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Paola Turci: “Con Francesca Pascale sono felice, per la gente ‘lesbica’ è ancora un’offesa”

Paola Turci si è raccontata in una lunga intervista a 7, l’inserto del venerdì del Corriere della Sera: “Non mi sono mai definita attraverso la sessualità. C’è chi usa la parola lesbica ancora come un’offesa”.
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Paola Turci si è raccontata in una lunga intervista a 7, l'inserto del venerdì del Corriere della Sera. Ora è una persona completamente differente rispetto a quella che esordì negli anni '90, una persona felice accanto a Francesca Pascale: "Siamo io, lei e i nostri undici cani. La gente continua a dire ‘lesbica', come fosse un'offesa. Invece è un aggettivo".

Le parole di Paola Turci

Paola Turci e Francesca Pascale hanno compiuto da poco il primo anno di matrimonio. La vita insieme è più dolce. Il ricordo della prima volta che ha pensato a lei: "Non m’incuriosiva, poi un giorno leggo una sua intervista su Il Fatto Quotidiano , di Francesca Fagnani, e rimango colpita. Quello che dice sui diritti, sulle ingiustizie. Al che la cerco su Instagram dove lei era arrivata da poco per cercare me, mi seguiva come cantante". Poi sulla sua sessualità:

Mai definita attraverso la sessualità. Ho avuto molti uomini, eppure nessuno mi ha mai detto con accezione negativa: sei etero. Mi dicevano che sembravo lesbica per via dei muscoli e della voce bassa. In quel momento stavo con uomini: fidanzata, sposata. La gente continua a dire lesbica come un’offesa, invece è un aggettivo.

Il ricordo dell'incidente

Paola Turci ricorda il grave incidente che le causò gravi ferite e il volto parzialmente sfigurato. Era il 15 agosto del 1993 quando, al volante della sua Saab 900 Cabrio, rimase vittima di un grave incidente sulla Salerno-Reggio Calabria.

Ho un vestito corto nero, e i capelli liscissimi, appena fatti. Guido la macchina della mia amica. Aspetto la telefonata di mio padre: guardo e riguardo il telefono, finché non mi accorgo che è spento. Da lì smetto di guardare la strada. La macchina sbanda, io riesco a riportarla in strada, sbatte contro il guardrail, si cappotta due volte. In quegli istanti penso: “sono atletica, basta che accompagno le botte. Appena la macchina si ferma sento i capelli tranciati di netto. La prima cosa di cui mi accorgo. I miei capelli lunghi non ci sono più. Le voci della gente. Qualcuno dice: “Paola Turci, è Paola Turci”. Io non riesco a aprire gli occhi. In ospedale sento gli infermieri avvisare i medici: “c’è una ragazza nera”. Mi avevano scambiato per una ragazza nera, credo perché non si vedeva niente. Il viso era aperto, c’era tanto sangue.

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