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Rocco Tanica: “LOL è un gioco sadico, l’analisi mi ha aiutato a partecipare”

Rocco Tanica si racconta in un’intervista a Fanpage.it, dalla partecipazione a LOL 4 al percorso con gli Elio e le storie tese, le intuizioni di Pippo Baudo, i Sanremo con Carlo Conti, la salute mentale: “Dieci anni fa sono andato in analisi perché ero nei guai, ora lo faccio per esplorare le mie emozioni”.
A cura di Andrea Parrella
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Con la partecipazione a LOL – Chi ride è fuori Rocco Tanica ha confermato il suo talento comico. Non era necessario, diranno coloro che lo conoscevano già, ma tra le peculiarità del talent comico di Prime Video che ha spopolato negli ultimi anni c'è stata, senza dubbio, quella di fare da ponte tra generazioni e far riscoprire alcuni mostri sacri della nostra scena comica, come era già successo ad esempio per Corrado Guzzanti, Nino Frassica e Michele Foresta. All'anagrafe Sergio Conforti, perno degli Elio e le Storie Tese, Tanica è considerato un umorista tra i più brillanti, la cui firma si nasconde dietro a cimeli memorabili della musica e televisione italiana, anche se non tutti lo sanno. Lo intervistiamo quando sono solo quattro gli episodi di LOL 4 pubblicati da Prime Video (gli ultimi due disponibili dall'8 aprile ) ed è ancora in gara.

A LOL ti infliggi la prima ammonizione da solo ed è significativo: non ridi alle battute degli altri, ma alle tue sì.

In realtà nella prima ammonizione io sorrido di buon umore, perché Panariello dice una cosa e io faccio quasi un battimani. Era un sorriso sereno, non una risata scrosciante. Però anche quella è un'insidia, all'inizio tutti stanno attenti a tenere duro, ma dopo un po' ti lasci andare.

Dal montaggio pare passiate sei ore a fare battute, non è così?

Assolutamente no, ci sono anche cose che non vediamo, momenti in cui si parla, normalmente, in cui chiedi all'altro come stia il figlio. Ed è proprio lì che arriva la mazzata.

Al di là dell'essenzialità del meccanismo, LOL è uno di quei progetti che mette in crisi i meccanismi della comicità. Qual è stato il tuo approccio?

Mi difendo bene quando c'è da fronteggiare una battuta classica, riesco a prevederla, ma sono meno corazzato quando si tratta di umorismo estemporaneo, la battuta non prevista che ti strappa una risata. Io sono molto sensibile allo stupore, alla novità, temevo meno il materiale di repertorio.

Ci si allena per non ridere?

Io l'ho fatto guardando comedy italiana e straniera per un paio di mesi, cercando di farmi cogliere di sorpresa. Facevo altre cose, grafica al computer o simulazioni di volo, che sono la mia passione, mentre avevo materiale comico in sottofondo. Poi mi sono esercitato un po' a livello muscolare-facciale, cercando di resistere alle risate, col risultato di rendermi antipatico ai miei interlocutori.

A LOL nessuno sa con chi gareggerà prima dell'inizio. Eri riuscito a prevedere qualche compagno/a d'avventura?

Non ne ho beccato nemmeno uno. Avevo un terrore che per fortuna non si è concretizzato, ovvero che ci fosse Toni Bonji. Quando ho visto gli altri ho capito che dovevo comunque avere paura.

Chi ti ha messo più in difficoltà?

Chi non mi aspettavo. Per esempio Claudio Santamaria lo conosco da tempo, mi stava facendo esplodere perché a un certo punto fa una cosa totalmente inaspettata per me. Ho dovuto resistere pensando alle cose peggiori, tipo essere fucilato, o sovrappore ai volti delle persone che erano lì con me la faccia della mia prof. di matematica che mi fece convocare dalla preside perché le stavo sulle balle.

La risata è quanto di più vicino all'incontinenza e i movimenti di ventre, non a caso "si trattiene". LOL è quasi un programma controintuitivo, è questo il senso del funzionamento?

Credo il senso del programma stia proprio nella contraddizione in termini, "un programma comico in cui non c'è da ridere": in questo enunciato c'è la sua particolarità. Faccio un altro esempio, la genialità di Avanti un altro di Bonolis, al netto dei personaggi freak che lo popolano, è nel meccanismo del gioco finale in cui il concorrente deve rispondere sbagliando. Quella cosa è l'oggetto del contendere, quindi non so quali sentimenti particolari smuova, ma penso che da parte del pubblico sia una sincera forma di sadismo.

Il cast di LOL 4
Il cast di LOL 4

Nel Dopofestival di Sanremo del 2008 affidato a voi di Elio e Le Storie Tese, c'è un momento in cui ti alzi in piedi e chiedi raccoglimento per un lutto. Non dici chi è morto, ci giri attorno per un minuto e mezzo, il pubblico in studio è interedetto, poi tu chiedi di fare un applauso in ricordo di Giulio Cesare. C'è chi si alza in piedi e applaude e Pippo Baudo che si gira verso il pubblico, ridendo estasiato e chiedendo al pubblico: "ma perché applaudite?".

Sai che volevo farlo lì a LOL? Volevo provare a replicarlo, ma quando stavo per tentarlo mi sono reso conto che si sarebbe capito da subito che era una stupidaggine con risvolto comico.

Con quella battuta che obiettivo avevi? Spaesare il pubblico, o far ridere?

Creare l'effetto sorpresa. Faccio battute divisive come questa per scardinare un meccanismo che posso ritenere ipocrita. In quel caso uno dei miei scopi era prendere in giro l'usanza tipica italiana di rivolgersi a chi è appena scomparso come a un grande maestro di vita e sapienza futura. "Addio, ora insegni agli angeli in paradiso a…", questa è la formula, poi se sei uno scultore a scolpire, se sei un musicista a comporre musica, ma magari fino al giorno prima nessuno ti si fila, ma non è che sei migliorato con la morte.

Nella sacralità del lutto deve esserci anche un po' di ipocrisia.

Lo capisco, ma l'ho vista succedere così tante e disgustose volte che tra i miei desideri ci sarebbe il giorno che ci lascio le penne io e dicano: "Ciao, adesso insegni agli angeli a fare il pirla".

Torno a quel celebre Dopofestival per ricordare che celebraste anche Toto Cutugno, quell'anno concorrente, con un numero fantastico.

Non sapevamo suonasse il sax, lo abbiamo scoperto lì. Ci vedemmo al pomeriggio a fare le prove, avevamo preparato questa Isn't she lovely mixata con il suo pezzo e lui ci propose di fare il tema al sassofono.

Quando è venuto a mancare mi ha colpito che voi degli Elio non abbiate ricordato quel momento. 

In realtà credo che sia stato condiviso dai profili social della band. Di sicuro posso confermarti che in quei giorni io mi sono chiesto dove fosse tutta questa considerazione per l'artista, l'uomo, il compositore, prima della morte. Questa pratica del cordoglio e quanto ci mancherà una persona dopo che se n'è andata, è pessima.

Torniamo alla comicità. Stimolare una risata è solo una dote o anche frutto di studio?

Vale come per la musica, io sono un teorico del "non serve l'ispirazione se hai la tecnica". Se poi hai tutte e due è meglio. La maggior parte delle canzoni migliori degli Elio e le Storie Tese sono state scritte sì con l'entusiasmo giovanile e la potenza creativa, ma soprattutto con una tecnica, che può andare oltre il cuore dell'ispirazione. Solo con quest'ultima, secondo me rischi di fare buchi nell'acqua. Sono convinto che anche nella comicità ci vogliano studio e applicazione, ma serve anche sbagliare.

Per esempio?

Una battuta, alle volte, cambia anche in base a una pausa, un accento. Questa cosa l'ho imparata da Claudio Bisio, con cui abbiamo scritto materiale insieme a partire dai primi anni Novanta. Lui mi mostrava esperimenti per cui una sera prima della chiusa finale aspettava un secondo, la sera successiva ne aspettava due e l'applauso era più forte. Come assortire le parole, il ritmo della frase, sono quelle cose famose che a vederle non ti accorgi, ma sotto c'è grande studio e tecnica.

Tu sei stato prevalentemente autore comico, ma da anni sei sempre più davanti alla telecamera.

Credo che uno dei motivi per cui la gente rida alle mie battute è il non aspettarsi quella battuta da me. Chi è quello lì? Ah sì, quello che suona o suonava negli Elio e le storie tese, fanno canzoni allegre e buffe in genere. Allo stesso tempo non si aspettano che io con la faccia serissima, come nella battuta di Giulio Cesare di cui sopra, dica una cosa così. In genere io preparo il terreno affinché chi mi ascolta abbassi le difese, per poi colpire.

Musica e comicità sono apparentemente inconciliabili, come se l'una sporcasse l'altra. È un dissidio che hai vissuto o le cose sono sempre state in equilibrio?

Dato che la musica sin da bambino mi ha sempre portato buon umore, ho iniziato da subito ad associarla al sorriso. Per questo mi sono sempre state strette certe regole accademiche quando studiavo cose "serie" al conservatorio. Ricordo gli ascolti propedeutici e gli insegnanti che ci dicevano di ascoltare il requiem di Mozart, che è musica meravigliosa e immensa che a me metteva una cupezza profonda perché pensavo al significativo. Tra musica triste e allegra, scelsi la seconda, ma l'atteggiamento non era sempre gradito.

C'è stato un momento preciso in cui lo hai capito?

All'età di 9 anni, da piccolo pianista promettente vengo portato a casa di un insigne maestro che avrebbe dovuto farmi un'audizione. Io lì serissimo suono Mozart, Clementi e altre cose, poi prendo coraggio e gli dico se posso fargli sentire un mio arrangiamento jazz. Avevo realizzato una versione particolare di White Christmas di Cosby, che nella mia testa era jazz. Una volta finito questo maestro, con gelo, mi disse "sì, beh, lasciamole perdere queste stupidaggini". All'inizio ero umiliato, poi tornando a casa mi dissi che avevo ragione io e semplicemente il problema era suo, incapace di ridere.

Anche perché contemplare l'ironia rende anche più potente una cosa seria. Una volta a Sanremo, fuori gara, voi Elii eseguiste un Largo al Factotum di Giacchino Rossini in una versione censurabile, ma tecnicamente impeccabile. Il pubblico si aspettava di ridere e rimase estasiato.

Sono d'accordo, questo contrasto sottolinea la solennità. Il modo più efficace di rispondere a chi dice che una disciplina ne sporca un'altra, è realizzare opere di qualità. Con gli EELST, credo fin dal primo disco, abbiamo posto una cura quasi maniacale in arrangiamenti e struttura dei brani. Tant'è che molta gente diceva "ah se non ci fossero quei testi stupidini sarebbe grande musica". Mi sono sempre chiesto in che modo il testo stupidino facesse decadere la grande musica. Mi sono risposto che il problema è sempre stato la mancata catalogazione: le persone si spaventano quando non possono chiudere in una definizione le cose.

A LOL fai la rassegna stampa surreale che ormai ti contraddistingue da anni. Come è nata? 

Non l'ho inventata io ma Gianni Ippoliti e ci tengo a precisarlo, perché se non l'avesse fatta lui io non avrei potuto essere suo nipote artistico. Quando ho iniziato a farla io, credo nel 2008, la differenza sostanziale era usare giornali strampalati ma veri, come "Cinghialaio oggi", oppure "Io e il mio caravan". C'erano riviste per le unghie, o di lame e coltelli, era facile creare battute dai loro titoli, mantenendo il tono ufficiale da rassegna stampa. Qui a LOL è subentrato il problema dei copyright e mi hanno iniziato a chiedere di inventare i giornali. Mi sono immaginato un po' i giornali dell'epoca, che mi facevano ridere, inventando gli estremi del criminale e l'uncinetto, il giornale di gastronomia che parla solo di riso al burro. Ho fatto copertine fittizie con le mie armi e poi mi sono affidato a un grafico impaginatore (Matthew Cerpelloni).

Questa rassegna l'hai portata anche a Sanremo, la facevi a notte fonda e potevi concederti anche qualche scurrilità.

Ricordo che a Sanremo io spesso iniziavo con un giornale erotico. Una volta in copertina si vedeva una fanciulla discinta che abbraccia un ragazzo al pianoforte e io dicevo "apriamo con Le ore anal", attribuendo identità fittizie ai personaggi che apparivano in copertina, legandoli  magari ai cantanti che andavano sul palco.

Ti hanno mai creato problemi la cosa?

Dirò solo il peccato e non il peccatore, ovvero che durante quegli anni mi veniva lasciato autonomia, Carlo Conti sapeva che non avrei fatto stupidaggini, ma che avrei osato, tanto che mi diceva di non anticipargli ciò che avrei detto. Ma ricordo questo altissimo dirigente Rai che un giorno mi incontra nei corridoi vicino a un codazzo di alti funzionari e mi fa "Tanica, vediamo di moderarci con il linguaggio, perché ricordiamoci sempre che siamo su Rai1, va bene il buon umore ma ci siamo capiti". Io gli dico "sì certo, signor presidente o super imperatore (ride, ndr)". Tempo dieci minuti, lo rincontro da solo e mi dice: "Oh, vai avanti così, io non potevo non dirti quella cosa davanti a tutti".

Il tono di voce è un tratto distintivo della tua rassegna. Da dove arriva?

Io questa cosa ho iniziato a farla cercando di imitare il tono di Mentana, che noi abbiamo invitato in una sessione di registrazione per un pezzo degli Elio che si chiama "Il rock ‘n roll". È una voce con questo tono da mantra, un ritmo quasi musicale, mi ci sono appassionato.

Pippo Baudo, Carlo Conti, nomi che hanno rappresentato e rappresentano la Tv più istituzionale ma che hanno creduto molto in te e negli Elio. 

Pippo Baudo nel 1996 fece di tutto per portarci a Sanremo, ci convinse dicendoci che quello era l'anno giusto e che dovevamo proporre qualcosa di rottura. Tra le altre cose ci criticò a ragione sul titolo "La terra dei cachi".

Perché?

Ci disse che avevamo fatto un grande errore, dato che così avremmo perso un sacco di diritti SIAE. All'inizio non capivamo perché, poi col tempo è stato chiaro, molto spesso quando il brano veniva eseguito in versioni semplificate da orchestre di liscio e cose varie, lì dove si segnano i titoli dei brani per i diritti d'autore, molta gente ci scriveva "Italia sì Italia no" e non veniva riconosciuta. Ci abbiamo perso un bel po' di soldi e magari qualcuno ha scritto un pezzo chiamandolo Italia sì Italia no, nel caso gli è andata alla grande. Ma devo dire che anche a noi è andata alla grande, fortunatamente quella canzone è una piccola pensione integrativa.

Elio e Le Storie Tese
Elio e Le Storie Tese

Carlo Conti invece ti ha persino coinvolto in un talent.

Su Carlo Conti posso dire che la differenza tra lui e altri interlocutori è che insieme ci facciamo delle sanissime risate fuori scena. Con lui vado d'accordo nella vita reale, oltre che nel programma Tv. Quando sono stato in onda con lui mi sono sempre sentito tutelato da esperienza e mestiere, oltre che dall'integrità della persona. Fuori scena sento di poterci avere uno scambio umano che molte volte non è possibile.

Si parla di un ritorno di Conti a Sanremo, magari potrebbe richiamarti.

Se dovesse tornare e decidere di coinvolgermi ne sarei molto contento, ma non avrei di che lamentarmi se non lo facesse. È ovvio che si fanno scelte a seconda delle circostanze artistiche e di contesto che si presentano, non per simpatie verso una persona.

Chiudiamo con LOL. Due persone vengono ammonite perché ridono quando dici "in analisi" riferito a una gag di Panariello. Hai parlato più volte dello stigma sulla salute mentale, è un segnale positivo che si rida di questo tema?

Secondo me è ottimo che si parli di analisi e aiuto in momenti difficoltà, ma anche come integrazione di semplici norme del buon vivere. Io penso che più si tocca questo argomento, più si depotenzia lo stigma sociale, perché se vai a sciare e ti rompi un braccio, non ti vergogni a dire che ti sei rotto un braccio sciando, non vedo perché dovresti vergognarti di ammettere di avere un problema di equilibrio emotivo. Bisognerebbe arrivare a che questo diventasse una norma, affinché la gente non abbia paura di parlarne. Se non hai paura di parlarne hai meno paura di affrontarlo.

È un punto di vista sempre più comune quello dei percorsi d'analisi che non sono solo legati a situazioni d'emergenza.

Certo, uno non è che va in analisi perché è sull'orlo del collasso nervoso, può essere anche così, ma ci sono persone che vanno in analisi per esplorare il proprio potenziale creativo, persone che hanno un problema con i colleghi e cercano un suggerimento da qualcuno che sia pratico di rapporti e socialità per chiedere un consiglio.

Tu hai avuto un momento di difficoltà anni fa, una malattia è un malessere per cui hai lasciato gli Elio e le Storie Tese. Oggi continui il tuo percorso?

Io sono andato in analisi e ancora ci vado da dieci anni. All'inizio l'ho fatto perché ero nei guai, ma adesso incontro la mia analista, che so, quando devo affrontare un lavoro impegnativo. L'ho fatto prima di andare a LOL, l'ho fatto prima di andare a Sanremo. Ci vado per indagare le mie emozioni e reazioni di fronte a un evento particolare, magari partivo con l'ansia da prestazione, la mia sindrome dell'impostore, per poi uscire dalla seduta rilassato ed eccitato dalla prospettiva di una cosa che prima mi impauriva.

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