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Carlo Amleto in teatro è una vertigine

Con il suo spettacolo teatrale “Scherzo n°1, Opera Prima”, Carlo Amleto porta sul palco tutto il suo sconfinato repertorio comico lasciando credere sia solo un assaggio e che oltre c’è molto altro: è un viaggio nei percorsi surreali della sua immaginazione, con l’espediente di trovate comiche micidiali.
A cura di Andrea Parrella
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La comicità deve sorprendere, ribaltare i presupposti. Non esiste risata vera che non maturi da uno choc: se pur minimo, l'effetto stupore è connaturato nel presupposto di stimolare una risata, che altrimenti non rimarrà. Carlo Amleto conosce benissimo queste regole, rifugge ogni canone predefinito della messa in scena classica e porta a teatro uno spettacolo che appare la premessa di una carriera dalle possibilità infinite.

Il comico siciliano è in scena in queste settimane con "Scherzo n°1, Opera Prima". Spettacolo in solitaria, un piano e un tavolino come semplici oggetti di scena che bastano e avanzano a supportare un repertorio vastissimo. Il monologo comico entra nella performance musicale, passa attraverso il virtuosismo stilistico, fa visita al numero da mago, poi lo scioglilingua, l'irriverenza con il pubblico.

Ci sono tutti i principali e più noti pezzi che Amleto ha mostrato negli ultimi anni sui social e in televisione, ma il suo spettacolo non è un semplice susseguirsi di reel separati l'uno dall'altro, bensì un discorso organico, per quanto surreale, sulle infinite possibilità dell'immaginazione, perno argomentativo su cui si articola la sua filosofia.

Siamo oltre la comicità, il livello di ispirazione creativa è altissimo. Se sui social vediamo Amleto creare dei movimenti musicali con l'ausilio del campanello di casa, a teatro non è da meno e le opere polifoniche vengono fuori dall'interazione con dei versi di zanzare da differenti tonalità, barriti di elefanti, suoni pre registrati su cui lui suona il piano, canta canzoni note, le canta al contrario (parole e accordi).

Nel frattempo sul palco c'è lui, anzi quel personaggio apparentemente spigoloso che porta sempre in scena, non lascia mai il pubblico fuori dalle esibizioni, è un'interazione continua, rende gli spettatori parte integrante del suo modo di porsi, coinvolgendo le persone presenti in botta e risposta, utilizzandole per i cori, o come sparring partner per strappare una risata. L'entità che vediamo sul palco non è Amleto, ma nemmeno il suo alter ego, è come se entrasse in un ritmo che gli consente di trascendere chi è nella vita. È come se quell'espressione gentile del suo volto mutasse leggermente in qualcosa di spiritato che, pur volendo apparire l'esatto opposto della cordialità, ha una riuscita comica micidiale. "Quello che ho capito in questi anni è che mi piace trasformare in musica tutto quello che non è apparentemente musica – aveva detto Amleto in un'intervista a Fanpage.it – mi affascina molto ed è il meccanismo comico che preferisco". Aveva ragione.

Nel suo spettacolo. Amleto spalanca una porta con affaccio sulla sua immaginazione e per un'ora e mezza è lui il cicerone che ci trasporta per mano nei meandri della sua imprevedibile follia. Non è solo stand up ma anche stand up. Gioca davvero un altro campionato e dopo averlo visto a teatro la sensazione è di trovarsi davanti a un artista in grado di spaziare nei registri più svariati. Termina tutto e la sensazione è una specie di vertigine: non sai cosa hai visto, ma è stato bellissimo e può esserci molto altro.

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"L'avvenire è dei curiosi di professione", recitava la frase di un vecchio film che provo a ricordare ogni giorno. Scrivo di intrattenimento e televisione dal 2012, coltivando la speranza di riuscire a raccontare ciò che vediamo attraverso uno schermo, di qualunque dimensione sia. Renzo Arbore è il mio profeta.
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