Ubaldo Pantani: “La Gialappa è libertà, Fazio conduttore fenomenale. Pino Insegno mi svoltò la carriera”
L'imitazione è un'arte e non lo si dice mai abbastanza. Che in Italia da più di dieci anni esista e persista un programma che si chiama "Tale e quale show" non può essere un caso e tra i protagonisti della trasmissione di Conti, anche quest'anno, c'è Ubaldo Pantani, attore comico che, come altri, ha sublimato il concetto stesso di imitazione portandolo a un livello successivo. Quest'anno vediamo Pantani a reti unificate in Tv: dalla presenza in giuria da Carlo Conti, appunto, al tavolo di Che Tempo Che Fa, fino a Gialappa Show. Una tripletta che gli consente di sfoggiare i suoi numeri in chiavi differenti. In questa intervista a Fanpage.it Pantani si racconta, passando dal suo Lapo Elkann alla parodia di Temptation Island, dall'imitazione di Massimo Giletti a quella di Mario Giordano, fino all'esperienza storica con Quelli che il calcio, di cui è stato veterano. Un volto ormai presente in Tv da più di vent'anni, che quest'anno sembra destinato a consacrazione definitiva.
Quest'anno Che Tempo Che Fa fa spazio al tuo Lapo Elkann, che non è più un'imitazione.
Io credo che Lapo sia ormai un personaggio di fantasia e l'essere diventato negli anni suo amico mi porta sentirmi meno in colpa quando lo interpreto e tocco qualche punto debole.
Un pizzico di cattiveria è il sale della parodia. In questo caso la cosa che ti crea problemi?
Cerco sempre di evitare riferimenti pruriginosi al suo passato, ma alcune volte, anche non volendo, mi ci imbatto. Punto di più sulla sua carriera di gaffeur, mi ha sempre fatto ridere che lui conosca cinque lingue e spesso le confonda.
Quand'è che un'imitazione smette di essere tale e diventa parodia?
Io riesco a concepirla solo così. Al tavolo di Fazio, ad esempio, una volta acquisito il punto di vista i giochi che nascono sono assolutamente spontanei. Non si arriva sguarniti, i personaggi hanno una loro inquadratura, una struttura. Poi può capitare che in una puntata ci si prepari un aneddoto, una situazione, ci si faccia portatori di un contenuto, ma il resto è legato a ciò che avviene.
In quella situazione televisiva c'è un'altissima dose di improvvisazione.
Per questo mi piace tantissimo, io dico sempre di aver avuto la fortuna che a scegliermi fu Boncompagni, vero padrino dei programmi basati sull'improvvisazione. Poi l'esperienze con Gialappa e Quelli che il calcio sono stati luoghi perfetti per poter lavorare senza un testo predefinito. La cosa avviene anche quando faccio il quarto giudice a Tale e Quale Show, con Carlo stabiliamo un canone e da lì scegliamo il personaggio più idoneo. Il tavolo di Che Tempo Che Fa ne è massima espressione, un grandissimo sketch corale. Bisogna saper ascoltare.
Il tavolo di Che Tempo Che Fa è diventato cazzeggio messo a sistema, una delle cose più complesse da fare in Tv.
Assolutamente sì e in questo senso Fazio è fenomenale, perché calibra e dosa. Si dice che l'arbitro bravo è quello che non si vede e la stessa metafora si può applicare a lui. Spesso sembra che non faccia nulla, ma è eccezionale, un'orchestra con un direttore.
A dispetto della tendenza comune, tu scegli di rado personaggi legati alla stretta attualità. Questo rende il lavoro più complesso o più semplice?
Con l'avvento di piattaforme e social è diventato praticamente impossibile stare sull'attualità, o ci arrivano prima lì, o diventa una guerra ed è un approccio scientifico che non mi piace. Un'idea sullo spot Esselunga può venire anche a me, ma non ho questa inclinazione, cerco sempre altre vie o le bucce, quelle che altri scartano per mille motivi.
Ti nascondi dietro a un personaggio o ti poni davanti al personaggio che interpreti?
Io ho iniziato a fare il comico perché volevo fare avanguardia, le mie passioni erano la tradizione surreale, il punk comico. Erano però cose complesse da fare e riguardavano l'ingenuità e la presunzione della gioventù. È grazie a Pino Insegno che c'è stata una svolta nella mia vita.
Questa devi raccontamela e sappi che diventerà probabilmente un titolo.
Una volta mi sono imbattuto in una sua intervista in cui, parlando di Max Tortora dice "è una bravissimo comico, ma è dovuto passare dalle forche caudine delle imitazioni". È stata un'illuminazione, per arrivare ad essere un comico noto per la tua faccia e il tuo modo di pensare, devi passare necessariamente da una cosa del genere. Al tempo sulla scena non c'erano tantissimi comici imitatori, tra quelli che tentavano di scomparire del tutto dietro ai personaggi c'era Ballantini, che quel lavoro lo faceva on the road. Io ho provato a scomparire quanto più possibile seguendo quella strada, facendo il mio percorso.
A proposito di forche caudine torno su Pino Insegno, che vive questo periodo particolare. Che idea ti sei fatto?
Non posso dire molto, ma vedo che tutti ne parlano male, infamandolo. In un certo senso l'impressione è che non conti più se sei bravo o meno. Attraverso una visione assolutamente personale continuo a ricordarmi di lui per quelle parole che furono illuminanti, in un certo senso mi svoltarono la carriera.
Spesso l'imitazione è un'arte sottostimata. C'è differenza tra il riprodurre qualcuno e il creare nuovi personaggi?
Alla fine della fiera devi essere divertente, l'obiettivo è quello, che questo combaci con l'agevolazione di una celebrity e sia un veicolo più facile, può essere solo un vantaggio. Si tratta però di personaggi di fantasia che, se pure non esistessero, farebbero forse ridere lo stesso.
Quando facevi Giletti, ti caratterizzava un trucco molto pesante. Con Lapo, invece, sembri averne ridotto l'uso. C'è una scelta precisa alle spalle?
Se una cosa funziona, funziona anche con una parrucca e un paio di occhiali. Se non funziona, puoi essere anche identico ma non va. Dopo tanti anni ho iniziato a provare piacere a fare i personaggi con la mia faccia, senza troppi orpelli e senza trucchi pesanti, a volte massacranti al punto che quando non ne fai uso hai la sensazione di volare.
Somigliare tanto conta meno di far ridere?
La cosa migliore sarebbe avere la stessa voce, stesse sembianze e far ridere, almeno una delle tre devi averla. Ma la cosa più importante è far ridere. Il trucco è spettacolo, non lo rinnego, è spettacolo puro, un elemento che però non è autosufficiente.
Tra i circa 40 personaggi nel tuo repertorio, tra cui ci sono molti personaggi politici. Gli studi in Scienze Politiche hanno pesato?
Hanno contato in particolare all'inizio. Ci sono programmi dove ha senso fare personaggi di un certo genere, in quei casi li ho proposti come feci a Glob, altri dove perderebbero forza.
C'è anche il dato di evidenza che ormai i personaggi politici sono parodia di se stessi.
Sì e va anche detto che in questo Crozza è maestro, è andato ad occupare uno spazio diventato appannaggio suo.
Alla fine ti sei anche laureato, hai mai preso in considerazione un'alternativa allo spettacolo?
Avevo cominciato questo lavoro a 26 anni con Macao, interpretavo uno studente fuori sede. Naturalmente, iniziando a lavorare e guadagnando qualche soldo come calciatore dilettante, ero in una enorme comfort zone. Poi nel 2003 ho deciso di chiudere gli studi laureandomi, ma ero già stabilmente in questo mondo. Mi restava solo la tesi e ho fatto questa cosa su "L'efficacia del linguaggio comico nell'apprendimento".
Quelli che il calcio, sono trascorsi 30 anni dalla prima stagione e incroci per assurdo Fazio che aveva dato i natali al programma. C'è un po' di pentimento per la fine di quell'esperienza?
Era diventato molto difficile fare un programma sul calcio senza partite, però quello era uno spazio di riferimento e le persone a quell'ora un passaggio ce le faceva. A me è dispiaciuto sia finito ma meno male che è successo altrimenti non sarei mai andato via. Io ho più presenze di tutti in assoluto a Quelli che il calcio, ho fatto dodici edizioni, era una zona di comfort con tutta la tossicità che essa comporta perché nel tempo sviluppi una difficoltà a divincolarti. Non sai come è fuori.
Oltre a Barbieri, hai proposto una parodia di Filippo Bisciglia a Temptation Island a Gialappa Show che però sembra molto distante dall'intento di imitazione.
Sì, è più che altro una situazione corale, mi ispiro a Bisciglia ma non lo imito. Forse non lo avrei scelto come personaggio singolo, ma è stato divertente lavorarci in uno sketch di gruppo.
Credo tu sia l'unico personaggio Tv a lavorare contemporaneamente in Rai, Tv8 e NOVE al momento. C'è differenza?
Dal punto di vista editoriale possiamo dire che a TV8 con la Gialappa si ha meno autocensura, ci si pongono meno problemi rispetto a quelli che forse ci porremmo in Rai. Si tratta però di cose molto banali, alcune espressioni specifiche, non che qualcuno mi abbia mai vietato di dire qualcosa, semplicemente si percepisce nell'aria che sia più o meno il caso di fare una determinata battuta. Poi è anche una questione di linguaggi, il tavolo di Fazio e Tale e Quale Show sono molto più vicini tra loro rispetto a Gialappa Show. Oltre l'aspetto editoriale si sente molto questa tendenza ai tagli di costi, dove a rimetterci sono principalmente le maestranze ed è una cosa non bellissima.
In un'intervista di qualche tempo fa leggevo avessi un programma tutto tuo nel cassetto. C'è ancora?
Ero un mio sogno, sì, ma oltre a far fatica a vedere spazio nella Tv di oggi, penso anche che uno show da solo non sia indispensabile per un comico. Negli anni ho avuto modo di guardarmi attorno e vedere grandi esempi, come può esserlo Frassica, capendo che la cosa importante è riuscire a incidere nel tuo spazio.
Forse il one man show è anche fuori dai canoni contemporanei?
Sì, anche perché la televisione è nata negli anni cinquanta e la formula del varietà incentrato su una sola persona è sempre più difficile da realizzare in una chiave originale. Tra le cose recenti penso a Valerio Lundini, che è stato originale perché è originale lui e il suo programma è incentrato interamente su di lui tramite uno stratagemma particolare.
A cosa ambisci in questo momento?
Mi piacerebbe molto di più fare un ruolo seriale o al cinema, quello sì. Ho avuto la fortuna di fare delle commedie e mi sono divertito molto, ma è stato altalenante, anche perché avendo avuto come centro la televisione non puoi fare tutto. Bisognava dire qualche no e l'ho fatto per necessità.
Hai detto che a Quelli che il calcio hai fatto tutto compreso fidanzarti e lasciarti (ebbe una relazione con Virginia Raffaele, ndr). Nonostante il gossip può essere fondamentale per una carriera, non ha mai fatto parte del tuo racconto.
Esatto, ci sono persone che scelgono di non mostrare la vita privata e io continuo su questa linea. Non l'ho fatto prima e non inizio a farlo ora, sono scelte, cose che se forzi non vanno bene. Ho sempre provato a preservare la mia vita privata, non per chissà quale fine, ma perché la mia indole è questa. Se non ti viene è giusto continuare così. Io credo le forzature si percepiscano e raccontarsi è qualcosa che deve venire naturale. A me per ora va così, ho una forma di protezione, nel bene e nel male, hai meno follower, però quando c'è qualcosa nella tua vita che cambia, sei più in grado di proteggerla. Se ti esponi, alla minima virgola devi giustificarlo. Poi ognuno sceglie quale strada intraprendere.