Henry Winkler e la dislessia: “L’ho scoperto a 31 anni, durante Happy Days mi sentivo inadeguato”
È nel giorno del suo 78esimo compleanno che Henry Winkler, l'indimenticabile Fonzy di Happy Days, presenta la sua autobiografia Being Henry. The Fonz… and beyond, in cui parla della sua carriera, di come sia riuscito a non essere sopraffatto dalla notorietà, affrontando anche aspetti del suo vissuto che mai erano emersi prima d'ora. "Sono allo stesso tempo emozionato e nervoso all'idea di scrivere un libro di memorie perché è difficile ricordare cosa è successo l'altro ieri. Ma eccomi qui" ha scritto l'attore, per poi aprirsi completamente nel racconto di momenti anche dolorosi della sua vita.
La scoperta della dislessia e l'imbarazzo sul set
La dislessia è un qualcosa con cui ha capito di dover fare i conti sin da ragazzo, ma la vera diagnosi l'ha avuta da adulto: "Ho scoperto di essere gravemente dislessico solo all'età di trentuno anni. Per tutti gli anni precedenti, ero il ragazzo che non sapeva leggere, non sapeva scrivere, non sapeva nemmeno iniziare a fare algebra o geometria e nemmeno l'aritmetica di base". L'attore dichiara che anche durante le riprese della storica serie di cui è stato protagonista, gli è capitato di sentirsi fuori luogo:
Anche nel bel mezzo di Happy Days, all’apice della mia fama e del mio successo, mi sentivo imbarazzato, inadeguato. Ogni lunedì, alle dieci, facevamo una lettura a tavolino della sceneggiatura di quella settimana, e a ogni lettura perdevo il punto o mi bloccavo. Lasciavo fuori una parola, una riga. Non riuscivo mai a dare l’attacco giusto, il che avrebbe poi rovinato la battuta per la persona che faceva la scena con me. Oppure fissavo una parola, come ‘invincibile’, e non avevo idea di come pronunciarla o addirittura di come suonasse.
Winkler ricorda di come per lungo tempo abbia avuto la percezione di deludere i suoi compagni di set, e per evitare che ciò accadesse cercava di premunirsi, studiando prima il copione e impegnandosi affinché i suoi problemi fossero meno evidenti:
Io e il mio cervello eravamo su due binari differenti. Nel frattempo gli altri attori aspettavano fissandomi: era umiliante e vergognoso. Tutti nel cast erano affettuosi e solidali, ma sentivo costantemente che li stavo deludendo. Chiedevo di avere prima le sceneggiature, in modo da poterle leggere più e più volte, il che ha messo ulteriore pressione sugli scrittori, che erano già sotto pressione ogni settimana, dovendo preparare ventiquattro sceneggiature in rapida successione. Tutto questo all'apice della mia fama e del mio successo, mentre interpretavo il ragazzo più figo del mondo.
Il passaggio dalla rabbia all'accettazione
Il momento preciso in cui, però, ha scoperto davvero che il suo disturbo aveva un nome è stato quando a Jed, figlio di sua moglie Stacey Weitzman, fu diagnosticato lo stesso disturbo: "Ero così dannatamente arrabbiato, tutta l’infelicità che avevo attraversato era stata inutile. Tutte le urla, tutte le umiliazioni, tutte le discussioni urlanti in casa mia mentre crescevo – per niente… Era genetico. Non era il modo in cui avevo deciso di essere. E poi sono passato dal provare questa rabbia enorme a combatterla".