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Aurora Leone: “Da rappresentante d’istituto al teatro, mi basta parlare alle persone”

Componente storica dei The Jackal, Aurora Leone porterà in giro per l’Italia il suo show teatrale, Vero a metà. In questa intervista ripercorre i suoi primi anni di carriera e parla dei suoi sogni: “Da piccola sognavo di presentare Sanremo, è vero ma è anche uno spunto per un titolo altisonante”.
A cura di Andrea Parrella
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Ci ritroviamo il suo volto scorrendo i social sul nostro smartphone, la vediamo in televisione, sulle piattaforme streaming, prossimamente anche a teatro. Aurora Leone porterà il suo show comico "Vero a metà" in tre città italiane (Roma, Napoli e Milano) a partire da novembre, una parentesi per tornare al suo primo amore, il teatro appunto, che le ha permesso di diventare celebre presso il grande pubblico e, soprattutto, di trovare i The Jackal, da molti anni una costante nel suo percorso artistico.

Si parla di debutto a teatro, ma in realtà hai iniziato a scrivere monologhi molto tempo fa.

Sì, il primo spettacolo l'ho scritto a 17 anni, Quotidiana Mente, che poi è quello di base andato in onda a Italia's Got Talent e che poi mi ha permesso di farmi conoscere dai The Jackal.

Sono passati cinque anni da allora, quanto di questo tempo hai potuto dedicare alla scrittura di questo spettacolo?

È sempre difficile dire quando inizi a scrivere uno spettacolo, si tratta più che altro di una raccolta di appunti sparsi presi in questi due anni. Poi di recente l'idea di uno spettacolo si è concretizzata, ho avuto una scadenza vera e propria e ho assemblato il tutto trovando un filo conduttore.

Qual è?

Sta principalmente nel titolo, "Vero a metà", che non è solo un omaggio al mio album preferito di Pino Daniele (Nero a metà, ndr). Penso infatti che vero a metà rappresenti anche quello che dirò sul palco. Non credo alle verità assolute, sono convinta ce ne siano diverse.

Vero a metà parla di te o del tuo sguardo sul mondo?

Racconterò di temi personali, ad esempio il mio rapporto per niente disinteressato con il cibo, legato alle abitudini quotidiane. Mi chiedo: come fanno alcune persone a dire di no al carrello gratuito sul treno, oppure a mangiare poco alla colazione internazionale in albergo?

Essere vera a metà non rischia di essere un limite per la comicità?

Io di base credo di essere sincera, quello che racconto e penso l'ho vissuto. L'altra metà di questo vero sta nell'esasperazione degli episodi che racconto, per trasformarli in una sorta di filosofia, obiettivo a lungo termine che mi pongo. Sono sincera quando dico che se alla colazione in albergo trovo 27 cose da mangiare devo assaggiarle tutte, sono esagerata quando dico di odiare chiunque mangi solo una cosa e non abbia bisogno di assaggiare tutto. È la stessa esasperazione che perseguo quando dico che dovremmo scegliere chi votare in base a come parcheggia l'auto, se lasciano lo spazio necessario per far uscire gli altri o no.

Tu che parcheggiatrice sei?

Io sono quella che una volta parcheggiata l'auto esce per vedere se è a posto e nel caso rientra per sistemarla meglio. Però, devo dirlo, non mi candiderò mai.

Abbiamo un altro titolo perfetto: "Aurora Leone non si candida".

Ma sì, abusiamo di titoli purché se ne parli!

Nasci artisticamente sul palco, poi la tua carriera prende altra strade. Ad oggi ti senti più a tuo agio davanti a una camera o davanti al pubblico?

Sicuramente ho iniziato parlando a delle persone live, anche nella vita, ho sentito questa esigenza sempre, sin da quando facevo la rappresentante di istituto a scuola. Parlare alle persone è la dimensione in cui mi sento di sicuro più a mio agio. È una differenza che noto tra me e, ad esempio, Ciro e Fru, nati in video e che ora stanno applicando la loro esperienza a contesti diversi. Io sto facendo l'opposto e scopro soluzioni e strade molto interessanti, ma non nascondo che all'inizio fossi spaventata.

Hai parlato dei tuoi compagni nei The Jackal, come conciliate il percorso personale con quello di gruppo?

Ognuno impara qualcosa da solo a torna con qualcosa da insegnare all'altro. La metafora per descrivere il nostro rapporto resta quella dei club e della nazionale, uno va fuori, nella sua squadra di club, ma poi torna in nazionale per mettere nel gruppo quello che ha imparato.

The Jackal vuol dire anche Campania, Napoli, qualcosa che ha sempre fatto parte dei vostri lavori. Quanto è presente questo elemento nel tuo spettacolo?

L'obiettivo che noi ci siamo sempre posti è quello di raccontare una napoletanità diversa che abbatte un po' gli stereotipi, qualcosa che somigli molto più alla nostra vita che alle immagini classiche che abbiamo di Napoli. Io nel mio spettacolo ne parlo perché penso che la nostra sia una terra di impulsi, in tutto e per tutto. Tra le cose che racconto e che sono significative c'è l'esperienza di quando ho venduto un motorino a un ragazzo che mi ha permesso di rivalutare completamente il concetto di ritardo.

Chi dei due era in ritardo?

La puntuale ero io.

Il tuo stile comico che riferimenti ha? Ti ispiri a qualcuno in particolare?

Io guardo tutto, o almeno ci provo. Non mi sento precisamente una stand up comedian, avrò l'archetto e non il microfono a gelato se vogliamo riferirci ai simboli. Seguo con passione quel genere ma credo che il mio spettacolo somigli molto di più a un monologo, una storia con dentro delle battute. È tuttavia un mondo da cui attingo, così come dal passato, ultimamente sto rivedendo spettacoli di Teresa Mannino, Paola Cortellesi, Claudio Bisio.

Trovi ci sia uno squilibrio tra uomini e donne nella comicità italiana?

Per una questione di percentuale si può pensare che gli uomini siano di più. In realtà le donne ci sono, mi viene in mente Michela Giraud, mi pare ci siano molti più contesti nei quali apparire. Ma a me piace pensare che in quanto donna possa dare alla comicità un apporto trasversale, trattare temi femminili, ma anche universali. Dico sempre che il primo video fatto coi The Jackal è stato sul ciclo, a dimostrazione del fatto che quattro ragazzi, dopo molti anni passati insieme, dovessero contemplare un altro punto di vista.

La comicità sta trovando una via espressiva importante attraverso le piattaforme streaming. 

Stanno dando possibilità alla nostra categoria di sperimentare nuovi format, basti pensare a LOL che ha creato un nuovo tipo di comicità molto affine alle nuove generazioni, più spontanea, distante dal modello Zelig con esibizioni sul palco, è scritta proprio per dare spazio all'istinto.

"Prova prova sa sa", il nuovo show dal 2 novembre con Matano al quale partecipi ne è un esempio. Ce ne parli?

Si muove nella stessa direzione, lo ha voluto Frank Matano a tutti i costi portandolo qui in Italia, è uno show che si basa interamente sull'improvvisazione, tutti giochi che noi apprendevamo al momento, in puntata. Mi sono sentita anagraficamente la più piccola (con lei Maria Di Biase, Maccio Capatonda e Edoardo Ferrario, ndr) e quella con meno esperienza, è stata una grande scuola con persone che stimavo prima e che ho avuto la fortuna di ritrovarmi accanto.

Web, Tv, teatro, podcast, a 23 anni hai già fatto tantissimo. Quali tasselli mancano alla tua carriera che desidereresti riempire?

Mi mancano un sacco di cose, Sanremo, i film, le serie. Quando ero piccola dicevo che il mio sogno era di presentare Sanremo, sempre per dare un altro spunto di titolo altisonante a questa intervista. Oggi, naturalmente, ho un po' di paura in più a pensarci perché sono più consapevole della difficoltà di una cosa del genere.

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