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Carlo Verdone contro Favino: “Le polemiche sui personaggi italiani lasciano il tempo che trovano”

Carlo Verdone, durante la presentazione della seconda stagione di “Vita da Carlo”, parla della questione sollevata da Pierfrancesco Favino sugli attori americani e risponde dicendo che in fin dei conti sono i registi a scegliere a chi affidare un ruolo, quindi è una critica che lascia il tempo che trova.
A cura di Ilaria Costabile
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Carlo Verdone presenta la nuova stagione di "Vita da Carlo", la serie che lo vede protagonista, autore e regista, su Paramount + e che è arrivata allaseconda stagione, ma ne ha almeno altre due in cantiere. L'attore romano, parlando del suo progetto, amplia il discorso toccando argomenti di più ampio respiro come le sorti del cinema e soprattutto la questione sollevata da Pierfrancesco Favino durante l'80esima Mostra del Cinema di Venezia, secondo cui dovrebbero essere attori italiani ad interpretare icone della nostra storia e non divi americani, riferendosi al film su Ferrari di Michael Mann.

La risposta di Carlo Verdone sulla polemica di Favino

Verdone, che ha parlato della sua serie definendola il suo "piccolo 8 e mezzo", con un chiaro riferimento a Fellini, non si è tirato indietro nell'affrontare un tema che ha tenuto banco nei giorni scorsi e su cui personalità del mondo del cinema si sono poi confrontate. I film americani sono quelli che, volente o nolente, risollevano l'industria, anche in Italia e quindi parlare della possibilità che interpreti italiani possano accedere a certe produzioni non è da prendere in considerazione:

Siamo sempre lì, a Barbie che come sono entrato ne sono uscito, poi c’è Oppenheimer. Le sale tirano avanti con qualche filmone americano. Non cambia nulla, qualche film italiano tenta qualcosa, ogni tanto, ma non ce la fa. Per quale motivo? Abbiamo tanti bravi attori che non riescono a invogliare il pubblico. Le polemiche sui personaggi italiani lasciano il tempo che trovano. Ha detto bene Sofia Coppola, il regista è l’artefice del film, e lui che sceglie l’attore. Se Michael Mann ha scelto Adam Driver vuol dire che doveva essere così. Chiediamoci cosa manca al nostro cinema. Mi spiace, io sono nato col cinema. Ma la mia carriera l’ho fatta.

Un concetto che in altre sedi aveva provato a spiegare anche un regista come Gabriele Muccino che, infatti, aveva sottolineato come la scelta degli attori fosse una questione legata al marketing del film e alla vendibilità del prodotto a livello internazionale.

Lo sfogo di Aurelio De Laurentiis

A supporto di Verdone, inoltre, è intervenuto anche il suo produttore Aurelio De Laurentiis, che ha espresso il suo parere in merito alla questione, soffermandosi sul fatto che anche nel parlare delle produzioni cinematografiche italiane, non si riesce a valorizzarle:

Sapete che c’è? I film italiani sono brutti, non sono scritti bene. Oppenheimer lo rivedi tre volte, quale film italiano rivedi tre volte? Ai David ho sentito affermazioni vecchie, stantìe: il cinema non deve tenere conto delle esigenze della platea. Io ne ho sempre avuto rispetto. Poi abbiamo avuto le distorsioni dei critici, perfino al signor Hitchcock non veniva perdonato il tipo di cinema che faceva. In tanti criticarono Vittorio De Sica che ha vinto quattro Oscar, ma giocava ai Casinò, aveva bisogno di soldi e doveva stare sempre sul set. Noi siamo distruttori, non abbiamo il culto del nostro cinema e non difendiamo i nostri autori.

Carlo Verdone contro il politically correct

Il regista romano è poi tornato a parlare di una questione che in più occasioni ha toccato, ovvero quella della necessità di "ripulire" linguaggi ed espressioni nel nostro cinema: "Premesso che sono il primo antirazzista, ci sono estremismi ridicoli, che non riesco a comprendere, il politically corect è diventato un’americanata, viene dagli USA che sono la prima industria del porno e ci vengono a dare lezioni di morale". 

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