Per Ettore Andenna oggi ci sono Radio Liscio e la pollicoltura: “La tv non è più fatta per il pubblico”
Abbiamo cercato di capire dov'è finito Ettore Andenna, milanese, classe 1946, conduttore televisivo e radiofonico e lo abbiamo trovato, telefonicamente, in un paese del Monferrato di 16 abitanti, attivo più che mai, da poco coinvolto in un'avventura radiofonica, a base di liscio. Ettore Andenna, ha avuto una lunga carriera televisiva, ma il suo nome è legato soprattutto a due programmi: La bustarella, trasmessa da Antenna 3, e Giochi senza frontiere, molto popolare tra gli anni '70 e '90, di cui ha condotto per la RAI 12 edizioni, di cui 7 estive, 3 natalizie e 2 invernali. “Sono quello che ne ha fatte di più al mondo", irrompe come un uragano, "103 puntate, con grande invidia di quello che io chiamo il Pippo Baudo portoghese, che si è fermato a 102”.
Tu, nel 1972, eri già un celebre conduttore radiofonico a Radio Montecarlo. È vero che chi ha fatto bene la radio farà bene anche la televisione? Sembrerebbe di sì, vista la tua esperienza, o non è così scontato?
Non è così scontato, perché ci sono tempi differenti. Mi ricordo quando cominciai a fare le trasmissioni per i ragazzi, nel 1972, con la mitica Scacco al re: Cino Tortorella, nelle prime due puntate, mi riprese perché spiegavo tutto: “Ettore, lo vediamo che stai alzando il dito indice della mano destra. Non hai bisogno di dirlo. C'è la televisione che lo riprende”. In televisione infatti non devi creare delle immagini con la voce perché te le fornisce la telecamera. Devi avere un altro tipo di approccio o di animazione.
Silvio Berlusconi ha scherzosamente ricordato, parlando con te degli esordi di Canale 5: “Nel marzo dell'82 ti ho mandato addosso i primi James Bond. Vincevo in tutt'Italia, ma non riuscivo a levare 1000 telespettatori a La Bustarella”. Queste parole sono una sorta di Oscar al merito, non trovi?
Assolutamente sì. Me lo disse in faccia. Era il 4 aprile 1997 e a una cena politica a Torino venne a sedersi davanti a me. Mi disse: "Ho solo mezz'ora, poi devo scappare a Milano". Rimanemmo tre ore a chiacchierare. Si mise anche a raccontare e sentire barzellette. Sono state tre ore deliziose, con tutti i deputati imbizzarriti, perché volevano parlare con lui e invece era impegnato con me. Fu proprio in quell'occasione che mi disse anche che, secondo lui, La Bustarella fu la “Cro-Magnon” di tutte le trasmissioni delle televisioni private che seguirono dopo.
Negli anni'80, sei stato eurodeputato, eletto con il partito socialdemocratico. Qual è il tuo bilancio su questa esperienza politica?
Intanto è colpa mia se hanno introdotto la legge sulla par condicio. Nel 1984, molti politici si inca***o: "Lui adopera la televisione, non è giusto. Gli spazi televisivi devono essere uguali per tutti". Alle elezioni del 1983-1984 sono stato il primo dei non eletti. Nel 1986 il presidente del partito socialdemocratico Franco Nicolazzi, rispettando lo statuto del partito, che sosteneva che un deputato non poteva avere due incarichi, obbligò Renato Massari a dimettersi. Mi ritrovai al Parlamento Europeo. La presi molto seriamente: frequentavo tutto. Ho anche due "mie" leggi europee: "Televisione senza frontiere" che codificò tutte le televisioni europee e quella sui mezzi finanziari e le risorse per poter promuovere tutte le attività delle Commissioni del Parlamento Europeo. Sono orgoglioso.
Perché hai abbandonato la tua carriera politica?
Nel 1989, Biagio Agnes (giornalista e direttore generale Rai fino al 1990, ndr) mi disse: "Se non ti ripresenti, ti faccio un contratto per la Rai". Ci pensai su e mi dissi: "Vado a rifare quello che ho fatto per 20 anni o vado avanti a fare quello che sto facendo da tre anni? Optai per la prima scelta. Se fossi rimasto al Parlamento Europeo, e di pressioni ne avevo, oggi, probabilmente, avrei un ruolo piuttosto importante.
23 anni dopo l'ultima puntata, andata in onda nel giugno del 1984, sei tornato a condurre su Antenna 3 "La Bustarella”. Dopo 13 puntate, lo spettacolo fu sospeso. Tu dichiarasti: "Non so se sono il più giovane della vecchia guardia o il più vecchio della nuova. Vivo in una sorta di limbo". Oggi sei riuscito a risolvere questo dilemma?
Fui io che la feci sospendere. Per il resto, per forza di cose, davanti a me ci sono solo Pippo Baudo e Claudio Lippi, quindi comincio a essere il più giovane della vecchia guardia che si chiude praticamente con me. Poi qualcuno si sta avvicinando parecchio e questo qualcuno è Gerry Scotti.
Sei considerato dagli esperti di storia della televisione uno dei padri nobili della televisione libera italiana. C'è di che essere fieri, non ti pare?
Assolutamente. Con grande dispiacere perché io mi considero l'ultimo dei moicani, nel senso che sono il sopravvissuto di quelli che io chiamavo i magnifici sette di Antenna 3 e Telealtomilanese: Renzo Villa, Enzo Tortora, Beppe Recchia, Cino Tortorella, Lucio Flauto, Enzo Gatta e il sottoscritto. Giorni fa si è svolta la festa per i 47 anni di Antenna 3 e io ho pregato di esimermi. Mi mette un'enorme tristezza fare la commemorazione di quello che è stato. Sono però orgoglioso di una cosa: noi abbiamo cambiato il modo di fare la televisione in Italia.
Tu, a un certo punto, hai scritto un pepato e ficcante post, sul forum di Aldo Grasso, in cui lamentavi l'ormai cronaca assenza della meritocrazia, che sta ormai alla base delle scelte televisive.
Aldo Grasso mi rispose: "Ettore, non se ne deve crucciare, perché lei non può far parte di questa televisione. Lei è a un altro livello". Critico anche lui, quindi, sulla trasformazione della televisione che oggi, effettivamente, c'è stata. È divertente: è sempre il pubblico che decide e, in questo momento, il pubblico la sta penalizzando.
Che cosa non ti piace, della televisione di oggi?
Che non è più fatta per il pubblico, ma per far guadagnare i produttori. Non c'è la ricerca di quello che vuole il pubblico. Non c'è più l'identità della televisione italiana. La tv inglese ha una sua identità così come quella francese e tedesca. Noi l'abbiamo persa totalmente. Questo sta allontanando il pubblico dalla televisione. Negli ultimi 5 anni Rai e Mediaset hanno perso 10 punti di audience: un’enormità. Soprattutto i giovani non la vedono più anche perché la rete ti dà una scelta vastissima.
Ora nel tuo presente c'è Radio Liscio…
Esatto. Mi sto divertendo moltissimo da 8 mesi. Tutti i giorni, due ore in diretta. Intanto, la soddisfazione è quella di ricordarsi come si fa: le due ore volano, ho la possibilità di scegliere le cose che voglio io, ho carta bianca. Non so quanto durerà perché oggi non trovi neanche più gli sponsor. Le televendite hanno rovinato il mercato.
Ettore, tu vivi nel Monferrato. È vero che ti sei occupato anche di pollicoltura?
Sì. La famiglia ha un allevamento di polli, biologici, a terra. Figurati che quando si bagnano, mia moglie li va ad asciugare con l'asciugacapelli. Vedi un po' tu. Lo gestiscono i due figli grandi, Giovanni e Giaele, e sono bravissimi. Hanno già ricevuto due volte un premio come miglior prodotto del Piemonte. Poco fa sono arrivati 30mila pulcini.
C'è ancora qualche sogno, nel cassetto di Ettore Andenna? E se sì, quale?
No. La soddisfazione l'ho avuta quando, considerandomi già in pensione, completamente dimenticato, a novembre dello scorso anno, un “pazzo” scatenato, nonché signor regista di Mediaset e Sky, mi disse: "Sto facendo una radio. Ci stai?". Gli ho detto di sì. La soddisfazione è rendermi conto di ricordarmi ancora come si fa. Se mi arrivasse qualche proposta mi piacerebbe misurarmi. Non mi sento decrepito. Ti sembra logico che, negli ultimi 10 anni, non ci sia stato il proprietario di una tv locale che non abbia pensato: "Magari prendo Andenna, che con la sua esperienza mi aiuta". No, tutti vogliono fare Mediaset o la Rai.
E perché proprio il proprietario di una tv locale?
Le tv locali americane sono le regine, e fanno quello che facevamo noi quasi 50 anni fa. Fanno sperimentazione. Le televisioni importanti hanno uffici in cui le guardano. Se viene fuori un’idea che funziona, gliela comprano. Sono soldi che permettono alle televisioni locali di esistere e di andare avanti e nello stesso tempo di essere una fucina di idee per le grandi tv. Questo, in Italia, non è mai successo. Non c'è una visione del locale, che invece è importantissima perché l’Italia non è solo le grandi città, ma è soprattutto la provincia.