I gioielli di Chiara Ferragni svenduti in una gioielleria di Ferrara: “Non rinnoveremo l’accordo”
Aspettative deluse e la volontà di non rinnovare l’accordo. È la situazione alla quale dà voce Paolo Baravelli, titolare della gioielleria Baravelli di Ferrara, che racconta al Corriere l’andamento delle vendite dei prodotti legati al brand di Chiara Ferragni. Si aspettava un successo di vendite, anche alla luce dei 30 milioni di follower che seguono l’influencer, ma le cose sarebbero andate diversamente. “Stiamo svendendo con sconti fino al 50% gli ultimi articoli poi non rinnoveremo più l'accordo con il brand Ferragni che si è affidato a Morellato per la realizzazione di collane, anelli, braccialetti e orologi”, dichiara il titolo della gioielleria ferrarese.
Vendite slegate dal recente caso Pandoro
Il titolare precisa tuttavia che le vendite basse sarebbero slegate dallo scandalo che ha investito recentemente l’influencer: “Siamo stati tra i primi ad aderire, sin da quando è uscito il progetto a fine 2021. Prima di ricevere il benestare dall'azienda di Ferragni, abbiamo ricevuto una visita da un agente della Morellato che ha fatto delle foto e compilato una scheda. Poi siamo partiti, molto motivati, con questi nuovi prodotti. All'inizio c'era curiosità e si vendeva bene ma senza avere le code in negozio come ci si aspetterebbe da un'influencer di quasi 30 milioni di follower. Poi le vendite sono molto rallentate e, già in tempi non sospetti, lontani dagli ultimi scandali, abbiamo notato una certa avversione da parte dei consumatori. Mostrando i prodotti a marchio Ferragni, in molti hanno proprio detto di non volerli, non so per invidia o antipatia, preferendo prodotti senza una marca”.
Le ragioni delle basse vendite, secondo la gioielleria ferrarese
Secondo Bavarelli, più di un errore nella strategia di comunicazione avrebbe impedito al marchio di sfruttare tutto il suo potenziale: “Il primo: la Ferragni ha scarsamente promosso i suoi gioielli e, quando lo ha fatto, ha indossato sempre gli stessi modelli, e in molti casi a fianco di gioielli di lusso di grandi maison, della sua collezione personale, contro cui era difficile competere. Il secondo è un errore di tipo commerciale. Personalmente avrei fatto un prodotto più prezioso , magari anche in argento piuttosto che in questa lega anallergica, da vendere a un prezzo più elevato, dai 150 euro in su. Doveva proprio creare la voglia di avere un suo gioiello, dare l'idea di qualcosa di esclusivo”.