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Masterchef Italia 14

Valerio Braschi: “Dopo Masterchef ho detto no a chef Barbieri. Oggi il programma è più spettacolo che cucina”

Vincitore di Masterchef 6 nel 2017, oggi Valerio Braschi ha aperto un suo ristorante vista Duomo a Milano. Non ha mai perso di visita l’obbiettivo e non ha voluto l’aiuto di nessuno per raggiungerlo, nemmeno dello chef Bruno Barbieri: “Mi ha offerto un’opportunità lavorativa ma non ho accettato”. Quanto alle nuove edizioni del programma, a Fanpage.it ha raccontato: “Adesso è tutta una spettacolarizzazione”.
A cura di Elisabetta Murina
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La vittoria a Masterchef 6 ha cambiato completamente la vita di Valerio Braschi. All'epoca 18enne, oggi di anni ne ha 28 e gestisce il ristorante The View a Milano, con vista direttamente sul Duomo. È l'unico ex vincitore del programma a esserci riuscito. Sempre concentrato sull'obbiettivo, ha tracciato da solo la sua strada e non ha voluto aiuti. Nemmeno quello dello chef Bruno Barbieri, come ha raccontato a Fanpage.it: "Se avessi accettato quell'opportunità, le persone mi avrebbero detto ‘guarda che cu*o ha avuto' ".

Alle critiche e ai pregiudizi risponde con il lavoro perché, in questo mestiere, "parlare è inutile". Rispetto alla sua edizione, ha notato in Masterchef un cambiamento: "Indirizza i concorrenti verso il mondo dei food creator e non degli chef. È più legato allo spettacolo e meno alla cucina". Il suo sogno più grande? "La stella Michelin". 

Hai da poco aperto il tuo nuovo ristorante a Milano (The View) e sei l’unico ex vincitore di Masterchef a esserci riuscito. Te lo aspettavi?

Sinceramente no. Negli anni dopo il programma ho studiato e girato il mondo, senza però mai perdere di vista l'obbiettivo finale. Ho scelto la mia strada e l'ho seguita.

I soldi vinti nel programma li hai investiti in questo progetto?

Li ho dati alla mia famiglia, di 100mila euro a 18 anni non me ne facevo niente. Solo una parte, per un periodo, l'ho spesa in stron*ate come dei brucia incensi a forma di drago.

Qualche ex concorrente si è congratulato con te per la nuova apertura? 

Ogni tanto qualcuno di loro mi scrive, mentre dei giudici non ho più sentito nessuno. Ma non sono una persona che sta tanto sui social, li uso come strumento per far vedere quello che creo, ma adesso penso principalmente al mio locale. Pubblico contenuti ogni tanto e mi capita di chiedere una mano perché non ne sono tanto capace.

Pensi di suscitare un po’ di invidia per il tuo successo?

Sicuramente qualcuno che mi invidia c'è, in genere persone più grandi che fanno questo lavoro e magari dicono "è arrivato il ragazzo che ha avuto la botta di cu*o ed è riuscito ad andare avanti". Tutti ti guardano con pregiudizio.

E come lo combatti?

Lavorando. In questo mestiere conta solo saper lavorare, parlare è inutile. Vedo che sui social alcuni pubblicano video in cui piangono per i commenti negativi, ma io non me ne faccio un ca**o di queste cose Alle persone che mi criticano, rispondo dimostrando che so fare il mio lavoro.

Carbonara in bicchiere e lasagna in tubetto sono stati alcuni dei tuoi piatti più chiacchierati. L'idea che hai di cucina è ancora così innovativa?

Lo stile è uno e non si cambia. Nel mio ristorante valorizzo il prodotto italiano e ricerco la qualità, non vado d'accordo con chi cerca di fare piatti buoni ma usando prodotti di me**a. Il cliente non va preso in giro. Se vuole un piatto di qualità, è giusto che lo paghi. L'obbiettivo del locale è eliminare l'idea che, come dicono molti italiani, a Milano di fronte al Duomo si mangia male.

C'è però chi critica i prezzi troppo alti del tuo menù. 

Le critiche arrivano dalle persone sui social, le stesse che vanno a mangiare il panino nei fast food. Dai clienti non le ho mai ricevute, anzi, mi hanno detto che per l'esperienza che offro il prezzo è giusto. I prezzi sono rapportati alle materie prime eccezionali che compro. Faccio alta ristorazione perché ho la passione e sono contro le mode.

Valerio Braschi nel suo ristorante The View in Duomo
Valerio Braschi nel suo ristorante The View in Duomo

Facendo un passo indietro, dopo la tua vittoria nel 2017 lo chef Bruno Barbieri ti ha chiamato a lavorare nel suo ristorante. Che ricordi hai di quell'esperienza? 

In realtà vorrei smentire, non ho mai accettato. Subito dopo il programma ho preferito prendere il diploma di liceo scientifico e poi cominciare a lavorare in autonomia. Ho scelto di avviare una carriera da solo, senza aiuti esterni. Se avessi detto sì a quell'opportunità, le persone mi avrebbero detto "guarda che cu*o ha avuto, è stato subito chiamato dallo chef mentre noi dobbiamo faticare per anni".

La famosa ‘gavetta' quindi non è stata con lui?

No assolutamente, l'ho fatta al ristorante 1978 a Roma. Eravamo in due e ci siamo trovati a dover gestire tutto, dal pulire le patate al cucinare e impiattare. Ho imparato a fare ogni cosa. Mi è stata data un'opportunità enorme e non avevo neanche chiesto soldi, volevo farlo per passione e per dimostrare che ero capace.

Alcuni ex vincitori ci hanno raccontato che non è scontato ricevere un’offerta di lavoro dopo il programma. Sei d'accordo?

È vero, non è scontato, ma a me non è mai fregato niente. Avevo già stabilito il mio percorso.

A proposito di percorso, ripensando a Masterchef rifaresti tutto o cambieresti qualcosa?

Non cambierei niente.

C'è un commento, bello o brutto, ricevuto dai giudici che ricordi ancora oggi?

Sinceramente no, ho solo un bel ricordo dell'intera esperienza, mi sono divertito.

E qualcosa che hai imparato e conservi ancora adesso?

Ho imparato il famoso problem solving, il saper fare un piatto quando ti trovi davanti quattro ingredienti, hai poco tempo per pensare e devi far viaggiare il cervello velocemente. Per il resto, in realtà, il programma non ti insegna come si sta in una cucina o a cucinare.

Quindi i pressure test e i tempi ristretti sono davvero come li vediamo da casa?

Nella mia edizione sì, sono veri. In alcuni momenti mi veniva l'ansia perché avevo paura di non riuscire a impiattare, tanto che già dall'inizio della prova preparavo il piatto perché non volevo far brutta figura.

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Cosa pensi piaccia così tanto al pubblico di Masterchef, oggi alla sua 14esima edizione?

Da quando ho partecipato io ad adesso, il programma si è evoluto ed è diventato molto più legato allo spettacolo e meno alla cucina. C'è chi vede questo cambiamento in negativo e sinceramente a volte anche io penso che sia tutta una spettacolarizzazione. Ora se sei un cuoco sei una rockstar, una volta eri quello che non aveva voglia di studiare. Siamo passati da un estremo all'altro, prima era troppo sottovalutato ora troppo sopravvalutato.

Pensi che Masterchef, per il tipo di esperienza e formazione che propone, indirizzi i concorrenti più verso il mondo dei food creator che degli chef?

Sì, ma non lo dico in modo critico, credo sia un dato oggettivo. Quello del food creator è un altro mestiere. Adesso in molti si buttano nel mondo della cucina con l'idea che se sanno fare un piatto figo, allora sono degli chef. È una cosa che odio, perché questo lavoro ha delle responsabilità enormi e magari chi partecipa al programma non pensa a tutto quello che c'è dietro.

Stai seguendo questa edizione?

Ogni tanto mi capita di vederla, magari sui social, ma non ho Sky a casa. Quando rientro da lavoro preferisco altri programmi, come il Tenente Colombo. Lo so a memoria e mi addormento guardandolo (ride, ndr).

Guardando al futuro, il prossimo passo è la stella Michelin?

Sicuramente un domani la sogno, anche se per ora mi piacerebbe vedere il ristorante sempre pieno di clienti. La responsabilità non mi spaventa, anzi, la pressione mi carica e mi dà più soddisfazione quando torno a casa.

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