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“Sangiuliano ha messo in ginocchio il cinema italiano”, Gabriele Muccino contro l’ex ministro

Secondo Gabriele Muccino, l’ex ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano avrebbe messo in ginocchio il cinema italiano a causa della sua legge sul tax credit, che avrebbe fermato molte produzioni e spinto gli investitori americani, che avevano scelto l’Italia per le agevolazioni fiscali, a fuggire verso altri Paesi europei.
A cura di Sara Leombruno
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Gabriele Muccino si è scagliato contro l'ex ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano. Al centro dell'attacco la legge sui fondi alle opere, che secondo lui sarebbe "pretestuosa, confusa, incompleta e cavillosa". Per Muccino, l'ex ministro sarebbe responsabile della fine del periodo di prosperità del cinema italiano, che era stato possibile grazie alle agevolazioni fiscali del tax credit. Queste misure, a detta sua, portavano molti vantaggi all'economia e avevano reso i teatri a Cinecittà pieni e prenotati per mesi avvenire. In un post pubblicato su Instagram, lo sceneggiatore e regista ha spiegato le ragioni delle sue critiche.

L'attacco a Gennaro Sangiuliano

Muccino ha spiegato che molte grandi produzioni americane, attratte dall’opportunità di detrarre il 40% degli investimenti, avevano traslocato in Italia creando lavoro e crescita economica. Poi, precisa nel post su Instagram "è arrivato Sangiuliano e con lui la pretestuosa, confusa, incompleta e cavillosa, nuova legge sul tax credit che ha frenato e bloccato decine di progetti":

Moltissime produzioni si sono fermate, gli investitori sono fuggiti verso altri Paesi europei con politiche più vantaggiose dove questa industria sanno come tutelarla e sopratutto sanno che rappresenta parte importante dell’economia di un intero Paese. Di colpo, in Italia migliaia di lavoratori del settore – macchinisti, elettricisti, sarte, scenografi, sceneggiatori, costumisti, produttori, montatori, direttori della fotografia e tutta la filiera che arriva fino ai trasporti, agli albergatori, ai ristoratori e molto, molto altro – si sono trovati con molto meno lavoro, le Regioni con molti meno soldi nelle casse. Non ci sono stati vantaggi per nessuno. Tutto ciò mentre il cinema italiano e quello internazionale realizzato in Italia veniva per una visione ideologica, insensata e miope, messo letteralmente in ginocchio.

La richiesta al nuovo ministro Alessandro Giuli

In un'intervista a La Stampa, Muccino ha spiegato che la legge di Sangiuliano non funzionerà perché limiterebbe fortemente l’accesso al tax credit per tutto ciò che nel budget è indicato come "sopra la linea” (come ad esempio i costi degli autori, dei registi e degli attori).  "Sangiuliano se n’è andato, non mancherà a nessuno, ma il danno è stato fatto. Ci auguriamo fortemente che si faccia ripartire un’industria che è al di sopra della politica e delle sue dinamiche ma semplicemente una vera e propria economia che dà lavoro a migliaia di persone". Muccino, infine, ha fatto un appello al nuovo ministro della Cultura, Alessandro Giuli: "Mi auguro che Giuli ascolti chi lavora nell’audiovisivo e restituisca al cinema italiano forza e prestigio rimettendo intanto mano alla disastrosa legge voluta da Sangiuliano. Ci auguriamo collaborazione e un nuovo cammino", ha concluso il regista.

Cos'è il tax credit e perché Sangiuliano ha voluto i tagli al cinema

Il tax credit è un credito d’imposta pensato per sostenere le imprese nella produzione di film e serie tv, che permette ai produttori di accedere a un credito pari al 40% del costo eleggibile di produzione. La misura ha subito delle variazioni quando Sangiuliano ha richiesto al Ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, una riduzione dei finanziamenti al settore cinematografico di ben 100 milioni di euro. L'obiettivo? Quello di tagliare al cinema una cifra maggiore rispetto a quella richiesta dal Mef per l’intero dicastero, recuperando risorse da spendere su altri capitoli, come alcuni progetti relativi agli scavi archeologici di Pompei. L'ex ministro avrebbe voluto operare un cambiamento poiché, in diversi casi, le produzioni italiane ricevevano generosi contributi pubblici, generando però incassi molto più bassi rispetto alle aspettative. Un esempio è "Prima di andare via" di Massimo Cappelli che, come riportato da un'inchiesta de La Verità, sarebbe costato allo Stato 700mila euro di contributi pubblici, vendendo solo poche decine di biglietti al botteghino. Sangiuliano era cosciente di essersi inimicato molte personalità del mondo del cinema a causa della sua riforma, tanto che nella lettera di dimissioni dopo il caso Boccia ha scritto: "Sono consapevole, inoltre, di aver toccato un nervo sensibile e di essermi attirato inimicizie avendo scelto di rivedere il sistema dei contributi al cinema".

Gabriele Muccino dopo l'appello di Nanni Moretti a Venezia 2024

In realtà, il polverone attorno alla questione era stato sollevato qualche giorno sul palco della Mostra del cinema di Venezia da Nanni Moretti. Ritirando il premio "Venezia classici" per il miglior film restauro con "Ecce Bombo", il regista ha detto: "Ai colleghi produttori e registi vorrei dire che dovremmo essere più reattivi nei confronti della nuova pessima legge sul cinema". Moretti è stato dunque il primo a sollevare la questione sulla riforma introdotta dal governo Meloni, che prevede requisiti più stringenti per l'accesso alla misura del tax credit. Anche Maura Delpero, regista del film Vermiglio, Leone d'argento a Venezia, ha detto: “Il mio film Vermiglio è stato realizzato con i fondi pubblici. Senza, avrebbe dovuto tradire se stesso”.

Nanni Moretti sul palco dell'81esima Mostra del Cinema di Venezia
Nanni Moretti sul palco dell'81esima Mostra del Cinema di Venezia
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