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Caso Chiara Ferragni

Le aziende di Chiara Ferragni senza Fabio Damato: un successo senza precedenti arrestato dal caso Balocco

Cambia l’assetto societario delle aziende di Chiara Ferragni che, dopo il caso Balocco e le dimissioni di Fabio Maria Damato, prova a ripartire affidandosi alla madre Marina Di Guardo e a nuove figure professionali cui andrà il compito di affiancarla.
A cura di Stefania Rocco
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Al tuo fianco”, scriveva Fabio Maria Damato a Chiara Ferragni su Instagram a febbraio 2023, pochi mesi prima che scoppiasse lo scandalo Balocco. “Sempre”, rispondeva l’imprenditrice di fronte alle foto scattate con l’amico e manager, il suo braccio destro, un “secondo marito”. Sembra trascorsa una vita da quel momento con Damato che ha rivendicato per se stesso il ruolo di semplice “lavoratore dipendente” e Chiara che, ormai affiancata dalla madre Marina Di Guardo, si dice pronta ad affrontare insieme ad altre figure professionali questa nuova fase della sua carriera che passa da un necessario “percorso di rinnovamento aziendale”, quello citato dal comunicato pubblicato dalle sue aziende.

Fenice Srl, TBS Crew e Sisterhood, le aziende di Chiara Ferragni

Sono tre le società cui fa capo l’impero dell’influencer. La prima è Sisterhood Srl, l’unica ad appartenere esclusivamente a Chiara Ferragni. La società possiede il 32,5% di Fenice (che si occupa di abbigliamento e gioielli a marchio “Chiara Ferragni” ed eroga servizi di consulenza di digital marketing) e tutto il capitale di TBS Crew. Insieme, nel 2023, le aziende che fanno capo all’influencer hanno generato ricavi per 33,3 milioni di euro nel 2022 e 28,4 milioni di euro nel 2021.

Il nuovo ruolo della mamma Marina Di guardo alla Sisterhood

Marina Di Guardo, madre di Chiara Ferragni, è arrivata nelle società della figlia a giugno 2024. La scrittrice è entrata a far parte della capogruppo Sisterhood come direttore generale con ampie deleghe: può assumere, licenziare, fare operazioni bancarie, rappresentare la società in giudizio e presso una serie di enti pubblici oltre che aprire e chiudere fidi e conti correnti. L’ingresso della donna nelle aziende della figlia ha anticipato solo di qualche settimana il comunicato con il quale TBS Crew e Fenice hanno annunciato l’uscita del manager Fabio Maria Damato dalle aziende: “A partire dal 16 giugno 2024, Fabio Maria Damato cesserà dalla funzione di direttore generale e consigliere di entrambe le aziende per perseguire altre opportunità professionali. Il cambiamento fa parte di un percorso di rinnovamento aziendale”.

Fabio Maria Damato fuori dalle aziende di Chiara Ferragni

Ma Fabio Maria Damato, con una serie di Instagram stories, ha rivendicato la scelta di lasciare la sua posizione, parlando di dimissioni volontarie: “In questi mesi difficili non ho mai replicato a provocazioni o a informazioni errate circolate sul mio conto perché da dipendente credevo non fosse corretto farlo visto il rispetto per le persone, le gerarchie e per le aziende per cui ho lavorato. Ma oggi è opportuno anche rettificare come la mia uscita sia stata una scelta autonoma e volontaria, e non, come diffuso dall'azienda, che ‘il cambiamento fa parte di un percorso di rinnovamento aziendale’. Lo scorso febbraio, dopo attente e inevitabili riflessioni, ho deciso di dare le dimissioni (quindi no, non sono stato licenziato) dalle aziende con cui ho condiviso un percorso professionale incredibile, e per le quali negli anni ho dato tutto me sesso in termini di assoluta dedizione, idee, cuore e testa, sempre onorando i valori di onestà e correttezza che ci contraddistinguono. A dimostrazione di questo ho accolto fino alla fine le necessità delle società che mi hanno chiesto di restare fino a giugno, nonostante le operazioni di comunicazione poste in essere dal 17 dicembre 2023 in avanti non hanno visto il mio coinvolgimento”. Quindi, con gli stessi toni impersonali, ha preso le distanze dal caso Balocco, smentendo la paternità delle mail contenute nel dispositivo dell’Antitrust che ha multato Ferragni e i suoi presunti guadagni stellari:

Non mi è permesso in questo momento entrare nel merito del caso Pandoro ma essendo diventate pubbliche alcune mail insistentemente a me attribuite, devo precisare come nessuna di queste mail fosse mia. Resto però amareggiato per come questa vicenda abbia messo in ombra anni di duro e onesto lavoro fatto dalle società e dalle persone coinvolte. Un lavoro sempre in salita, costellato di tanti ostacoli e altrettanti successi, che chiunque si ritenga intellettualmente onesto non può attribuire solo al caso o alla fortuna. Mi ferisce la sofferenza inflitta ai dipendenti di tutte le società che si sono sentiti attaccati pubblicamente e hanno visto messe in pericolo le aziende per cui lavorano e di conseguenza i loro posti di lavoro. Esco stremato da una certa violenza che abbiamo tutti subito, specie Chiara Ferragni che ho sempre rispettato come persona e capo e per la quale l'onestà, la dedizione e l'affetto che ho dedicato nessuno potrà mai mettere in discussione. Nei mesi ho letto una certa ossessione circa i miei presunti incredibili guadagni. Purtroppo (per me) non solo le cifre circolate sul mio stipendio di lavoratore dipendente sono lontane dalla realtà, ma non ho mai nemmeno percepito da membro dei due consigli di amministrazione questi fantastici compensi di cui si scrive, perché sono ruolo che ho ricoperto a titolo gratuito sino alla mia uscita volontaria. Per finire nel segno della coerenza al momento delle mie dimissioni volontarie da tutte le cariche non ho richiesto nessuna liquidazione aggiuntiva, tantomeno da 4 milioni di euro e nulla in più mi è stato versato se non gli oneri previdenziali spettanti per legge a qualsiasi lavoratore dipendente.

L’ingresso di nuovi manager per risollevare l’azienda dopo il caso Balocco

Per il momento si tratta ancora di indiscrezioni non confermate dall’interessata o dal suo staff ma è possibile che il manager scelto per sostituire Damato alla guida delle società di Ferragni sia già stato individuato. Si tratterebbe di Lorenzo Castelli, consulente già molto noto negli ambienti della moda milanese cui andrebbe il compito di riallacciare le collaborazioni commerciali che sono risultate essere indebolite dal caso Balocco.

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