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Sydney Sibilia: “Gli 883 sdoganati intellettualmente, li definivano popolari e poi si è scoperta la poesia”

Ideatore e regista di “Hanno ucciso l’uomo ragno”, la serie Sky sugli 883, Sydney Sibilia racconta in questa intervista a Fanpage.it l’anomalo fenomeno di Pezzali e Repetto, per molto tempo sminuito: “È tutto nelle loro canzoni”. Il regista, reduce dal successo di Mixed By Erry, annuncia: “Stiamo già lavorando alla seconda stagione”.
A cura di Andrea Parrella
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"Hanno ucciso l'uomo ragno" è stato un manifesto degli anni Novanta italiani. Inevitabilmente, una serie dedicata alla genesi degli 883, a come Pezzali e Repetto si siano conosciuti e come abbiano dato vita al duo più celebre della musica italiana recente, nonché il più atipico, non poteva che chiamarsi così. Ideatore e regista della serie, al via dall'11 ottobre su Sky, è Sydney Sibilia, nome ormai affermato  nel panorama cinematografico italiano, reduce dal successo recente di Mixed By Erry. Classe 1981, Sibilia ha inevitabilmente vissuto il fenomeno degli 883 in prima persona, fattore essenziale per descrivere una vicenda senza eguali, matassa di leggende metropolitane sbrogliata da questa serie con protagonisti gli ottimi Elia Nuzzolo, nei panni di Max Pezzali, e Matteo Oscar Giuggioli in quelli di Repetto. Sibilia ci ha raccontato l'esperienza di immersione nel mito degli 883 in questa intervista.

Qual è stato il filo conduttore della scrittura di questa serie?

Tutto ciò che c'è da dire sugli 883 è dentro le loro canzoni, basta sbobinare i loro testi, dentro ci sono la sintesi e la poetica di questi ragazzi. Da lì siamo partiti, le canzoni, per poi passare alle leggende metropolitane. Gli 883 hanno questa caratteristica, la loro mitologia nasce dal passaparola e la leggenda metropolitana mi affascinava più di tutto. Il libro in cui Max Pezzali racconta la sua vita ci è stato di grande aiuto.

Imitare, distaccarsi dall'originale. Raccontare la vita di personaggi che esistono rappresenta una difficoltà, o rende il lavoro più facile?

Nel caso di Max noi ricordiamo un Pezzali di varie età, mentre Mauro è rimasto cristallizzato a quelle poche immagini che avevamo a disposizione, anche se vive semplicemente all'estero. Lo studio degli attori è nato dai molti video, dal materiale che potevamo vedere. Non ci interessava fare la copia carbone o l'imitazione di ciò che era stato, bisognava fare slalom tra ciò che è vero e la rappresentazione che uno ha in testa.

Elia Nuzzolo e Matteo Oscar Giuggioli nei panni di Max Pezzali e Mauro Repetto.
Elia Nuzzolo e Matteo Oscar Giuggioli nei panni di Max Pezzali e Mauro Repetto.

La vicenda degli 883 è inseparabile da quella Radio Deejay di Cecchetto che per alcuni è stata una sorta di triangolo delle Bermude del mondo dello spettacolo, non si capiva perché ma accadeva tutto lì. Questa serie prova a spiegarlo.

Siamo andati molto di pancia, anche io sono testimone oculare di quelle cose. Da Salerno guardavo Deejay Television, in diretta dall'Acquafan di Riccione, una specie di tempio con queste piscine bellissime, ragazzi simpaticissimi che si divertivano. Abbiamo provato a replicare quella coolness, come la chiameremmo oggi, cercando di dire alle persone quanto fosse figo quel posto lì, con quella roba lì, organizzata dalla radio più figa d'Italia. Ma è un luogo rappresentato come lo ricordavo io, con i miei occhi. È significativo che quell'assembramento di talenti rappresenti oggi il meglio che lo spettacolo italiano può offrire. Concordo che è abbastanza inspiegabile, complesso da razionalizzare.

Il vostro Cecchetto, interpretato da Roberto Zibetti, è un personaggio etereo, una figura aliena. Con lui avete parlato? Negli ultimi anni non c'erano ottimi rapporti con gli 883.

Sì, lo abbiamo incontrato, proprio perché noi proviamo sempre a informare tutti su quello che stiamo facendo. Non lo approfondiamo volutamente proprio con l'intenzione di raccontarlo attraverso gli occhi di questi due protagonisti, una specie di Re Mida che se ti avvicina accadono le cose. Abbiamo cercato una versione divertente, qualcuno che occupandosi solo della parte artistica non sa nulla dei problemi di ordine pratico, logistico, dei soldi che servono a Max e Mauro. In mezzo c'è il produttore Pier Paolo Peroni (Edoardo Ferrario) che fa da ponte.

Roberto Zibetti nei panni di Claudio Cecchetto
Roberto Zibetti nei panni di Claudio Cecchetto

Gli 883 nascono in una taverna per poi diventare dei miti. Erano altri tempi, ma in effetti oggi l'ipotesi di trovare il successo in una stanzetta, davanti a un pc, è molto concreta. 

È esattamente come dici. All'epoca loro fanno qualcosa che si potrebbe fare anche oggi, se lo sono fatti da soli, restando legati al sogno di bambini. Però ci sono anche differenze nette: oggi il successo è molto di nicchia, puoi essere famosissimo per un certo tipo di pubblico e sconosciuto ad altri, all'epoca il successo era nazionale e basta. Non c'è nessuno che non conosca almeno una canzone, o il nome degli 883. Poi un tempo il successo era più duraturo, perché le cose avevano un dimensione fisica, la cassetta la compravi, investivi tempo e soldi, la consumavi, c'era una maggiore affiliazione. Inoltre potevi essere completamente staccato dalla tua immagine, il core business era una cosa che si vendeva nei negozi, c'era la tua voce e basta, al massimo una foto.

In qualche modo è la dinamica che alimenta la classica frase "l'ho incontrato da vicino, è davvero così".

Esatto, oggi per avere successo deve esserci un'aderenza tra ciò che fai e ciò che sei, il modo in cui ti racconti sui social. Prima se c'era ancor meglio, ma non era necessario per certi versi.

Questa serie rappresenta forse l'ultimo tassello di una legittimazione degli 883 avvenuta negli ultimi anni, per certi versi paragonabili alla parabola di Rocky: troppo popolare per essere apprezzato dalla critica. 

Sono d'accordo al cento per cento, lo sdoganamento intellettuale è stato totale. Tutta la musica degli 883 è sempre stata considerata popolare, due che parlavano alla gente, ma poi a un certo punto si scopre che questo parlare alla gente è una forma altissima di poesia, tanto che gli intellettuali iniziano a rivendicare questa cosa. È la considerazione che abbiamo fatto noi anni fa, poco prima che questo processo iniziasse, abbiamo capito che sotto Max qualcosa stesse per esplodere. Sono molto contento di esserci arrivato un attimo prima.

Francesco Ebbasta e Alice Filippi dirigono buona parte degli episodi ed entrambi, per diverse ragioni, hanno un occhio che fa da ponte generazionale tra il tempo pre rivoluzione digitale e quello successivo. Non mi pare casuale la tua scelta.

Devo essere onesto, si sono scelti loro, nel senso che non era scontato accettassero la mia proposta. Mi sembravano dei millennials perfetti per raccontare questa storia e i veri registi della serie sono loro, sebbene io sia qui a fare il frontman. All'inizio ci eravamo anche dati una serie di paletti, in termini di grammatica e approccio stilistico. Poi ce ne siamo fottuti altamente perché siamo arrivati a concludere che Max fosse un personaggio punk e che dovevamo fare una serie punk. Credo che ognuno abbia dato una sua impronta agli episodi e la trovo una grande ricchezza.

Sei ideatore, regista, ma anche collante tra le parti di tutto il progetto. In America saresti lo showrunner.

Il titolo di showrunner nella nostra industria lascia un po' il tempo che trova. La nostra è un'industria "registocentrica", quando il regista mette le cuffie comanda e sono cent'anni che si fanno le cose così. Magari negli Stati Uniti è diverso, ma va considerata la nostra dimensione e infatti showrunner è una parola che non si troverà nei titoli di testa. Il nostro processo è artigianale, saremo sempre una boutique, non faremo mai fast fashion.

Una domanda che Mauro fa a Max alla fine della serie pare un po' il preludio della ragione per la quale gli 883 si separeranno. La crisi non è stata raccontata, mi pare ovvio che a un seguito ci stiate pensando.

Non solo la stiamo pensando, la stiamo scrivendo e fra poco la giriamo pure. La serie è concepita su due stagioni, tant'è che a un certo punto della seconda puntata si vede il Festivalbar, che poi non si vede più. Il bello deve ancora venire, abbiamo tutte le canzoni fighe ancora non citate.

Che tempistiche avete per la seconda stagione?

Stiamo ultimando la scrittura e pensiamo di girarla questa primavera/estate, per arrivare più o meno con la seconda nello stesso periodo dell'anno scorso.

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Gli 883, Isola delle Rose, Mixed By Erry, ti stai specializzando in storie assurde con una caratteristica comune: essere state seppellite dall'era digitale, pur essendo accadute poco prima.

Non è una cosa che faccio consciamente, probabilmente queste storie mi affascinano in maniera inconsapevole. Quando cerco una storia, la cosa poi richiede un tempo di vita di alcuni anni e quindi la scelta deve avere una sua componente istintiva. Si vede che questo tema mi interessa, però ho paura a razionalizzarlo, perché rischierebbe di diventare pericoloso, di raffreddare i prodotti. Mi piace pensare che ci siano storie che ho l'esigenza di raccontare. Io a volte non vorrei nemmeno fare la commedia, quando abbiamo scritto L'Isola delle Rose abbiamo scoperto solo alla fine che lo era. Come dicono gli 883, è fondamentale la sincerità, perché i prodotti costruiti fanno sentire puzza plastica. Noi stiamo parlando di loro perché 30 anni fa si sono messi a nudo e hanno cominciato a dire "andiamo in giro in centro a piedi a guardare le ragazze degli altri".

Vivo da tempo a Forcella e dopo l'uscita di Mixed By Erry, dove la storia dei Frattasio si è verificata, pareva che quella storia la ricordasse chiunque, ma c'era bisogno che qualcuno la dissotterrasse.

Questo è interessante perché ci fa capire che ci sono vari livelli di percezione. Tu che vivi lì hai avvertito che fosse sotterrata sotto uno strato di sabbia, per un milanese era una storia completamente nuova, a Roma non la conosceva quasi nessuno. Sugli 883 è diverso perché non c'è nessuno che non li conosca, non è scoperta ma riscoperta. Hai molti meno margini di licenza, è una responsabilità diversa.

Su Mixed By Erry si parlava di una serie in cantiere. È vero?

Non con me, io ho già detto quello che volevo dire sulla vicenda.

Insomma, è una voce pezzotta?

I diritti per la serie sono liberi e magari qualcuno la farà, ma non sarò io.

La prossima storia che dissotterrerai?

Ho delle idee, ma non posso dire nulla, al momento ci concentriamo sulla seconda degli 883.

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