Salvatore Nicolella, Alfonso in Rinascere: “Vi racconto chi è il vero amico di Manuel Bortuzzo”
"Rinascere" è stato un grande successo che ha emozionato i telespettatori. Il film, diretto da Umberto Marino e prodotto da RaiFiction e Moviheart, racconta la storia di Manuel Bortuzzo ed è basato sullo stesso romanzo dell'atleta paralimpico. Gli ascolti tv sono stati ottimi: "Rinascere" è stato visto da 3.509.000 spettatori con il 18.5% di share. Tra i segreti di questo apprezzamento non solo una storia coinvolgente ma anche delle interpretazioni convincenti. A sostegno della prova attoriale di Giancarlo Commare c'è stata quella di Salvatore Nicolella, nel ruolo di Alfonso Catalano, un paziente paraplegico che affronta la sua condizione da più tempo rispetto a Manuel, e che quindi lo aiuta nel duro percorso di accettazione della sua invalidità.
A Fanpage.it, l'attore giovanissimo – "Faccio 28 anni a ottobre, ma nel mio cuore ho ancora 10 anni", dice – ci racconta la sua storia e le sue emozioni. Nulla di scontato, in considerazione del fatto che per l'attore del rione Sanità di Napoli, questo è il primo film. Una felicità che condivide nel ricordo di sua nonna, scomparsa di recente.
In Rinascere sei Alfonso, paziente paraplegico che aiuta Manuel ad accettare la sua carrozzina e la sua invalidità. Un ruolo decisamente diverso dai tuoi trascorsi in Gomorra. Come sei arrivato a far parte di questo cast?
L'estate scorsa fui contattato dalla mia agenzia e mi disse che c'era un regista che voleva conoscermi.
La telefonata che ogni attore sogna, in pratica.
Esatto, però era solo un incontro conoscitivo e non mi aspettavo grandi cose. Poi quando ho visto Umberto (Marino, ndr), ho subito percepito nei suoi occhi una sensazione strana, una specie di convinzione e tornai a Napoli con una consapevolezza diversa. Infatti, fui richiamato per un altro provino e poi scelto. È stato doppiamente bello perché la chiamata è arrivata nel giorno del mio compleanno e proprio l'anno prima, un giorno prima del mio compleanno, è venuta a mancare mia nonna.
Ho visto sui social che hai dedicato questo successo proprio a lei.
E sono rimasto doppiamente spiazzato dal fatto che "Rinascere" è andato in onda proprio nella festa della mamma, perché mia nonna per me è stata una mamma a tutti gli effetti.
Perché?
Perché sono figlio di genitori separati e mia nonna è stata la donna che mi ha cresciuto, non mi ha mai fatto mancare nulla e con lei ho vissuto. Devo tutto a lei, anche il personaggio di Alfonso.
Cosa ti ha dato tua nonna nella costruzione di Alfonso?
Alcune battute, alcuni modi di fare sono gli stessi che lei usava con me. Ci accomuna una napoletanità assolutamente spontanea, viscerale.
A proposito di spontaneità. Nel film emerge una sintonia molto forte con Giancarlo Commare, ma com'è stato il rapporto con lui fuori dal set?
Conoscevo Giancarlo per SKAM Italia e per me era già strano sentirlo come un collega, perché l'ho sempre visto più esperto e devo dire che mi ha aiutato tantissimo. Abbiamo in comune il bambino che portiamo dentro. A casa sua abbiamo fatto ripetizioni, prove, mi ha dato tanti consigli utili ed è nato un rapporto d'amicizia molto forte. Sono andato a vederlo a teatro a Roma, siamo stati a cena insieme. Per me, lui è un bravissimo attore. Ha fatto un ragazzo di Treviso con un accento perfetto. Lui è siciliano e non è facile fare un lavoro del genere.
Cosa ti è stato raccontato di Alfonso e da chi?
Riguardo il personaggio, sono molto felice perché mi ha contattato il vero Alfonso sui social per farmi i complimenti. Siamo già rimasti d'accordo che ci vedremo presto per un caffè.
Ma per lavorare al personaggio ti è stata data qualche indicazione da lui in persona?
No, ho lavorato sul set sapendo della sua esistenza ma non l'ho mai incontrato. Solo in fase di conferenza stampa, Manuel (Bortuzzo, ndr) gli ha mandato un messaggio e ci siamo scambiati le prime parole.
Sai oggi dov'è e che rapporto ha con Manuel?
Lui è di Pompei e da quello che so, si vede e si sente ancora con Manuel.
Manuel Bortuzzo, invece, lo hai sentito?
Sì, proprio stamattina ci siamo sentiti e mi ha riempito il cuore di gioia sapere che gli è piaciuta tantissimo la mia interpretazione.
La cosa più bella che ti hanno detto o che ti è successa dopo il film?
Tanti messaggi, dal regista agli amici più stretti, ma la cosa più bella riguarda ancora mia nonna.
Prego.
La migliore amica di nonna, la vicina di casa, è venuta stamattina a svegliarmi, mi ha abbracciato e mi ha detto che a nonna sarebbe piaciuto molto il film. Poi mi ha salutato come mi salutava proprio mia nonna, che mi diceva ‘A Maronna t'accumpagn. Mia nonna c'è stata fisicamente anche sul set…
Con qualche oggetto portafortuna, immagino.
Esatto. I costumisti hanno deciso di lasciarmi l'ultimo regalo di nonna, il rosario che ho nel film. Anche l'orecchino è mio, me lo fece fare mio padre a dieci anni. Lo porto all'orecchio sinistro e non a quello destro, perché Maradona lo portava solo a sinistra e papà su questa cosa ci teneva.
Dopo Alfonso, cosa ti aspetti? Hai il desiderio di lavorare con qualcuno?
In questo momento sto lavorando molto a teatro. Vengo dall'accademia del Teatro Bellini diretta da Gabriele Russo, il figlio di Tato. Sono stato in scena due settimane con "Ritratto di uno di noi" scritto da Francesco Ferrara, drammaturgo allievo del nostro triennio, per la regia di Gabriele. Siamo stati in scena a dicembre e dovevamo essere tutto gennaio e febbraio, ma per lavori in corso al teatro non è stato possibile. Tra i prossimi progetti, mi piacerebbe tanto lavorare con Paolo Sorrentino. Ma a chi non piacerebbe.
Ecco, a proposito di Sorrentino e della centralità di Napoli nel cinema italiano, come vivi questo momento?
Ai David di Donatello, Napoli ha stravinto. Sono della Sanità, innamorato della mia città, del mio quartiere e porterò sempre dentro di me questo marchio addosso. Sono orgoglioso, è bellissimo tutto questo.
Come si vive nella Sanità, oggi?
Quando ero piccolo non dicevo che venivo dalla Sanità, perché fuori c'era un'idea sbagliata. Faccio parte della paranza dei ragazzi di padre Antonio Loffredo che ha lavorato al recupero della Catacombe e io questo quartiere l'ho visto rinascere. Adesso me lo vorrei tatuare che vengo dal Rione Sanità.
Qual è l'insegnamento che hai tratto da quanto è successo a Manuel Bortuzzo?
Manuel è un grande esempio di resilienza. Un esempio ad andare avanti e a superare ogni ostacolo, anche il più grande. Questo è relativo in ognuno di noi, perché tutti percepiscono la grandezza delle difficoltà a seconda dei propri valori. L'unico grande insegnamento allora è non fermarsi mai, perseverare perché prima o poi la difficoltà, l'ostacolo, sarà percepito come più facile da superare.
Vedo che non hai fatto solo cinema e teatro, ma anche un podcast: "BI – Storie di Obaba"
Con Emanuele Valenti, certo.
Ma certo: Emanuele Valenti, un grande insegnante di teatro che abbiamo anche visto nell'Amica Geniale, nel ruolo di Donato Sarratore.
Sì, con lui è stata una storia bellissima, è uno dei miei maestri. Si fece male il protagonista del suo spettacolo "Hamlet Travestie", Gabriele Russo fece il mio nome a Emanuele e io andai in scena con lui al Teatro Gobbetti di Torino con tre giorni di prove. Ero molto teso, ma alla fine è andata bene. Abbiamo ricevuto tantissimi complimenti e abbiamo continuato a lavorare insieme.
Tifoso del Napoli nella finzione ieri sera. E nella vita?
Devo darti un dispiacere…
Ahia…
Mio padre ci ha provato in tutti i modi a farmi diventare tifoso del Napoli, ma io sono sempre stato dispettoso. Sono pazzo di Francesco Totti. Ho visto tutto e conosco tutto di lui. Ho pianto tantissimo quando si è ritirato. Però, sono certamente simpatizzante e spero sempre, anche per papà, che il Napoli possa vincere uno scudetto. Ma non seguo molto, anche perché ho passato un evento traumatico legato agli Ultras.
Ti va di raccontarcelo?
È una cosa che mi ha fatto allontanare dal calcio. Era successo da poco il bruttissimo evento di Ciro Esposito a Roma. Non seguivo moltissimo queste vicende, pensavo ai fatti miei e indossavo una felpa della Roma. Mi accerchiarono, mi maltrattarono e mi tolsero la felpa. Per me, tutto questo non ha niente a che fare con lo sport. Da quel momento, ho messo un po' da parte tutto per pensare ad altro. Questo però non toglie nulla al fatto che resto sempre legato alla mia città.