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Opinioni

Piero Angela ci ha raccontato più di quanto abbiamo imparato

Non insegnava, offriva spunti. Aveva curiosità e la ispirava. Nella sua opera di divulgazione Piero Angela ha sempre invitato all’approfondimento, evitando di fermarsi alla superficie. Errore che spesso commettiamo.
A cura di Andrea Parrella
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Ne aveva parlato più volte, della sua morte, in maniera del tutto serafica, forse per questo tutti glielo chiedevano. Piero Angela se n'è andato a 93 anni e per la sua scomparsa viene naturale abbandonarsi al dispiacere più profondo, quello che si adotta per le persone care, i familiari o, ancora meglio, per chi nella nostra vita ha avuto un ruolo più alto, educativo. Se in un quartiere popolare di Napoli, come sta accadendo qui in questo momento, inizia a risuonare l'aria sulla quarta corda di Bach, soffiando via dalla casa di qualche vicino in una domenica mattina di agosto, spandendosi ne l'aere, fluttuante, qualcosa vorrà pur dire in merito all'impatto di Piero Angela sulle nostre esistenze.

È stato un autentico fenomeno, ha capito le potenzialità della televisione prima e meglio di molti altri in Italia, comprendendo il valore di un mezzo il cui messaggio parte da uno e si espande a tanti. Non ha mai abusato di autorità, non ha pontificato, ha invece provato a capire come stare allo stesso livello di chi lo ascoltasse. È il senso del condividere conoscenza, apprendendola sul campo e rielaborandola in un codice comprensibile per i più.

Ha parlato della Rivoluzione francese e di fissione nucleare, di musica classica così come dello sbarco sulla Luna. Lo ha fatto sempre guardando oltre il presente, provando a indicarci le sfide del futuro, le preoccupazioni che avremmo dovuto avere affinché il progresso dell'umanità e l'accrescimento delle nostre possibilità conoscitive fossero utili a garantirci un avvenire migliore. È stato uno spirito guida e oggi che fronteggiamo l'angoscia di un futuro non troppo lontano in cui gli equilibri che hanno regolato sino ad ora le nostre esistenze ci sembrano a rischio, ci chiediamo quanti dei suoi suggerimenti abbiamo realmente ascoltato e seguito. La sua opera divulgativa, d'altronde, si è dovuta difendere costantemente dal rischio banalizzazione e da un difetto di forma della televisione, quello di alimentare l'illusione nello spettatore di poter apprendere tutto su un tema guardando un programma di un'ora. La tentazione di fermarsi alla superficie, ammettiamolo, ha vinto spesso.

"Penso di aver fatto la mia parte", ha detto Piero Angela nella sua ultima lettera al pubblico, scritta poco prima di morire: "Cercate di fare anche voi la vostra". Ecco, se c'è una cosa che potremmo fare, da oggi, è seguire il suggerimento sottinteso in queste sue parole: fare la nostra parte significa approfondire, non limitarsi alla patina, andare oltre la bulimia di informazioni quotidiane che ci colpisce e soffermarsi sulle cose. Senza la pretesa di sapere tutto, ma con l'intento di capirci qualcosa.

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"L'avvenire è dei curiosi di professione", recitava la frase di un vecchio film che provo a ricordare ogni giorno. Scrivo di intrattenimento e televisione dal 2012, coltivando la speranza di riuscire a raccontare ciò che vediamo attraverso uno schermo, di qualunque dimensione sia. Renzo Arbore è il mio profeta.
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