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Carlo Freccero: “Berlusconi mi svelò l’audience, che diventò la mia droga. Dopo lui il peggio”

Carlo Freccero, tra i principali consiglieri di Berlusconi sulla Tv, racconta a Fanpage.it l’incontro con il Cavaliere: “Intuì che per allargare il pubblico bisogna abbassare il livello del messaggio”. Quindi l’avventura pionieristica della Tv commerciale e l’esportazione del modello in Francia: “Mi ha cambiato la vita, ma la sua discesa in politica ci separò.”.
A cura di Andrea Parrella
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Nel 1986, durante un'intervista televisiva per la Rai, realizzata però negli studi Fininvest a Milano, un Silvio Berlusconi sempre più in ascesa racconta a Enzo Biagi l'avventura della televisione privata che sta portando in Francia, dove ha dato vita al canale La Cinq: "Lì stiamo tentando una cosa folle, costruire una Tv privata in due mesi". A capo di quella spedizione c'era Carlo Freccero, che della Tv pioniera di Silvio Berlusconi, morto il 12 giugno 2023, è considerato uno dei massimi interpreti. È con lui che tentiamo di ripercorrere quegli anni.

Freccero, cosa ha voluto dire partecipare a quella follia di Berlusconi?

Semplice, non era una follia. Molti dimenticano o non sanno che Berlusconi ha esportato in tutta Europa la Tv commerciale, riuscendoci in Spagna e provandoci anche in Germania. La situazione in Francia era complessa per diversi aspetti. Innanzitutto Parigi non capiva cosa fosse la Tv commerciale, non comprendeva che funzionasse diversamente da quella pedagogica del servizio pubblico, con un meccanismo intrinseco tale da portare alla rottamazione della cultura europea alta: arte, libri, cinema d'autore, tutte cose che in TV non funzionano. Soprattutto la Tv commerciale non vuole educare.

Su quale obiettivo si fonda la Tv commerciale?

Catturare il pubblico, fare audience (Il totale dei telespettatori che seguono un programma, ndr). Per allargare il pubblico bisogna abbassare il livello del messaggio, sino a renderlo comprensibile a tutti. Quindi accade che la quantità diventa un nuovo valore a scapito della qualità. Non è un caso che la politica in quegli anni passa dal proporzionale al maggioritario.

L'avventura di La Cinq, che lei diresse fino al 1990, dura solo fino al 1992. Cosa non funziona di quell'operazione?

Berlusconi in Francia era percepito come un barbaro e la sua televisione, esattamente come la cultura di cui si è fatto portatore, aveva in effetti qualcosa di barbarico. Ma la barbarie era anche una forza, che abbatteva quel mondo vecchio che stava inevitabilmente per finire. Senza Berlusconi, ci sarebbe stato qualcun altro al suo posto.

Che sguardo aveva sulla Tv Silvio Berlusconi? Era un teorico, o uno dall'intuito istintivo?

Assolutamente istintivo. Aveva capito tutto perché aveva osservato la Rai degli anni Settanta, anni schizofrenici in cui la Tv commerciale era stata già sdoganata dal servizio pubblico grazie a volti come Enzo Tortora, Mike Bongiorno, Corrado.

Cosa intende per schizofrenici?

Intendo dire che nella Rai di allora era divisa in due, da una parte c'era l'avanguardia, il cinema d'autore, le cose sperimentali, ma anche un'altra tipologia di televisione lontana dalla cultura alta, che grazie a queste star comincia a scoprire cosa significhi la Tv commerciale. Si rivela una sorta di laboratorio di quello che sarebbe accaduto negli anni successivi è così che Berlusconi capisce che sta cambiando tutto, intravede quel mondo di radio e Tv private che, in termini di impatto, equivale a quello che è accaduto con l'avvento di internet.

Enzo Tortora
Enzo Tortora

Lei conosce Berlusconi alla fine degli anni Settanta. Che rapporto sviluppa con lui? Ne era affascinato?

Quando lo conobbi ne rimasi colpito, professionalmente gli devo tutto. Ci univa l'entusiasmo per la nuova Tv in costruzione che è stata una cosa bellissima, straordinaria. Allo stesso tempo eravamo divisi, profondamente diversi per biografie ed esperienze. Io ero un nostalgico del '68, Berlusconi un imprenditore che aveva avuto successo nel campo dell'edilizia. In uno dei primi incontri mi disse "mentre voi perdevate il vostro tempo pensando di fare la rivoluzione, io diventavo ricco come Paperone de' Paperoni".

Qual è stata la chiave di quell'era pionieristica?

Eravamo alla fine degli anni del terrorismo, tutto era minoritario. Berlusconi mi disse che c'era un ufficio al quarto piano di palazzo dei Cigni (storico centro di produzione di Milano 2, ndr) in cui quattro ragazzi facevano cento interviste ogni mezz'ora. Fu in quel periodo che capii come funzionasse l'audience e lì compresi tutto, fu una scoperta incredibile.

Qualcuno la considera un ideologo dell'epopea berlusconiana. C'è chi la associa al personaggio di Stefano Accorsi, Leonardo Notte, nella serie 1992. C'è una correlazione?

Fossi stato come lui sarei diventato ricchissimo. C'è da dire che io, come quel personaggio, vengo completamente rapito dall'invenzione, la scoperta dell'audience mi assorbe, diventa la mia droga. Intuisco che entrare allo stadio di San Siro con tutti che gridano "Silvio, Silvio" non è cosa che puoi determinare con la politica, è l'audience che ti consente di fare certe cose. L'audience è paragonabile all'effetto dei social, ma molto peggio perché era la prima volta in cui erano possibili rilevazioni di quel tipo.

Stefano Accorsi, l'attore interpreta Leonardo Notte nella serie "1992".
Stefano Accorsi, l'attore interpreta Leonardo Notte nella serie "1992".

Lei era d'accordo con la discesa in politica di Berlusconi?

No, è lì che mi oppongo, perché credo si rompa qualcosa. Esce fuori la mia anima di sinistra, però è una discesa politica che comprendo, capisco che per lui fosse inevitabile questa osmosi. Io vado via, nel '92 Berlusconi mi dice che non potevamo più continuare a lavorare assieme: "Tu mi fai Funari, mi rendi Ferrara situazionista, mi fai diventare teorico della Tv spazzatura, non si può continuare…".

Quindi lei nel 1996 va a dirigere Rai2, come se questo dissenso politico con Berlusconi rendesse il servizio pubblico la sua destinazione naturale. 

Esattamente, d'altronde è proprio in quegli anni che il servizio pubblico scopre definitivamente la lottizzazione, la politica come unico antidoto all'audience. Lì nasce la Tv che Ferrara chiamava "di sinistra", quella che io facevo con Santoro, i Guzzanti, Luttazzi, Travaglio.

Freccero con Santoro, nel 2002
Freccero con Santoro, nel 2002

Dal punto di vista emotivo, la morte di Berlusconi come la fa sentire?

Io sono associato nel bene e nel male alla sua storia, sono toccato profondamente, ci mancherebbe altro. Un uomo che da tanti anni non vedevo più ma conta poco: quella innovazione della Tv commerciale ha consentito a lui di costruire il suo impero, a me di costruire una vita professionale.

Pensa che ci sarà una nostalgia per il personaggio Berlusconi?

Totale, c'era già prima che morisse e ce ne sarà sempre più.

Come se lo spiega?

Bisogna tornare al 2011, quando va via Berlusconi e arriva Monti. Uno dovrebbe essere felice perché l'ha combattuto ma io, che pure non ero politicamente d'accordo con lui, capisco che sta arrivando il peggio. Prima era tutto divertimento, euforia, spensieratezza, ma anche alienazione in termini marxiani, tutti elementi di cui Berlusconi è stato espressione massima. Quello che abbiamo vissuto dopo Berlusconi è il peggio del peggio. I governi dell'emergenza, l'era della schiavitù del debito, della pandemia, della mancanza di materie prime a causa della guerra, della dieta a base di insetti, dell'incubo del controllo digitale. Ecco perché combatto le élite, ecco perché per me destra e sinistra non esistono più.

In buona sostanza dopo il Cavaliere lei vede solo austerità?

La fortuna di Berlusconi con la sua morte è che chi lo ha succeduto è molto peggio di lui. Monti, Draghi, per me sono distopie pure. Tutto il mondo è andato avanti nella stessa direzione, il sistema simbiotico tra azienda e politica – penso a Murdoch a Bouygues, fino a Vivendi – non si è fermato, ma per quanto riguarda il conflitto di interessi non sono nulla rispetto alle fondazioni e i grandi organismi filantropici internazionali come il World Economic Forum.

L'edonismo di cui Berlusconi si è fatto interprete non ha più margini per esistere oggi?

Non credo. Berlusconi, con tutti i suoi vizi, gli eccessi da arci italiano, con la sua vita debordante, mostrava una vitalità che ormai non è più possibile.

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