Alberto Matano sposa Riccardo: “Con lui ho capito chi sono, per i miei genitori è un quarto figlio”
Alberto Matano sposerà il suo compagno Riccardo Mannino nella giornata di sabato 11 giugno a Labico, un annuncio importante per il giornalista di Rai1 che ha deciso di far entrare nel suo privato anche il pubblico che ormai da anni lo segue e sostiene. In un'intervista a Walter Veltroni rilasciata al Corriere, il volto de "La vita in diretta" parla del suo percorso umano, della sua crescita e della tranquillità trovata grazie all'amore per una persona che gli ha fatto comprendere cosa voglia dire "trovare la propria stabilità".
Il matrimonio dopo 15 anni insieme
"Sono quindici anni che stiamo insieme. Durante una cena, un paio di mesi fa, Mara, la nostra amica del cuore che oggi celebrerà, ha detto che sarebbe stato bello che noi ci sposassimo. Oggi celebreremo un amore che merita un vestito formale" è così che inizia la chiacchierata sulle pagine del Corriere, facendo un viaggio a ritroso nel tempo dal presente, florido e disteso, arrivando ad un passato non facile, ma grazie al quale il giovane Matano è riuscito ad essere la persona che è oggi:
Ricordo l’infanzia come giorni sereni, lieti. Ma poi il cielo si annuvolò. Attorno ai 14 anni mi sono accorto con dolore che non crescevo. I miei amici erano almeno venti centimetri più di me. E allora la mia stanza si chiuse a chiave, come un riparo dal mondo. Perché fuori mi sembrava che le cose andassero a rovescio. Ho sofferto il bullismo. Mi isolavano dai giochi, mi prendevano in giro, mi sentivo ai margini della vita.
L'incontro con Riccardo
Poi la crescita è stata graduale, e con il tempo certe ferite seppur rimarginate hanno continuato a fare male, ma in maniera diversa. Crescere significa anche capire cose di se stessi a cui prima non si era data importanza, ed è così che Alberto Matano ha sentito di dover indagare più a fondo dentro di sé:
All’inizio ho avuto una vita eterosessuale, avevo successo con le ragazze. A 24 anni ho interrotto una storia d’amore. Capivo che dentro di me c’era altro, che dovevo esplorarmi, capirmi. Per dieci anni sono stato irrequieto. Cercavo un’appartenenza, anche esasperata. Pensavo che questo mi desse sicurezza. Qualcuno ci riesce. A me invece un’identità chiusa stava stretta. Una mia amica psicoterapeuta un giorno mi ha parlato del continuum psicosessuale come di un punto dove ciascuno di noi si può trovare, che non è mai uguale a quello di un altro. Poi è arrivato Riccardo e tutto, nella mia vita, si è stabilizzato. La mia stabilità è stata una persona, non un’identità.
Il coming out con i genitori
Questa sua stabilità, quindi, aveva un nome e nel tempo era necessario che anche i suoi genitori a cui è sempre stato molto legato, sapessero cosa stesse accadendo nella sua vita. Ed è così che Matano racconta quanto sia stato difficile, ma anche liberatorio aprirsi con loro e raccontargli i suoi tormenti, ma anche la felicità di aver compreso davvero la persona che voleva diventare:
All’inizio erano disorientati. Io sentivo il bisogno di condividere con loro questo mio travaglio. Una sera ho deciso. Sono tornato a casa, ho spento la televisione che stavano vedendo e gli ho detto che volevo parlargli. I mei fratelli sapevano ed erano solidali. Quella sera è stata la chiave di risoluzione della mia vita. La svolta della mia vita emotiva interiore è stata proprio quando ho raccontato a loro come stavano le cose. Per loro non è stato semplice, nelle prime ore, accettare tutto questo, lo capisco. Poi da quel momento sono stati sempre al mio fianco, sempre accoglienti, solidali. Ora Riccardo viene vissuto come il quarto figlio. Oggi due cose mi fanno davvero felice: lo sguardo di Riccardo e la partecipazione serena dei miei genitori a questo momento