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Riccardo Iacona torna con PresaDiretta: “Siamo tra i pochi simboli di una Rai3 che non esiste più”

Ricardo Iacona torna con PresaDiretta dal 1 settembre su Rai3, di cui il programma è icona nonostante la rete non esista più di fatto: “Con la riforma dei generi ha perso identità”. Di domenica sera affronterà Fazio e Berlinguer, ex volti di un’azienda in cui lui ha scelto sempre di rimanere per un motivo preciso, come racconta in questa intervista: “Sono qui per difenderne l’indipendenza, la battaglia si fa da dentro. Nel mio piccolo mi sento un medico che sceglie di lavorare in un ospedale pubblico”.
A cura di Andrea Parrella
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Ph. Assunta Servello
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Riccardo Iacona è un volto storico della Rai. Da oltre 15 anni torna, stagione dopo stagione, con le inchieste e i racconti di PresaDiretta dal 1 settembre. Quest'anno toccherà a lui il compito arduo di inaugurare la nuova prima serata della domenica di Rai 3, che durerà di più e avrà molta più concorrenza dell'anno scorso. In una Rai che cambia molto, titoli come PresaDiretta sono certezze e Iacona, pur consapevole delle difficoltà in cui l'azienda versa e dei cambiamenti ai quali è chiamata se vuole essere davvero indipendente, spiega in questa intervista a Fanpage.it di percepire il proprio lavoro come essenziale, a maggior ragione in momenti complessi.

Quest’anno PresaDiretta cambia collocazione. Un diverso giorno di messa in onda inciderà sul programma?

I giorni incidono, naturalmente, ma dovremmo guardare la palla di vetro per capire se andrà meglio o peggio. Ogni volta che ti spostano di collocazione paghi un prezzo perché devi ricordarlo al pubblico. In più andiamo in onda dalle 20.35, orario decisamente complicato.

La domenica quest'anno diventa la serata più interessante del panorama televisivo, quasi tutte le reti avranno una proposta di punta.

È diventata una serata che non era prevedibile fosse così difficile: Fazio, Amadeus che prima non c'era, Le Iene che si spostano e persino Bianca Berlinguer che raddoppia su Rete4, oltre alle partite di Serie A e la fiction che c'erano già l'anno scorso. Ranucci ha fatto tutta la stagione scorsa alla domenica con Report, riuscendo a imporsi con il suo racconto, proveremo a farlo anche noi. Sarà una battaglia, in un palinsesto in cui non ci sono più spazi garantiti, anche il lunedì era complicato d'altronde.

Non avrete l'access a tirarvi la volata. Nei 40 minuti di anteprima vi occuperete di altri temi.

Sì, avrò la possibilità di raccontare storie che magari non avrei avuto modo di trattare in una puntata tradizionale e monotematica. Per esempio nella prima puntata parleremo dei Campi Flegrei.

Tema in un certo senso paradigmatico dell’approccio adottato da sempre in Italia rispetto alla prevenzione: finché non accade qualcosa non se ne parla. Come lo tratterai?

Con una domanda secca: visto che i terremoti non si possono prevedere e cene saranno finché il terreno continuerà ad alzarsi, cosa dobbiamo fare subito per mettere in sicurezza le case e salvare la vita delle persone che ci abitano dentro? Tutto questo per evitare che i luoghi si svuotino, come accaduto in passato in quelle zone. In questo momento c'è una situazione di totale insicurezza, fino a che qualcuno non ti dirà se casa tua può resistere o meno, non se ne esce.

E quindi cosa succede?

Succede che questa crisi è un'occasione straordinaria, per la prima volta in Italia è stato usato lo strumento della scheda Plinius per analizzare la vulnerabilità delle abitazioni su larga scala. In pochi mesi sembra sia emerso che ci sarebbero poco più di un migliaio di case che richiederebbero degli interventi. Se questo strumento è pronto dal 2000 perché abbiamo atteso tanto tempo per utilizzarlo? Nel frattempo ci sono stati i casi de L'Aquila, l'Italia centrale.

Ph. Assunta Servello
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Il tema della prevenzione, d'altronde, è particolare: non affrontare l'argomento non fa perdere consensi.

Beh sì, anche perché affrontarlo significa avere gli strumenti per farlo. Non puoi dire a qualcuno che la sua casa deve aumentare resistenza alle scosse senza soldi. Cosa faranno gli incapienti? Il nuovo Superbonus contempla le zone terremotate con la cessione del credito, perché altrimenti lì non si ricostruisce. Quando i sindaci di Pozzuoli, Bacoli e Napoli chiedono uno strumento finanziario simile, si chiedono se non vengano considerati dei terremotati di serie b.

Vi occuperete del tema casa Green, sottolineando gli altissimi costi per adeguarsi agli standard. Su questioni di questo tipo si ha sempre l’impressione che l’Italia viva di un divario incolmabile rispetto ad altri paesi europei.

Non c'è dubbio alcuno, con una certa miopia della politica che fa campagna elettorale per la difesa delle case degli italiani, opponendosi solo in Europa con l'Ungheria alla direttiva europea e a tutte quelle manovre green che dovrebbero accompagnare la transizione energetica, spaventando la gente e facendo credere agli italiani che dovrebbero sborsare un sacco di soldi. Ma alla fine come sono le case degli italiani? Costano troppo, non sono antisismiche, buttano tutta l'energia che ci mettiamo dentro. Insomma, sarebbe una straordinaria occasione di innovazione.

Si pensa spesso, forse commettendo un errore, che il lavoro d’inchiesta in Tv debba necessariamente sollevare grandi verità nascoste, ma in realtà può essere anche racconto del reale ed essere ugualmente scomodo anche se non disseppellisce ma ricostruisce.

Per noi è così da tanto tempo. Poi ovviamente se scopriamo qualcosa non lo nascondiamo, ma ci piace fare approfondimento giornalistico un po' ancien régime, come si è sempre fatto. Cerchiamo di aggiungere ai temi più complessi, cerchiamo anche uno sguardo positivo, ci chiediamo sempre cosa si possa fare per risolvere un problema di cui parliamo.

PresaDiretta sembra un programma che coltiva un modo più lento e riflessivo di leggere le cose, in contrapposizione alla frenesia che contraddistingue la Tv oggi.

Direi di sì, ma è importante che tu metta molte cose dentro a ciò che racconti. Lo schermo deve vibrare quando andiamo in onda.

Ti senti di rappresentare una Tv di resistenza?

Sì, nel senso che noi non accettiamo di cambiare, facciamo questo di mestiere perché pensiamo che il pubblico abbia bisogno di una informazione più pensata. Noi già siamo in un flusso di informazione continuo ma non capiamo nulla di quello che ci succede attorno ed è proprio nella velocità dell'informazione che può esserci il dolo. In questo paese hai la sensazione che si parli di tutto, ma così si corre il rischio di non parlare di niente.

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Rai3 è un tema, è opinione comune che l'identità di rete si sia impoverita nelle ultime due stagioni. Da volto storico come leggi questa cosa e che opinione hai?

Il pubblico non se n'è ancora accorto fino in fondo, ma la terza rete non esiste più. Esiste come segnale inviato e perché ospita programmi storici, come noi, Report e Chi l'ha Visto?. Ma non esiste più un direttore di rete, la riforma dei generi ha, nella forma e nella sostanza, eliminato la rete. Ora tu nella terza rete non vedi uno sguardo d'insieme e questo, soprattutto su Rai3 che è sempre stata una rete fortemente identitaria, pesa tantissimo perché non c'è un palinsesto coerente a questa identità fortissima.

Pesa anche il fatto che molti volti importanti della rete hanno deciso di andarsene.

Questo è ovvio, la rete è tecnicamente depauperata. Non avere Fazio sulla terza rete significa meno terza rete. Non avere Gramellini è una perdita, la Berlinguer è andata via. La questione è tecnica. Sento ancora oggi dirigenti della Rai parlare di questa riforma come un errore, io penso sia stato un peccato. Il rapporto che la gente ha con la Tv è di amore, prima che politico. Se non può riconoscersi in una rete, come fa?

Poi c'è il controllo della politica.

Quello c'è stata prima e c'è ancora adesso. Finché non si farà una vera riforma della Rai che tolga la cinghia di trasmissione tra il governo e la governance, consegnandola a una fondazione, ad esempio come accade per la BBC, eliminando la commissione parlamentare di Vigilanza che credo esista solo in Italia, non cambierà molto. Con questa legge qui la Rai soffrirà, perché è un'azienda che vive di indipendenza e autonomia.

È uno scenario che vedi possibile?

Più che altro necessario, perché ce lo chiede l'Europa, altrimenti andiamo in infrazione. Finché ci sarà una Tv pubblica almeno, sennò facciamo la fine dell'Ungheria e della Polonia dove la televisione pubblica è stata sottomessa al governo. Uno dei motivi, forse il principale, per cui io sono in Rai è proprio quello di marcarne autonomia, indipendenza e libertà. È qui che va fatta la battaglia, nel mio piccolo mi sento come un medico del servizio sanitario nazionale che potrebbero andare a lavorare nel privato ma pensa di svolgere un ruolo politicamente più importante. Negli ospedali la partita è l'universalità della cura, in televisione la democrazia, il pluralismo.

Questo è un periodo in cui c'è la sensazione che la reputazione dell'intera azienda sia in difficoltà. La reputazione richiede tantissimo tempo per essere costruita e un attimo per crollare.

Il rischio è sempre quello, la competizione è enorme e la reputazione non dico che sia tutto, ma una componente fondamentale per un'azienda, vale per quelle che producono merendine e a maggior ragione per la Rai che è chiamata a produrre informazione onesta, che non avveleni l'acqua dei pozzi, che deve essere un punto di riferimento attorno al quale cresca la partecipazione democratica, non diminuisca.

PresaDiretta ha allevato molti volti che poi hanno prese delle strade proprie, penso a nomi come Iannacone, Ruffo. Una dinamica simile a quello che a te è accaduto con Michele Santoro. Questo lavoro è fatto di un patrimonio che si trasferisce e comporta distacchi, magari anche traumatici.

È sempre così, queste redazioni sono botteghe artigianali. La nostra in 15 anni ha avuto tante persone che hanno fatto carriera altrove portando il loro saper fare. Questo è ciò che bisogna fare, sono quei pochi posti in cui si coltivano giovani personalità.

Quando ti capita di doverli lasciare andare l'orgoglio prevale sulla sofferenza?

Mi sento un po' un docente, chiaramente un po' mi dispiace e un po' sono contento. Poi si va avanti, si accolgono nuove persone e va detto che anche io imparo molto da loro.

Presadiretta e Report tornano a passarsi il testimone nella stessa serata. C’è concorrenza tra voi?

No assolutamente, anzi. Quando è nata Presadiretta esisteva già Report con Milena Gabanelli, lei faceva un certo numero di puntate l'anno e il direttore Ruffini ci chiese di costruire un programma che potesse alternarsi. Lo abbiamo sempre fatto senza problemi, anche perché abbiamo tagli diversi, noi facciamo meno denuncia e investigazione hard, più attraversamento della realtà, contesto economico e sociale, più storie e meno fatti. Non abbiamo mai litigato, né con Milena né con Sigfrido, ma solo collaborato. Sono contento di tornare da domenica in alternanza, cosa spezzata l'anno scorso. Sono solo preoccupato da questa domenica assai complessa molto più dell'anno scorso: la sfida per entrambi sarà ancora più difficile.

Al lunedì vi subentrerà Massimo Giletti. Che idea hai?

Gli auguro di fare un programma completamente nuovo, pare si tratti di un progetto che alternerà spunti giornalistici a talk, ma spero in un grande successo perché è importante che la Rai faccia i numeri. Giletti è un narratore, se trova la chiave giusta avrà le soddisfazioni personali che merita.

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