Pier Luigi Pasino: “Il mio Enrico Poët è un uomo rivoluzionario, dovrebbero essercene di più anche oggi”
Pier Luigi Pasino interpreta Enrico Poët nella seconda stagione della serie La legge di Lidia Poët, arrivata il 30 ottobre su Netflix, che ha già scalato le classifiche della piattaforma. Attore di teatro, dove ha maturato un'esperienza ventennale, è arrivato sul piccolo schermo dando voce a personaggi di altro tempo e facendosi portavoce, con le storie raccontate, di istanze importanti ancora oggi. D'altronde è quello che succede anche con questa seconda stagione in cui, ancora una volta, si parla di diritti delle donne e di come siano gli uomini a doverle sostenere affinché possa esserci un cambiamento vero. Un ideale di cui Pier Luigi Pasino si fa portatore anche nel quotidiano, intanto, tra un progetto e l'altro non abbandona la sua prima grande passione, la musica, che ha portato anche sul set, scrivendo e cantando un pezzo con Matilda De Angelis.
L'arrivo di questa seconda stagione è stato ben accolto dal pubblico. Siete saliti subito in Top Ten, sintomo che avete fatto un buon lavoro.
Sin dalla prima stagione abbiamo avuto dei riscontri molto positivi, ma nulla è mai scontato. Ci aspettavamo che le persone che ci avevano seguito, continuassero a seguirci. È stato bello rivedere tutto questo calore, considerando i due anni trascorsi dalla prima stagione.
C'è stata una virata, decisiva, di questa seconda stagione rispetto alla prima. Possiamo dire che siete riusciti a trovare il tono giusto da seguire?
Merito degli sceneggiatori che hanno costruito una storia che, come si dice in gergo, non è solamente verticale, ma anche orizzontale. Ci sono più casi che si aprono e si chiudono, puntata dopo puntata, ma c'è anche un caso più impegnativo che abbraccia tutti e sei gli episodi e ti tiene con il fiato sospeso. Aggiungerei che le relazioni con i nostri personaggi si sono approfondite, la nostra conoscenza ci ha fatto gioco dal punto di vista umano. Sono arrivati poi nuovi innesti come Gianmarco Saurino, che si sono sposati perfettamente con il clima che avevamo creato.
Possiamo dire che Enrico Poet, il tuo personaggio, è il vero uomo rivoluzionario della serie?
Stavolta compie un atto davvero rivoluzionario, epico, fa un passo indietro rispetto alle sue ambizioni perché capisce di poter entrare in un disegno molto più grande. Traghettare la sorella verso il suo obiettivo significa consentirlo anche a tutte le donne dell'epoca. Sarebbe bello che fosse un'idea propria anche dell'uomo contemporaneo. Le lotte femminili se non prevedono un cambiamento da parte dell'uomo, diventano ancora più difficili.
Non è necessaria una serie per comprenderlo, ma il fatto di interpretare un uomo dell'800, ti ha fatto riflettere su come fosse la normalità il fatto di non considerare le donne degli individui degni di diritti?
È stato molto difficile, essendo figlio del mio tempo e vivendo secondo i miei principi, che applico in tutti i campi, non solo quando si parla del genere femminile. Però è anche il bello del mio mestiere, toccare punti inesplorati della propria anima, ognuno di noi ha qualcosa di bello e di brutto. Purtroppo, devo dire, che ho trovato molti punti in comune con l'uomo di oggi. La cronaca ce lo insegna, malgrado la tecnologia, i passi avanti, spesso si torna indietro e attraverso un piccolo prodotto di intrattenimento possiamo cambiare la percezione della società in cui viviamo, attingendo dal passato e utilizzarlo come strumento di coscienza per il presente, se non per il futuro.
Sei papà di una bambina, ti spaventa l'idea di farla crescere in un mondo in cui esistono ancora problemi di questo tipo?
Sono una persona molto positiva, per certi versi anche ingenua, quindi non sono spaventato. Ovviamente mi preoccupa come si evolverà il mondo, ma ho grande fiducia nell'essere umano. Per questo parlo sempre dell'uomo, perché spero che il cambiamento possa essere lì. Il mio compito è quello di creare una narrazione di un certo tipo del mondo, che metto in atto con i miei gesti, le mie parole, in modo che possano contaminare in primis lei e le persone che mi circondano per creare quel mondo di cui parliamo.
Nel quarto episodio ascoltiamo un brano, Lidia, che avete scritto e cantato tu e Matilda De Angelis. Come è nata l'idea di giocare con la musica, anche nella serie?
È un regalo reciproco che ci siamo fatti. È una cosa nata dal divertimento, dalla voglia di condividere insieme qualcosa di bello e regalarlo alla serie, senza che ci fosse alcun progetto prima. Ci siamo detti, io e te cantiamo, la musica è la nostra passione primaria, facciamo qualcosa insieme. Quando la produzione l'ha sentita se n'è innamorata, soprattutto Letizia (Lamartire la regista ndr.) l'ha messa in un punto topico, ma non ce lo aspettavamo. Quando l'ho vista, su quella scena lì, che è stata l'unica provata prima delle riprese, mi sono commosso, è stato un momento bellissimo.
È arrivata prima la musica o la recitazione? Per la serie "è nato prima l'uovo o la gallina"
Un po' tutto insieme, la musica è nata prima perché da ragazzino era una delle poche attività, insieme allo skate e i graffiti. Vengo dalla provincia quindi tutto quello che era americano negli Anni 90 per me era oro colato. Mi innamorai del punk e così ho iniziato a fare musica. Ero in tour con la band che avevo all'epoca, con un furgone sgangherato in giro per Svizzera, Germania, Italia. Per due anni avevo fatto il provino per il DAMS ma senza successo, finché un giorno mi chiamano e mi dicono che dovevo fare una selezione, sono andato e così ho iniziato a fare l'attore.
Però, poi, ti sei dedicato alla recitazione.
Per un po' di tempo ho accantonato la musica, a 33 anni poi ho ripreso in mano la chitarra, sono uno che si appassiona alle cose in maniera maniacale. Ad un certo punto avevo bisogno di uno stop dalla recitazione, ho iniziare e lì è ripartito tutto, così ho capito che era una cosa che mi faceva bene e che non avrei potuto lasciare. Ho iniziato un progetto di cantautorato italiano, adesso uscirà un disco.
Che, poi, in Italia c'è sempre questa difficoltà nell'incasellare un artista che si esprime su più fronti. Non trovi?
Succede spessissimo. Però penso una cosa, quando uno le cose le fa e le fa bene, le fa belle ti possono dire quello che vogliono, ma quelle cose parleranno da sole.
Vent'anni di teatro, lavorando anche con compagnie importanti come Carrozzeria Orfeo. Cosa ti è rimasto del lavoro sul palco una volta arrivato sul set?
Ringrazio non so se il destino, Dio, che nel mio piccolo mi ha fatto arrivare dove sono e mi ha dato l'opportunità di farmi conoscere anche passando all'audiovisivo. Però, già con il teatro ho avuto la fortuna di recitare tanto, sperimentare personaggi, conoscere la drammaturgia, confrontarmi, è stato una palestra. Da lì ho imparato un certo tipo di rigore che non tutti hanno.
Tra l'altro, a proposito di uomini rivoluzionari, hai anche interpretato Giuseppe Mazzini in Mameli. Avrai qualcosa che ispira rivoluzione.
Dicono che ho la faccia antica, forse è per non dire che sono brutto (ride ndr.) Poi mi dicono anche che sono elegante, non che mi ci senta, ma evidentemente sarà così.
Leggevo che da qualche tempo ti fai seguire da un life coach, mi interessava capire la necessità di porci le giuste domande. Pensi che, troppo spesso, finiamo per porci le domande sbagliate?
Potrei essere testimone di questa cosa, però ogni volta che dico che ho imparato, poi il giorno dopo ho disimparato, quindi direi che ho imparato ad imparare. Ho capito che nei momenti difficili sono abituato a condannare i miei difetti, a dirmi che non sono abbastanza che non faccio le come andrebbero fatte, che non riesco a raggiungere degli obiettivi. La questione non credo sia fare le scelte sbagliate, ma non vedere le infinite possibilità che abbiamo, in tutto, anche nelle relazioni, abbiamo sempre la possibilità di scegliere.