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Diego Abatantuono: “Le donne sono state la mia passione più grande, ero bellissimo e avevo successo”

Diego Abatantuono si racconta in una lunga intervista a La Stampa: “Le passioni più grandi? Le ragazze, il calcio e la Play Station. Quando ero giovane, avevo successo con le donne perché ero bellissimo”.
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Diego Abatantuono si racconta in una lunga intervista a La Stampa che sembra fare il punto soprattutto sul passato dell'artista, oggi 68enne. Dopo la clamorosa intervista rilasciata al Foglio, nel quale annunciava di fatto le sue dimissioni da tifoso del Milan, questa volta si parla del Derby, dei suoi inizi e della grande cultura che c'era al tempo, soprattutto da parte del pubblico: "Capivano al volo i riferimenti cinematografici perché al cinema si andava di più". E poi, le donne: "Stare sul palco dava visibilità e aiutava, io poi ero bellissimo e avevo un discreto successo". 

Le parole di Diego Abatantuono

Diego Abatantuono rivela quelle che sono le sue passioni, a parte il calcio e il biliardo, anche la Play Station: "Dieci anni fa, i miei figli mi hanno impedito di giocare". Poi le donne:

Stare sul palco dava visibilità e aiutava, io poi ero bellissimo e avevo un discreto successo. […]  E poi cantare, ridere, queste sono le mie passioni. Non conosco nessuno che si sia divertito come noi al Derby, dove il senso dell'umorismo ce l'avevamo tutti. Vivevamo fra gente divertente. In giro coi Gatti avevamo un'agendina dove c'era l'elenco dei ristoranti e delle ragazze che vivevano in zona. Non era l'epoca in cui i cuochi dilaniavano l'inguine come oggi, avevamo i nostri vini e ristoranti.

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Attore per caso, grazie allo zio

Diego Abatantuono ha cominciato presto a fare l'attore, aveva solo 15 anni. Lo zio, Gianni Bongiovanni, proprietario del Derby, gli fece fare il direttore artistico già giovanissimo: "Presentavo un cast di giovani, fra cui Porcaro e Faletti, Mauro Di Francesco e altri: salivo sul palco, loro dicevano una battuta, io aspettavo la reazione del pubblico e intervenivo: se ridevano dicevo "te l'avevo detto che la gag era buona", se invece non faceva ridere, gli davo addosso: "te l'avevo detto che non funzionava". Era il metodo dell'interruzione, lo stesso che avrebbe usato Bisio a Zelig anni dopo. In quel periodo – era il '75 – Jannacci, Boldi e Beppe Viola lavoravano a uno spettacolo e venivano sempre al Derby, così mi videro e Jannacci si affezionò. Avremmo lavorato insieme per molti anni, c'era una grandissima stima. Ho cominciato per caso, non ho mai pensato di fare questo mestiere, ma ho imparato presto che la chiave dell'umorismo è il senso dell'umorismo del pubblico, se tu dici una battuta e non la capiscono c'è qualcosa da rivedere, ma se il tuo umorismo non viene capito non ti devi demoralizzare".

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