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Nek: “A 50 anni sono ripartito, ho deciso che non volevo chiudermi in una comfort zone”

Il cantante non è più solo un cantante. Da mesi si è messo alla prova in Tv e il suo Dalla strada al palco riscuote successo. Lui, dal canto suo, racconta a Fanpage.it questa nuova fase: “Se non si fa adesso la roba che si vuole fare per il piacere di farla, allora quando? L’importante è avere entusiasmo”.
A cura di Andrea Parrella
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Dalla strada al palco, dalla musica alla Tv. Nel percorso professionale di Nek questi due aspetti ormai coesistono e, con il ritorno del suo show di prima serata dedicato agli artisti di strada (Dalla strada al palco è in onda al martedì sera su Rai2) il cantante ricalca su questa traiettoria della sua carriera. A 51 anni Filippo Neviani ricomincia, è ripartito, portandosi dietro il suo bagaglio ma disposto a mettersi in gioco e ora si racconta in questa lunga intervista a Fanpage.it, per parlare del programma, della strada fatta fino ad ora, di quella ancora da percorrere.

Questa è la seconda edizione di Dalla strada al palco. Cosa avete conservato del successo della prima stagione?

Sicuramente c'è una sacralità del programma che non si tocca. Cambia in piccoli dettagli, ad ogni fine puntata vengono decretati tre artisti di strada che si aggiudicano la finale, la sesta puntata. C'è un periodo diverso di messa in onda, l'anno scorso eravamo in estate, un momento della stagione in cui la maggior parte dei programmi televisivi aveva chiuso il proprio corso, mentre quest'anno ci sarà una concorrenza forte e la rete ha pensato questo contenitore potesse intrattenere il pubblico anche in primavera.

Il tuo programma è stato simbolicamente il primo della gestione Coletta alla direzione Intrattenimento. Il fatto che sia stato confermato rappresenta una responsabilità?

Ci ho pensato, la mia responsabilità è quella di essere un buon tramite tra gli artisti che si mettono in gioco in un terreno più complesso di quello quotidiano, rapportandosi a una vastità di persone ben più ampia di quella che solitamente li guarda in strada. Mi preoccupo di creare empatia con ogni singolo artista, che è il nocciolo del programma. Prima dell'artista ci sono l'uomo e la donna che li rappresenta. Ci sono scelte, decisioni. Io ho la responsabilità di essere un buon padrone di casa e metterci tutto il calore che posso. La mia vita professionale è vicina a quella di molti tra questi talenti e cerco di essere un buon punto di congiunzione tra loro e il pubblico caloroso di Napoli, che è un'altra novità rispetto alla scorsa edizione che era stata realizzata a Roma.

Dalla strada al palco, che è anche in vendita all'estero, nasce da un'idea di Carlo Conti. È stato presente nel dare forma al programma, o ti ha lasciato totale libertà?

Sono stato totalmente libero di essere me stesso in un contesto formulato nel dovuto tempo e con le persone di fiducia di Carlo. Ricordo la sua telefonata di mesi fa, molto prima dell'edizione inaugurale, mi disse che aveva proposto questa idea a Coletta presentandola proprio come il programma adatto a me. Ha visto in me questa empatia, il fatto di conoscere l'ambiente, la capacità di saper entrare in rapporto di comunanza con gli artisti. Questa cosa mi rende felice, credo il programma se lo meriti ed è un modo nuovo per far conoscere un universo che esiste da tanto e che io, personalmente, non conoscevo. Quante volte abbiamo visto queste persone esibirsi in strada e quanti pensieri abbiamo avuto nei loro confronti? Posso dirti con certezza che la maggior parte di queste persone è felice e molti di loro mantengono una famiglia con questo lavoro.

Questa esperienza ti ha portato a guardare con occhio diverso questi artisti?

Una volta ero più indifferente, oggi faccio più fatica. Mi accorgo di più di certe realtà e sono io stesso ad andare in strada, come è successo a Napoli in questi giorni.

Nel percorso di formazione da conduttore avevi detto di guardare a dei riferimenti, parlando di Morandi e anche di Baglioni. Sono queste le tue coordinate?

Baglioni l'ho citato perché è stato l'ultimo, a livello temporale, che si è anche dedicato a un ruolo diverso su uno dei palchi più importanti d'Italia. Questa cosa ha aperto un po' la speranza in noi cantanti, ovviamente con un livello differente perché il paragone nemmeno si fa. Morandi ha invece una versatilità che suscita in me ammirazione pura. Non so se posseggo queste doti, la seconda edizione di questo programma può essere un indizio, ma io non smetterò mai di provare a uscire dalla comfort zone. Io sono abituato a salire sul palco e cantare, ci sono le prove ma quando sei lì c'è poco da fare, buona la prima. Mi piace l'esperienza di un programma in diretta, di governare spazi che solitamente non mi appartengono, mi piace l'idea di scaldare l'ospite, sapendo che sono stato dall'altra parte. La prova vera è quella e io sto imparando. È un lungo tragitto come lo è stato la musica, che faccio da 30 anni. Spero di poterne riuscire a trascorrerne altri 30 facendo anche altro e non solo musica. I nomi che ho fatto sono delle tracce da seguire.

Il tuo nome completo, Filippo Neviani, viene sempre più affiancato a Nek. Se il tuo pseudonimo in musica è indelebile, c'è la possibilità in Tv tu possa essere anche semplicemente Filippo Neviani?

Ci ho pensato tanti anni fa, quando dopo la morte di mio padre decisi di usare anche il nome e cognome, a lui piaceva tanto che io venissi chiamato anche Filippo. Cerco di accostare le due cose da tempo, credo sia anche giusto che coesistano, non devo cancellarne una perché l'altra diventi un marchio di fabbrica. Il nome di battesimo e quello d'arte possono stare insieme, tanti di quelli che mi chiamano Filippo sanno che io sono anche Nek e viceversa.

Il sodalizio con Francesco Renga prosegue, presto sarete insieme in tour e avete preparato un album insieme. 

Me lo trovo da tutte le parti, ho paura che esca dall'armadio. Questo sodalizio non nasce da strategia, ma da due persone ultra cinquantenni che volevano cambiare le carte in tavola. Può anche rischiare di essere monotono il fatto di pubblicare un disco, fare promozione e poi concerti. Non dispiace, perché è il nostro lavoro, ma cambiare certe dinamiche può essere stimolante e quando mesi fa ci siamo ritrovati in studio perché lui cantasse un mio vecchio pezzo in una mia raccolta per festeggiare i 30 anni, mi disse che quest'anno ne avrebbe festeggiati 40. Da lì è iniziato un carteggio, uno scambio di pezzi e alla fine ci siamo resi conto che cantarle insieme sarebbe stato bello. È diventato qualcosa di più, ci siamo incontrati sempre più spesso, alla fine sono diventate 21 canzoni in totale. Oggi ci piace sapere che, oltre a presentarci in concerto con le nostre hit, avremo un disco di inediti da presentare nel nostro tour.

La voglia di novità non si spegne mai?

Cos'è che ti fa stare bene a 50 anni, dopo che la prova di te l'hai data? Se non si fa adesso la roba che si vuole fare soprattutto per il piacere di farla, allora quando? Sai quante cose io ho in mente che riguardano la musica e non solo di genere pop? Tantissime, l'importante è avere l'entusiasmo di metterle sul tavolo e provare a dar loro una forma. Questa effervescenza è fondamentale per continuare a sentirsi vivi e non bisogna mai inibirsi.

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