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Valeria Favorito: “Fabrizio Frizzi mi ha donato il midollo, quando è morto ho perso una parte di me”

Valeria Favorito aveva solo 11 anni quando ha ricevuto il midollo di Fabrizio Frizzi, che le ha letteralmente salvato la vita. “Quando è scomparso nel 2018, se n’è andato via un pezzo del mio cuore. Gli sarò per sempre grata”, ha raccontato a Fanpage.it.
A cura di Andrea Conti
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Le strade di Valeria Favorito e Fabrizio Frizzi si sono incrociate nel 2000 purtroppo in circostanze difficili. Valeria aveva solo 11 anni quando ha ricevuto il midollo del noto conduttore, che le ha letteralmente salvato la vita. “Quando è scomparso nel 2018, se n'è andato via un pezzo del mio cuore. Gli sarò per sempre grata”, racconta Valeria a Fanpage.it. Oggi scrive libri (il terzo appena uscito si intitola ‘Valeria, un dono del cielo') che servono per supportare con borse di studio le attività del Centro trapianti di midollo osseo dell'Ospedale di Borgo Roma a Verona e altri progetti sempre legati al sociale per il supporto dei malati. Valeria è anche molto attiva nelle scuole per sensibilizzare sul tema della ricerca e della donazione del midollo: “Credo sia importante tendere una mano a chi è meno fortunato di noi”, ha affermato.

A 11 anni ti viene diagnosticata la leucemia mieloide acuta. Cosa è accaduto dopo?

La mia esistenza è stata stravolta. Mia mamma doveva badare a me in ospedale, nonostante ci fossero mio fratello e sorella piccolini a casa. I miei nonni sono saliti apposta dalla Sicilia per aiutare i miei genitori. Amavo andare a scuola e studiare, non avrei potuto farlo per un bel po'.

In ospedale cosa ti dicevano?

I medici dicevano che non c'era nulla da fare, che avevo pochi giorni di vita. Nonostante i primi cicli di chemioterapia i dottori hanno visto che continuavano a generarsi  le cellule tumorali. L'unica ancora di salvezza era il trapianto di midollo osseo ed era urgente trovarlo.

Avete verificato che ci fosse un donatore compatibile in famiglia?

Subito. Sfortunatamente nessuno era compatibile con me. Per il mio caso la compatibilità era 1 su centomila.

Il 21 maggio del 2000 Fabrizio Frizzi entra nella tua vita. In che modo?

Era stato trovato, a livello internazionale, l'unico donatore compatibile con me, ma si continuava a rinviare la data dell'intervento, fino al 21 maggio. L'ematologo chiamò l'ospedale di Roma, dicendo che avevo pochi giorni di vita. La donazione è stata fatta poco dopo, per la legge della privacy non sapevo nulla tranne che era un uomo, aveva 41 anni e viveva a Roma. A me bastava così, sarei stata grata tutta la vita a quel donatore. Per me era come un fratello.

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Come sei riuscita a capire che era Frizzi il donatore?

A tre anni dal trapianto sentivo il desiderio di ringraziare il mio donatore. Per una legge del 2003 non potevo avere i suoi dati, ma potevo mandargli una lettera anonima. Ho ricevuto una lettera di risposta, era scritta al computer. La firma era cancellata, mi accorsi che si riusciva a leggere il nome e ho avuto la conferma che era Fabrizio.

Quando vi siete incontrati?

Nel 2006 si è tenuta a Verona, nella mia città, La partita del cuore, condotta da Fabrizio. Ho girato tutti gli hotel e i ristoranti, senza trovarlo. Sono andata allo stadio, volevo conoscerlo. Per un suo ritardo non sono riuscito ad incrociarlo. Finita la partita mi sono avvicinata ai cancelli e mi hanno fatta entrare a bordo campo. Lì ci siamo salutati, gli ho detto il mio nome e cognome e mi ha riconosciuta subito. Ci siamo abbracciati. È stato il giorno più bello della mia vita.

Cosa ti ha colpito di Frizzi?

La sua immensa disponibilità, non si sentiva una persona arrivata e aveva sempre la voglia di aiutare gli altri.

Ricordi il giorno della sua scomparsa, cosa hai provato?

È stato come se avessi perso una parte di me. Una parte del mio cuore se n'è andato via con lui. Anche se non ci siamo visti spesso c'era sempre con un messaggio affettuoso, con una telefonata. Ogni 21 maggio, che era il nostro anniversario, si ricordava di farmi gli auguri. La data del trapianto è importante per noi, perché è come se rinascessimo una seconda volta. Anche quando mi sono ammalata la seconda volta è corso a trovarmi in ospedale, era dispiaciuto ma anche arrabbiato per il destino.

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Nel 2013 la tua vita subisce un altro arresto per la leucemia linfoblastica. Dove hai trovato la forza per non abbatterti?

Grazie all'amore della mia famiglia e la fede. Mio padre, nel momento in cui mi sono sentita abbattuta ed ero una larva umana a causa dei farmaci pesanti che assumevo, mi ha tenuto sulle gambe e ha cercato di spronarmi, di farmi andare avanti.

Cosa si può fare per star vicino a chi soffre?

Aiutare chi ha bisogno, regalare un sorriso, una carezza. Non sprechiamo l'esistenza, possiamo sempre dedicare un po' di tempo a chi ha bisogno.

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