La vita di Letizia Battaglia attraverso le foto che ha scattato
La storia di Letizia Battaglia è quella di una donna che ha contato solo e unicamente su se stessa e la propria forza pur di conquistare uno spazio in un mondo difficile come quello del giornalismo italiano, un mondo che all'inizio degli Anni Settanta-Ottanta, contemplava la presenza di una cerchia ristretta di addetti ai lavori, tra i quali le donne non erano comprese. Eppure, con costanza e determinazione, la sua macchina fotografica ha catturato istanti vividi della nostra storia più recente, momenti di morte, di lotta alla mafia, di resistenza, ma anche di vita, quella vita che si legge negli occhi dei bambini, soprattutto bambine, che lei amava tanto fotografare. Nonostante la potenza e l'importanza del suo lavoro, da donna critica con se stessa, un anno prima della sua scomparsa, ne aveva parlato così:
Le foto restano, ma sarebbe stato meglio se lo stato avesse vinto la mafia, non è stato così. Lo stato non ha voluto vincere, e ancora la mafia c'è, la mafia gestisce la nostra vita, il nostro denaro. Io non vedrò la fine della mafia, spero tutti i giovani che ci sono ora, altrimenti le mie foto a cosa sono servite? Sono là a documentare, raccontare e basta? Volevo di più.
L'ossessione per le bambine
L'inizio della sua carriera nel mondo del giornalismo è nel 1969 a 34 anni, quando avvia la sua collaborazione con il giornale L'Ora. In una città da cui avrebbe voluto fuggire, Letizia Battaglia ha invece trovato la sua più grande identità, raccontando Palermo, le sue ferite, le sue tragicità, meglio di chiunque altro. Parallelamente agli scatti che fermano nel tempo il terrore della mafia, la fotografa è riuscita a scavare dentro se stessa, partendo da quella che lei stessa ha definito un'ossessione in un'intervista a Repubblica: "Per tanti anni sono stata ossessionata dalle bambine, dovevano essere in un certo modo, poi ho capito che io cercavo il sogno mio", ha raccontato parlando dell'incontro con un "orco" quando aveva solo dieci anni.
La foto della bambina col pallone in mano, nasce anche dal desiderio di catturare la propria infanzia: "È nata in pochi secondi, sembra posata, ma non è posata, io l'ho incontrata lei poi, dopo trent'anni, davanti al portone in cui l'avevo fotografata, mi viene incontro una donna bellissima, aveva sposato un poliziotto, e suo figlio stava per diventare poliziotto, lei non mi aveva tradito. Non era una strega". I suoi scatti e un ritratto più intimo della sua vita si possono trovare nel libro "Mi prendo il mondo ovunque sia" scritto a quattro mani con Sabrina Pisu ed edito per Einaudi.
Gli scatti contro la mafia
È però dal 1974 che Letizia Battaglia entra a pieno regime nel racconto dettagliato della cronaca nera cittadina, documentando con le sue immagini la carneficina della sua città. Solo in quell'anno persero la vita almeno mille persone nella lotta tra clan mafiosi, ma allo stesso tempo non smise mai di fermare nel tempo donne, bambini, riti, parti integranti della sua fotografia. In questi anni che mette in piedi "Informazione fotografica" con il fotografo e compagno Franco Zecchin, per poi nel 1980 creare un laboratorio per formare fotoreporter e fotografi di Palermo. Sgomitare tra reporter già affermati, soprattutto uomini, non è stato semplice e il più delle volte, essendo l'unica donna non le concedevano nemmeno di scattare, ad aiutarla fu Boris Giuliano: "Venivamo dalle lotte giovanili, quindi per me i poliziotti erano sbirri. Fu il primo non sbirro, era uno bravo, intelligente e mi permise di fotografare. Da allora i poliziotti, i carabinieri mi hanno fatto passare sempre". Tra gli scatti più potenti quello dell'arresto del boss mafioso Leoluca Bagarella, nel 1979: "Stavo quasi cadendo per scattare questa foto, ci siamo guardati negli occhi, mamma mia".
"Io avevo paura, avevo sempre paura, perché non è che facessi solo la fotografa, facevo le mostre contro la mafia. Era un dovere, non ero impavida" ha raccontato in un'intervista a La Repubblica nel febbraio 2021, dove ha spiegato come riuscì a scattare la foto a Piersanti Mattarella nel giorno del suo omicidio. "Era un giorno di festa meraviglioso, eravamo andati a festeggiare coi nostri amici, e passando ho visto questo piccolo agglomerato di persone attorno ad una macchina, avevamo pensato ad un incidente". Invece nel giorno dell'Epifania del 1980, il presidente della Regione Sicilia fu ucciso davanti alla moglie e alla figlia: "Ci dissero che era Mattarella, io dal finestrino rotto dell'auto fotografai, avevo la scena là, non potevo perdere tempo".
La foto che Letizia Battaglia non scattò a Giovanni Falcone
La lotta alla mafia passa attraverso le testimonianze, attraverso la presenza, gli scatti, ma nonostante Battaglia fosse da sempre in prima linea, ci sono delle foto che lei stessa rimpiange di non aver fatto. Alla morte di Giovanni Falcone, infatti, non accorse sul posto sebbene avesse sentito della notizia: "Il giudice Falcone lo amavo tanto, era gentile, timido, amava Palermo, amava la giustizia, non lo volevo vedere morto. Da quel giorno al 19 luglio, quando ammazzarono Paolo Borsellino sono stati due mesi di tormento, di dolore".
Quando il giudice fu ucciso, con un altro attentato che sconvolse letteralmente l'opinione pubblica italiana e con il quale la mafia stava mandando un messaggio ben chiaro, Letizia Battaglia andò sul posto, ma non scattò: "C'era la pancia di Borsellino, ma non il resto, non lo potevo fotografare, non fotografai più il dolore ".
Il racconto dell'infanzia palermitana
Niente più dolore, niente più scatti che ritraessero la morte, ma non per questo scatti meno potenti e significativi dal punto di vista della battaglia sociale e politica. Letizia Battaglia cambiò soggetti, ma non intenzioni e, quindi, iniziò a raccontare la città di Palermo da un altro punto di vista, quello dell'infanzia, dei bambini, troppo presto abituati alla sofferenza e alla sopraffazione della criminalità che hanno assorbito loro malgrado: "Quante madri, quanti bambini hanno pianto, hanno sofferto".
La campagna per Lamborghini e le polemiche
Nonostante la grandezza di questa donna e la sua incredibile e iconica carriera, non sono mancate polemiche attorno al nome di Letizia Battaglia. Nell'estate del 2020 la fotoreporter aveva accettato di scattare una campagna per Lamborghini, "With Italy for Italy", ambientata a Palermo. Le immagini che hanno destato tanto scalpore, avevano in primo piano delle bambine, soggetti ampiamente fotografati dalla Battaglia e sullo sfondo, oltre a scorci della città siciliana, ovviamente, vi erano i modelli delle lussuose auto. Gli scatti hanno scatenato non poco scalpore, dal momento che alcuni hanno accusato la fotografa di aver sottovalutato la componente sessuale di queste foto, l'accostamento tra erotismo e adolescenza rappresenta uno dei tabù più difficili da scardinare e che, quindi, ha generato polemiche di non poco conto. La fotografa sulla questione ha dichiarato:
Sono stata molto male, perché le accuse mi sono venute perlopiù dalle donne. Io che ho sempre fatto tutto con le donne. Hanno sbagliato, hanno detto che le mie foto potevano piacere ai pedofili, ma non è vero, non dovevano dirlo, io volevo solo fare le mie bambine.