Paola Cortellesi: “Sognavo sale piene, emozionate. È successo raccontando i diritti delle donne”
In un'intervista a Walter Veltroni sul Corriere della Sera, Paola Cortellesi si racconta parlando del suo film C'è ancora domani, del successo inaspettato avuto dal pubblico e dei cambiamenti che spera di vedere nei prossimi anni nella società, in primis per tutto ciò che riguarda la violenza sulle donne. E se potesse mai incontrarsi bambina direbbe: "Di non preoccuparsi mai se quello che fa non piace proprio a tutti. Io all’inizio mi nascondevo, ero invisibile. Non amavo gli exploit. A Paoletta direi “È giusto quello che pensi sia giusto".
Paola Cortellesi e il suo augurio per il nuovo anno
L'augurio di Paola Cortellesi per il 2024 che è ormai alle porte, riguarda ovviamente le donne: "Che ne vengano difesi i diritti" e continua soffermandosi sull'importanza che ogni singola parola ha avuto nell'affermare la propria autonomia:
La grandezza dell’approccio che le donne hanno avuto nelle loro battaglie fa sì che le loro conquiste non si presentino mai come obbligo per l’individuo, ma come possibilità per ciascuna. Per fare in modo che milioni di persone di sesso femminile non fossero costrette ad andare avanti nella vita “come se niente fosse”, si è stabilito, dopo dure battaglie, che potessero scegliere.
Nonostante le battaglie e i risultati, ottenuti con fatica, i femminicidi continuano e in ogni parte del mondo: "Sono il segno di un’idea di possesso maschile che è dura a morire. Però, specie dopo l’assassinio di Giulia Cecchettin, ho visto dei segni importanti di risveglio della coscienza, specie tra i giovani. Nelle manifestazioni c’erano tante ragazze, ma anche tanti ragazzi che si stanno mettendo in discussione. Mi sembra che si stia imparando a coltivare le parole giuste e lo si faccia insieme, donne e uomini".
Cosa voleva comunicare con C'è ancora domani
L'intento di C'è ancora domani è sempre stato, quindi, quello di poter parlare in maniera schietta, senza fronzoli e retorica, di chi non ha mai avuto la possibilità di far valere davvero i propri diritti, in un mondo che sembrava scritto senza la possibilità di poter essere cambiato:
Volevo raccontare i diritti delle donne. In particolare di quelle donne che non si è mai filato nessuno. Ho ascoltato tanti racconti di nonne e bisnonne che hanno vissuto quel tempo. Per questo il film è in bianco e nero, perché quando loro parlavano io le immaginavo così, le loro storie. Storie raccontate con disincanto, quasi con fatalismo. Nella mia vita ho dato voce, da attrice, a donne gigantesche come Nilde Iotti o Maria Montessori. Ho voluto invece raccontare nel film la vita delle donne a cui è stato fatto credere di essere delle nullità, a cui, nella vita, non è mai stata data una pacca sulla spalla. Per parlare di loro non ho scelto un tono drammatico, il registro è ironico, talvolta surreale.
Un successo come quello ottenuto dal suo primo film è stato totalmente inaspettato, sperato certamente, ma il fatto che sia arrivato ad essere tra i film più visti nella storia del cinema italiano è un risultato più che significativo: "Speravo che si diffondesse, magari crescendo nel tempo, un’emozione. Quello che sognavo erano sale piene e grande partecipazione emotiva. Quando lo abbiamo scritto, con Giulia Calenda e Furio Andreotti, ci siamo detti quanto fosse perfetto l’ equilibrio tra i registri ne “La vita è bella” di Roberto Benigni, un film che ho molto amato proprio per la capacità di raccontare la più spaventosa tragedia dell’umanità attraverso la leggerezza. Essere lievi non significa togliere gravitas al dolore, per me". Che, poi, è sempre stato quello che lei cercava nei film
Cercavo quelli che mi sapevano toccare il cuore, anche facendomi male, e che mi regalassero dei dubbi. Perché il dubbio è libertà, ed è sempre un dono. Il dubbio è il veleno di ogni dittatura. Con il cinema si può e si deve sperimentare, per creare un linguaggio e cercare un confronto.
L'ironia, il grande insegnamento di suo padre
La sua famiglia è sempre stata al suo fianco in questo percorso nella recitazione, una scelta non ordinaria, sebbene sin da ragazzina lo spettacolo fosse nelle sue corde, con le sue performance nei pianobar. Poi, una volta iniziato a studiare teatro tutto è cambiato e Paola Cortellesi ha trovato la sua strada. Se il padre, mancato qualche anno fa, potesse stare al suo fianco oggi, le direbbe una cosa molto semplice: "Bella di papà. L’esistenza di mio padre mi ha illuminato la vita. Mi ha insegnato che ridere è una cosa seria. Mi ha insegnato l’umorismo e l’autoironia che mi hanno sempre salvato".