria. Se ci riflettiamo con più attenzione, tuttavia, quello di Di Meo non è solo un caso degno di studi di massmediologia, ma è una persona che resterà legata, nella memoria di molti a una risata che lo ha già consegnato all'immortalità mediatica.

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"L'avvenire è dei curiosi di professione", recitava la frase di un vecchio film che provo a ricordare ogni giorno. Scrivo di intrattenimento e televisione dal 2012, coltivando la speranza di riuscire a raccontare ciò che vediamo attraverso uno schermo, di qualunque dimensione sia. Renzo Arbore è il mio profeta.
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