Vincenzo Salemme: “Purtroppo non ho figli, ma per i bambini sono un nonno. Cortellesi? Brava da sempre”

Vincenzo Salemme è sold out a teatro con Natale in casa Cupiello, commedia di Eduardo De Filippo: “Vorrei portarla anche in tv, nel 2024 saranno quarant’anni dalla sua morte, potrebbe essere un modo per ricordarlo”. Contemporaneamente, al cinema con il film La guerra nei nonni: “Non ho avuto figli, i bambini forse lo sentono e mi adottano con tenerezza”.
A cura di Eleonora D'Amore
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Vincenzo Salemme è sold out al teatro Diana di Napoli dal giorno del suo debutto con Natale in casa Cupiello, . Da giovedì 30 novembre è al cinema con La guerra nei nonni di Gianluca Ansanelli con Max Tortora, Bianca Guaccero ed Herbert Ballerina. Ospite nella redazione di Fanpage.it, ha parlato del non aver avuto figli e del sentirsi naturalmente nonno di tutti i bambini che incontra. Poi l'incontro con Eduardo De Filippo che a 20 anni gli ha cambiato la vita: "Mi vide talmente magro che volle farmi dire due battute per darmi la paga di attore". Tra aneddoti di una vita trascorsa in teatro e il desiderio di portare le commedie di Eduardo in tv, l'amore immutato per il cinema che lo porta a esultare per il record al botteghino di C'è ancora domani di Paola Cortellesi: "La seguo da quando faceva le imitazioni a Macao, è sempre stata brava".

La guerra dei nonni è al cinema. Chi è il migliore tra te e Max Tortora?

Come attore Max è straordinario, come nonno, invece mi mette un po in difficoltà. Lui rispetto a me è un giramondo e si porta questo carico di avventure che conquista la simpatia dei miei nipoti e questo mi toglie la supremazia come nonno d'altri tempi.

Infatti, nel film rappresenti la tradizione e Max Tortora è la modernità. Passi per il nonno cringe, ma sei percepito così dai ragazzi nella realtà?

Vengono tanti giovanissimi da me e mi vivono come un nonno, con grande tenerezza. Mi si squaglia il cuore. Purtroppo non ho avuto figli, ne avrei voluti tanti, quando mi abbracciano forse lo avvertono.

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La tua è una comicità che non contempla la volgarità, è una scelta consapevole?

Per me la volgarità dipende sempre da chi la pronuncia. Quello che trovo nel politicamente corretto è che sia un comandamento, una regola. Certe cose non vanno pensate, non solo evitate di essere dette. Io non penso in maniera violenta o volgare, in coscienza so di non volerlo essere.

È un bel momento per il cinema: da Io Capitano di Garrone a Comandante di De Angelis fino al film dei record al botteghino, C'è ancora domani di Paola Cortellesi. C'è speranza per le sale allora.

I suoi sono incassi che ricordano Checco Zalone. La gente vuole essere pensata, come tutti. Il pubblico va sempre accarezzato, pagano per vederci, è a loro che parliamo. Questo film ha saputo fare proprio questo, parlare alle persone. Poi sono contento per Paola Cortellesi, mi è molto simpatica.

La segui da tempo?

Dai tempi di Macao, dove faceva l'imitazione della ragazza argentina. Ci fu un episodio carino: stavo a cena con Claudio Mattone e lei venne con la sorella Claudia Cortellesi, compagna di Claudio (Mattone, ndr). Non sapendo della parentela, le dissi che somigliava molto a quella ragazza che avevo visto in tv. E invece era proprio lei, ne ridemmo.

Parlando di momenti d'oro, provieni da quello del teatro. Sold out per Natale in casa Cupiello. I segreti del successo?

Abbiamo lavorato molto, il segreto è sempre e solo quello. Lo abbiamo fatto con serietà e con onestà, perché se dico con umiltà mi sembra sempre una cosa finta. Rischio di apparire modesto quando poi invece io volevo proprio fare un capolavoro.

Il tuo Luca Cupiello rispetta pienamente Eduardo De Filippo ma sembra avere il gusto della battuta in più. Non trovi?

La commedia è la più ripresa dalle compagnie nazionali perché la si crede semplice e come tutte le cose semplici è la più insidiosa. In particolare, Luca Cupiello è un po' scivoloso: uomo ingenuo, astuto, ignorante. Farlo a modo mio ha comportato inevitabilmente che dialogassi con il testo di Eduardo, facendo capire, con candore, che stavo recitando.

Visto questo enorme successo, potresti portare altro di Eduardo in scena?

Sì, ci ho pensato. Mi piacerebbe fare a piccoli tratti, non un'intera stagione. Che so, un mese di Questi fantasmi o Sabato domenica e lunedì. Fare gli atti unici: Sik Sik l'artefice Magico Gennariniello, Mia famiglia, Napoli milionaria. Magari riuscire a trovare un'idea scenografica che possa consentirci di fare più cose.

In che senso?

Perché il problema del teatro sono le spese, che vanno dalla sostenibilità della compagnia ai singoli oggetti in scena. Vanno ricreate intere epoche, un'Italia che non esiste più. E quel tipo di artigianato nemmeno esiste, a riprodurlo è faticoso, anche economicamente.

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Una curiosità sulla scenografia: nella parte iniziale di Natale in casa Cupiello c'è un quadro con il numero 77. È un numero casuale?

No, non lo è. È stato l'anno in cui ho conosciuto personalmente Eduardo De Filippo. Nel 1977 Sergio Solli, che mi ha iniziato al teatro e oggi purtroppo non c'è più, mi disse che Eduardo cercava comparse per la sua commedia. Stavano registrando le sue commedie in Rai, nello studio 5 di Cinecittà, e ci andai. Avevo nemmeno 20 anni.

Che emozione, anche solo a sentirlo. Cosa accadde?

Fecero una pausa e Sergio si presentò con Eduardo. Uscì vestito da Natale in Casa Cupiello, sapeva di borotalco. Gli diedi la mano e lui mi disse: ‘Vi dò la mano ma non stringete', perché aveva un problema alle ossa. Io gliela accarezzai, con delicatezza. Solli gli disse che volevo fare la comparsa e lui rispose di no, che dovevano farmi dire due battute così avrei preso la paga da attore.

Perché lo fece?

Perché mi vide molto magro. Mangiavo tanto ma ero magrissimo, avevo solo due grandi occhi sporgenti. Pensando fossi molto povero, empatizzo con la mia condizione. Poi mi ha conosciuto artisticamente e mi hanno detto mi apprezzava molto.

Vincenzo Salemme e Sergio Solli a teatro (foto: Facebook)
Vincenzo Salemme e Sergio Solli a teatro (foto: Facebook)

C'era un fan sulla tua pagina Facebook che ipotizzava il numero 77 fosse un omaggio a K'varatskhelia.

(Ride) Sì, involontariamente lo è stato.

Visto questo enorme successo in teatro, c'è la possibilità di portare la tua Natale in Casa Cupiello in tv?

Sì, c'è. Anche perché l'anno prossimo ricorrono i quarant'anni dalla morte (31 ottobre 1984, ndr). Mi piacerebbe portarla in diretta, come ho già fatto con le mie in Rai. Ma con le sue sarebbe un'emozione unica.

In Rai le tue commedie ebbero enorme seguito. Hai un rapporto consolidato con la gente che non ti vede soltanto come un artista. Sei uno di famiglia, in più hai il merito di far ridere di cuore, in maniera molto autentica. Come si gestisce un legame così stretto e longevo con il pubblico?

Non lo devi gestire, devi lasciarlo andare per com'è. Di sicuro è impegnativo. Certe volte dopo lo spettacolo si fermano anche 200 persone.

Allora lo vedi che si deve gestire?

Sì, a volte sì, assorbe molto emotivamente. Ma se quelle 200 persone poi non si fermano, beh, mi dispiace.

"Non si può amare per essere felici, ma bisogna essere felici per poter amare", questa è la frase che campeggia nelle descrizioni dei tuoi profili social. È tratta da un monologo sulla differenza tra uomini e donne e su quanto l'uomo debba amare la donna senza possederla. Quanto mai attuale.

La felicità non può che dipendere da noi stessi. È impossibile ottenerla da un bene materiale o da una persona. Se sai cos'è la felicità, non puoi essere violento perché conosci l'infinito. Se ti rendi conto che esiste l'universo, non puoi pensare che il mondo sia in una singola stanza. La lotta al patriarcato è giustissima, altrettanto prendere coscienza del fatto che l'individuo ha un dovere fondamentale: cercare di essere felice.

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Pensi che a questo 25 novembre appena passato, reso particolarmente doloroso dalla recente morte di Giulia Cecchettin, manchi ancora qualcosa da dire riguardo l'urgenza di risolvere il problema dei femminicidi?

Mi sembra che le parti politiche vogliano creare una condivisione in questa battaglia. Forse un intero corpo delle forze dell'Ordine, dedicato a queste specifiche denunce, potrebbe aiutare a prevenire. Ad evitare la risposta "non possiamo intervenire perché ancora non ti ha fatto niente".

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