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Amadeus non è Fazio, ma politicizzare il suo addio alla Rai è l’unico modo per giustificare un disastro

Con l’uscita di Amadeus dalla Rai prende forma il racconto del martire politico. Una narrazione utile ad Amadeus, che non cancella l’ennesima perdita disastrosa per l’azienda.
A cura di Andrea Parrella
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L'addio di Amadeus alla Rai è cosa fatta. La notizia, anticipata nei giorni scorsi sotto forma di indiscrezione, è arrivata con certezza a seguito di un incontro tra il conduttore e i vertici Rai che ha certificato la separazione. Un vero e proprio terremoto che va ad accrescere il livello delle polemiche attorno alla Rai, per le presunte ragioni che avrebbero spinto Amadeus a dire basta e tentare una nuova avventura professionale.

Le presunte pressioni della Rai su Amadeus

Dal piano meramente televisivo, la polemica si è spostata su quello politico. Le indiscrezioni che hanno sospinto le voci di un passaggio di Amadeus al Nove dopo pressioni della dirigenza, richieste di ospitare personaggi vicino al mondo della destra come Povia e Hoara Borselli, richieste di pranzi con Pino Insegno per bonificare quest'ultimo dopo il suo complesso ritorno in Rai. Ipotesi imbarazzanti, indiscrezioni classificabili nella categoria di quelle impossibili da smentire, che vanno tuttavia a inserirsi perfettamente nella narrazione di una Rai eterodiretta, decisa dalle forze di maggioranza al punto tale da creare un contesto irrespirabile persino per il più popolare tra i conduttori.

La Rai: "Falsità inaccettabili"

A sua volta la dirigenza del servizio pubblico nega fermamente queste ipotesi, bollandole come "falsità inaccettabili", specificava l'azienda in un comunicato che tuttavia non è servito a placare l'ondata di polemiche e sdegno. Ecco che sono quindi arrivati i primi segnali di uno smantellamento del mito inattaccabile Amadeus, dagli articoli di giornale dall'area di destra che parlano di lui come il martire che non è, alla sottolineatura delle presunte fesserie contenute nelle ricostruzioni emerse, fino all'analisi pubblicata da Arcadia che analizza il presunto calo del gradimento del pubblico nei suoi confronti in soli due giorni.

Amadeus come Fazio, ma non è lo stesso

È in corso, in sostanza, la politicizzazione di Amadeus e della sua uscita dalla Rai. Un processo che assimila il conduttore a Fabio Fazio, inserendo i due volti in una narrazione comune di esiliati, o meglio non trattenuti dalla Rai, perché di fondo poco graditi al potere. Una chiave di lettura che, se nel caso di Fazio poteva trovare una certa aderenza con la realtà e la storia del personaggio, per quanto riguarda Amadeus suona piuttosto stonata, trattandosi del volto che meglio di tutti, negli ultimi anni, ha saputo tenersi lontano da qualsiasi apparentamento politico, mescolando in un unico calderone i simboli del progressismo e le posizioni conservatrici.

Per effetto di un paradosso, tuttavia, la politicizzazione del possibile addio di Amadeus, paradossalmente, è però la sola cosa che mette d'accordo i contendenti, la sola strategia utile a giustificare da una parte la follia di una Rai che si lascia scappare un altro cavallo di razza, il suo volto più noto, perché incapace di trattenerlo e procurandosi un danno inenarrabile dal punto di vista economico e della reputazione. Dall'altra serve ad Amadeus che, per motivare un possibile addio al servizio pubblico, necessita di una chiamata alle armi, una dinamica che crei aspettative per il suo approdo in un altrove televisivo dove non c'è certezza. E quale soluzione migliore della parabola dell'escluso?

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"L'avvenire è dei curiosi di professione", recitava la frase di un vecchio film che provo a ricordare ogni giorno. Scrivo di intrattenimento e televisione dal 2012, coltivando la speranza di riuscire a raccontare ciò che vediamo attraverso uno schermo, di qualunque dimensione sia. Renzo Arbore è il mio profeta.
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