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Stefano Meloccaro: “A Wimbledon da 25 anni, oggi noi italiani qui camminiamo a petto in fuori”

Intervista al giornalista che da anni racconta il tennis per Sky Sport. Lo incontriamo a Wimbledon, posto che è diventato praticamente casa sua: “È la Disneyland del tennis, una macchina del tempo per chiunque venga qui”. Meloccaro parla di quanto stia cambiando il tennis in Italia con l’effetto Sinner: “I ragazzi sono molto sensibili al campione, è una grande opportunità”. E poi la nostalgia per Federer e Nadal: “Si va sempre oltre, chi gli succederà non sarà da meno”.
A cura di Andrea Parrella
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Stefano Meloccaro è il volto del tennis di Sky Sport, giornalista che gli appassionati di questo sport hanno imparato a conoscere nel corso degli anni, in particolare per la sua presenza a Wimbledon, il torneo trasmesso in esclusiva su Sky e in streaming su NOW. Lo incontriamo proprio all'England Lawn Tennis and Croquet Club, tra un ribaltamento meteo e l'altro, caratteristica imprescindibile di questo torneo dove c'è il sole e un attimo dopo piove a dirotto, se pure per pochi minuti. A pochi passi da noi c'è il campo 14, coperto da un telone che lo ripara dall'acqua, e lì Lorenzo Musetti si sta giocando l'accesso agli ottavi di finale del torneo più prestigioso al mondo. Ancora qualche passo e sul campo 16 Jasmine Paolini e Sara Errani sono a un passo dalla vittoria, mentre Jannik Sinner si appresta a giocare sul centrale poco dopo. Parliamo con Meloccaro del momento d'oro che il tennis italiano sta attraversando, nel tentativo di pronosticare gli scenari futuri.

Wimbledon è praticamente casa tua, a quante edizioni sei arrivato?

Tra quelli fatti qui e quelli in studio – ci sono stati anche quegli anni bui (ride, ndr) – sono quasi 25 anni. Un bel quarto di secolo, non male direi.

Questo luogo ha una sua liturgia, la sensazione è che Wimbledon sia una sorta di Disneyland degli appassionati di tennis.

Confermo la definizione di Disneyland del tennis, Clerici la definiva La Mecca di questo sport, dicendo che il pellegrino, il vero osservante deve venire qui almeno una volta. È il posto in cui anche se non sai nemmeno chi siano Panatta, Borg, Federer o Nadal, ti diverti lo stesso. Il motivo è che si tratta di una macchina del tempo, entri qui e sei subito nel 1932 o nel 1899.

Ha subito grandi cambiamenti negli anni?

L'evoluzione c'è, ogni anno. Questa costruzione alle nostre spalle l'anno scorso era grande la metà, però non te ne rendi conto perché tutto sembra organico all'architettura di Wimbledon. Come il tetto sul campo centrale, per decenni non c'è stato ed oggi sembra sia lì da sempre.

Nell'ultima decade c'è stata una grande evoluzione del racconto del tennis. È in corso un processo di alfabetizzazione del grande pubblico?

È avvenuta una vera e propria rivoluzione, è cambiato il modo di raccontare lo sport, di fruirne. Sembro un nonno a dirlo, ma quando le prime volte venivo qui non c'erano i social, dovevamo andare a caccia di notizie, la mattina compravo i giornali inglesi con l'ansia di capire se fosse accaduto qualcosa che non si sapeva. Oggi le notizie ti arrivano in un istante e cambia il rapporto con loro, devi verificarle, raccontarle, filtrarle. Questa è la prima rivoluzione, mentre la seconda l'ha fatta Sinner. Noi italiani siamo sempre venuti qui in tono dimesso, quando si vincevano due partite ti inorgoglivi ed era festa, mentre adesso si cammina a petto in fuori.

Tutto è iniziato con quella finale del 2021, assolutamente inattesa, tra Berrettini e Djokovic.

Certo, avere un finalista a Wimbledon come Berrettini nel 2021 era stata già una cosa incredibile, oltre ogni nostro sogno.

Meloccaro a Wimbledon con Matteo Berrettini.
Meloccaro a Wimbledon con Matteo Berrettini.

Sinner farà da rompighiaccio per una cosa che potrebbe avere un peso epocale sulla nostra cultura sportiva?

Lo sta già facendo e spero che sapremo sfruttarne bene l'effetto Sinner, al di là dei suoi risultati di quest'anno. È un personaggio talmente positivo, vincente, bello, Panatta dice pure troppo, che di questi periodi serve a tanto. Devo dire che a me piacciono i bad boy, però avere questo esempio ti rende orgoglioso. Non sbaglia un colpo nemmeno fuori dal campo, a ogni intervista ti dà modo di riflettere. I ragazzi italiani sono molto sensibili al campione, per cui può portare tanta gente nelle scuole tennis e, se giocata bene, è una grande opportunità.

Si ragiona spesso della possibilità concreta che il tennis diventi definitivamente uno sport di massa, quasi si trattasse di una disciplina destinata ad essere sempre elitaria.

Ma questo sta accadendo già, perché oggi il tennis è complessivamente il secondo sport più diffuso d'Italia, se consideriamo i praticanti e l'attenzione sui media. In questo senso a malincuore dico che la nazionale di calcio italiana aiuta (ride, ndr).

Nota: proprio in quel momento arriva un'esultanza generale all'All England Club per la vittoria dell'Inghilterra ai rigori contro la Svizzera a Euro 2024, la stessa esultanza che ha interrotto Djokovic sul centrale.

La natura individualista del tennis come sport ha sempre portato a pensare che non fosse automatico il collegamento tra il fenomeno e l'idea che possa riflettersi sul movimento nazionale.

Invece è così, soprattutto in Italia il traino c'è. In realtà dappertutto, negli Stati Uniti sanno di essere stati per anni la nazione trainante del tennis, visto che negli anni Ottanta avevano quasi 50 giocatori tra i primi 100 al mondo. Oggi soffrono un po' perché gli manca il fenomeno, che invece abbiamo noi. Questa cosa per noi è trainante, Valentino Rossi ci porta tutti in moto, Luna Rossa tutti a vela, Alberto Tomba sugli sci. Sono esempi che abbiamo fatto mille volte ma è così, io conosco gente che aveva dismesso campi da tennis, ora li sta allestendo di nuovo e sono pieni da mattina a sera.

A proposito della fruizione, io credo che uno dei motivi di fortuna del tennis negli ultimi anni sia il prestarsi all'effetto frammentazione dei social meglio di altri sport. Attraverso gli highlights credi sia possibile "capire" una partita di tennis?

Sì, ma fino a un certo punto. Un problema atavico del tennis, problema fino a un certo punto, è la durata. Una partita può durare anche cinque ore, ma se tu guardi due video di due bei rovesci pensi che la partita sia stata quello. I tempi moderni sono così, non a caso oggi si parla di giocare gli Slam due set su tre proprio per andare incontro alle nuove esigenze. Non so se ci sarà mai una soluzione, se non quella di portarti dietro il telefono e guardare le partite da lì. Posso dire per certo che io ho un figlio di 15 e lui una partita intera non l'ha mai vista in vita sua.

Perché si rifiuta o perché non è predisposto?

Forse perché non è innamorato del tennis e un po' perché, obiettivamente, fatico anche io a guardare tutte le partite per intero, ammesso che non mi riguardino direttamente, non siano turni importanti o non giochino gli italiani. Il mondo va verso tempi sempre più veloci, un GP di Formula 1 dura 50 minuti come la Moto GP, una partita di calcio dura poco più di un'ora e mezza, mentre il tennis dura almeno tre ore. D'altronde è il bello di questo sport, televisivamente mi rendo conto che o sei malato, talebano, oppure non è così facile seguirlo.

Il tennis oggi vive un momento cruciale, diviso tra il nostalgismo dei tempi di Federer e Nadal che non potranno più tornare e chi abbraccia il nuovo. Tu di che partito sei?

Una certezza è che si va sempre oltre. Io sono abbastanza grande da aver vissuto il momento in cui Borg e McEnroe smisero di giocare e tutti pensavamo non avremmo mai avuto una rivalità simile. Poi arrivarono Sampras e Agassi, e ancora Edberg e Becker, poi Federer e Nadal, poi Djokovic. Si supera tutto, non bisogna essere nostalgici, Youtube è lì apposta, ma è ingiusto, storicamente, fare un confronto tra epoche. Dire "ai miei tempi" testimonia il fatto che sei diventato anziano. Chiaramente le vecchie racchette tiravano più piano e quello dà più spazio ai pittori, all'arte, però anche oggi si colpisce la palla benissimo, mi viene facile pensare a Musetti.

Stefano Meloccaro a Wimbledon
Stefano Meloccaro a Wimbledon

Hai citato l'estro. Sembra che il tempo verso cui ci avviamo sia quello in cui il rigore e la perseveranza di Sinner si contrappongono al talento puro di Alcaraz. Credi in questa suddivisione?

No, perché il rigore nel tennis è imprescindibile. Nessuno da anni può sottrarsi alla disciplina ferrea. Poi Alcaraz è sicuramente un artistoide, inventa più cose di Sinner, ma direi che in una percentuale siamo 52% a 48%. Questo è un errore che abbiamo già commesso con Federer e Nadal, considerando il primo l'artista e il secondo l'operaio. Alla fine abbiamo capito che loro erano molto più vicini di quanto pensassimo, che Nadal era artista tanto quanto Federer. Ci eravamo illusi che Federer vincesse per grazia divina, per poi scoprire si allenasse più di Nadal. Entrambi odiavano la sconfitta, a modo loro e in modo diverso, e tutti e due avrebbero giocato a tennis fino a 60 anni. Sinner e Alcaraz saranno così, avranno stili diversi, ma tutti e due sono bestie di satana, se vuoi essere uno dei primi dieci al mondo devi esserlo.

A proposito della prospettiva di una crescita in popolarità, come credi che il racconto del tennis si possa allargare anche a livello televisivo?

La sinnereide o sinnerologia ci porterà ad approfondire sempre più e meglio questo sport. Chiaramente avere un italiano come primo al mondo ti porterà a seguire tornei che un tempo non avresti seguito, mandare inviati dove prima non li mandavi. Io faccio questo programma che si chiama Insider, in cui proviamo a raccontare qualcosa in più di una partita e ti assicuro che non è semplice, in un'intervista, uscire dallo schema del come hai giocato oggi e come giocherai domani, ma io ci provo sempre. Diciamo che il tennis si presta al racconto di contorno e del dietro le quinte, spero continueremo a farlo sempre di più.

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