video suggerito
video suggerito
X Factor 2024

Morgan ha risollevato X Factor: “Sono la pecora nera, l’elemento alieno”

A Fanpage.it, Morgan fa il punto su tutto quello che è stato il suo intervento a X Factor: “Sono venuto a risollevare un programma che era agonizzante, è stato difficile perché c’è stato chi si è opposto”. Su Fedez e Michielin: “La mancanza di padronanza verbale porta a queste derive scadenti dove si scambia per insulto, quello che insulto non è”.
151 CONDIVISIONI
Immagine
Attiva le notifiche per ricevere gli aggiornamenti su

Da giovedì sera non facciamo che parlare di Morgan, di quello che è successo, ragioniamo se sia giusto, se sia sbagliato. Piovono opinioni da ogni dove, di ogni tipo e il trending topic è lui: Morgan che supera pure l'hashtag ufficiale di X Factor. Era, in fondo, questo l'obiettivo di un format che stava diventando imbolsito, abulico e incolore, ma soprattutto stava semplicemente diventando inosservato. Adesso, invece, c'è la musica, ci sono le scelte musicali che sono salite tutte di livello e c'è anche il ‘talk', il contrasto vero, fatto anche di battute e stilettate. La battuta a Francesca Michielin su Ivan Graziani (e Annalisa), compresa la vicenda che ha riguardato Fedez, è l'ennesimo momento memorabile della televisione legato al cantautore. Morgan lascia a Fanpage.it una serie di considerazioni sul format e soprattutto su quello che è stato il suo intervento in questa edizione: "Quello che ho fatto è stato di riportare al centro il concetto di musica come didattica, come cultura, ma non sono riuscito a fare tutto quello che avevo in mente".

Quello di giovedì è l'ennesimo momento televisivo memorabile che passa da te. Ti chiedo, in primo luogo, una considerazione su questo e cosa rispondi a quelli che invece dicono che quest'anno la gara è passata in secondo piano. 

Tutt’altro. La gara è il perno su cui ruota il dibattito e quello che ho fatto è stato di riportare al centro il concetto di musica come didattica, come cultura. Questa è l’operazione da servizio pubblico. Io sono andato lì per risollevare le sorti di un programma che era agonizzante e la mia funzione è stata quella di analizzare come mai lo era. È stato molto chiaro che il motivo per cui non interessava più alla gente è che si era spento l’interesse sulla musica e sulla qualità dei commenti, dei discorsi sulla musica. La musica può essere pretesto per affrontare argomenti di attualità, di cultura, di società, di utilità. Anche d’informazione. Questo si fa attraverso lo stimolo che, sia la musica che il fatto di mettere in mano canzoni di un certo tipo a giovani, scatena immediatamente la riflessione. Ma devono essere canzoni di un certo livello e questo è stato un lavoro di selezione di repertorio, tecnicamente, molto sofisticato e che ha portato, non solo me ma anche tutti gli altri, ad assegnare brani molto importanti e molto profondi, rappresentativi di idee, anche politiche, storicamente importanti come appunto da Gaber agli Skiantos, dalla Carmen di Bizet a Jacques Brel e Battiato, da Otis Redding a Sting. Qualitativamente, la musica è stata portata a tutt’altro livello e questo è stato il primo step. Non è semplice fare questa cosa perché siamo in un ambiente che ha perso completamente di vista il senso educativo e culturale di un programma di musica, perché l’invasione dei brand e la ragione economica ha fatto cancellare la ragione culturale e didattica. Non c’era più abitudine, era un mondo atrofizzato che senza una particolare direzione o volontà, come succede ovunque, nelle situazioni private. Ecco perché l’atteggiamento e l’appartenenza a una scuola di comunicazione connessa a una scuola di servizio pubblico è un altro stile, è diverso, è completamente sganciata dalle regole del libero mercato e della concorrenza che diventa un mondo di squali, dove c’è solo il problema del denaro e tutto viene completamente travolto, annullato e massacrato. È stato difficilissimo perché mi sono trovato come una pecora nera, un elemento completamente alieno.

Ecco, restiamo su questo concetto: la pecora nera, l'elemento alieno. Come ti senti a lavorare con questa percezione?

È stato molto faticoso e continua ad esserlo perché ho dovuto fare un lavoro piuttosto complesso. Anche interagire nei social coi commenti, essere attivo e rispondere. Se prendi tutti i commenti che ho fatto sulla pagina di X Factor dialogando con il pubblico e cercando di portare il discorso a un livello edificante, di vero dibattito, musicale e giovanile, dei contenuti veri e delle riflessioni importanti e non lasciare che tutto fosse a livello di emoticon e di hating, è stato qualcosa di molto impegnativo. Si potrebbe fare un libro con tutti quei commenti, mi ci sono dedicato molto. È un lavoro molto complesso, non è che sono riuscito a fare tutto quello che avevo in mente.

Che cosa avevi in mente che non sei riuscito a fare?

Essendo il programma un'invasione di brand, come tutti i programmi televisivi privati, e purtroppo anche la Rai ha ceduto a questo tipo di atteggiamento dal momento che c’è il canone non dovrebbe esistere, non sono riuscito ad esempio a trasformare gli incontri coi ragazzi in incontri musicali, proprio perché il livello a cui ero arrivato, in Rai non era affatto così, col passare delle edizioni è diventato estremamente ‘non musicale’, ma solo un pretesto per far vedere dei marchi. Questo ha disabituato al rapporto, al fatto che un giudice possa essere un tutor, un coach, un momento di interscambio con questi ragazzi sulla base appunto del discorso sull’apprendimento musicale. Questo mi è stato impedito ma perché non la concepiscono come cosa. Mi sarebbe piaciuto poter fare delle visioni di film musicali, di concerti insieme ai ragazzi, insieme alle squadre. Occupare il loro tempo anziché ad esibirsi per gli sponsor come gli fanno fare tutto il giorno, che li sballottano tutto il giorno come dei prigionieri per fargli fare delle esibizioni che mandano sul web per gli sponsor (perché è questo che gli fanno fare), beh io miravo a fargli fare incontri, lezioni di armonia, visto che era stato un tema centrale nelle prime puntate.

La ‘famigerata' vicenda dell'armonia

Pensa te, per una settimana si è parlato di armonia negli articoli degli analisti, si è parlato di accordi delle canzoni, è stata una cosa bellissima. Però, è difficile. Molti apparati anche della stessa rete, non sono sintonizzati su questa idea. Non l’hanno ancora capita. L’ha capita di più il pubblico, rispetto a certi addetti ai lavori che sono gli ultimi che ancora vanno un po’ istruiti sulla differenza tra un programma musicale e un programma commerciale che accetta il trash.

Morgan e la canzone di Annalisa: "Per una settimana si è parlato di armonia negli articoli degli analisti, si è parlato di accordi delle canzoni, è stata una cosa bellissima".
Morgan e la canzone di Annalisa: "Per una settimana si è parlato di armonia negli articoli degli analisti, si è parlato di accordi delle canzoni, è stata una cosa bellissima".

Cosa ne pensi, invece, degli ospiti musicali di questa edizione?  

Beh, si è sentita abbastanza la mancanza dell'ospite che sia un vero protagonista della musica e non soltanto un prodotto da classifica. Ma questo rientra in quella disabitudine di cui parlavo rispetto alla consapevolezza di costruire un programma musicale o un programma semplicemente di intrattenimento commerciale, perché nel programma musicale il ruolo di un ospite non è una vetrina dei primi posti in classifica o meglio può essere anche quello, però non dovrebbe mancare la presenza di punti di riferimento musicali importanti che vengono in un luogo dove ci sono dei ragazzi bramosi di imparare i segreti del mestiere e di vedere da vicino come si fa questa arte, in cosa consiste anche a livello professionale e tecnico.

E quindi?

Ci vuole la presenza di figure che possano dare contributi che arricchiscono e sazino la voglia di apprendere di questi ragazzi che sono delle spugne. È un peccato non si colga quest'occasione e che ci siano solo delle passerelle di ottimi professionisti e dei “prodotti” di qualità dal punto di vista commerciale, figure di tutto rispetto come Colapesce e Di Martino, come Laura Pausini. Ma io sto parlando di artisti con carriere consolidate, completi e complessi, con una storia da raccontare, di lotta, di libertà e di scelte individuali che sia spunto di riflessione e modello per dei ragazzi ad un bivio: possono scegliere se diventare degli strumenti usa e getta del mercato o delle teste pensanti e degli artisti. Ovvio che a me interessa di più il secondo scenario, per quello un programma musicale, se vuole essere definito tale, deve includere la presenza degli ospiti anche in una modalità che possa farli dialogare, relazionarli con i giovani talenti e raccontare questa cosa al pubblico e infine  coronare con la performance, dove si mette in pratica quel che si è costruito nelle clip, le chiavi di lettura per il pubblico per godere, comprendendola, quella che è la epifania dell'arte, cioè il momento dell'esecuzione sul palco della canzone.

Durante il quarto live, hai posto il problema delle coreografie e delle scene: molto scarne per i tuoi Astromare, super per Il solito Dandy. Ti va di parlarne?

La questione delle coreografie e delle scene è uno dei grandi limiti. Ci sono molti apparati in un programma musicale che costruiscono quello che è la scelta editoriale. Io ti sto parlando della mia presenza come una presenza scomoda. Chi si oppone alla mia impostazione, alla mia visione, alla mia intenzione di rendere culturale un programma, cosa fa? Si impone zittendomi e sfavorendomi nella scenografia. Loro costruiscono una performance in modo tale che visivamente sia più appetibile di altre e quindi mi penalizzano i miei ragazzi, senza pensare che fanno un torto a persone che non c’entrano nulla, ma lo fanno per indebolirmi una squadra e il paradosso dei paradossi è che nell’ultima puntata è successa questa scorrettezza chiara e visibile a tutti della mega scenografia da kolossal hollwoodiano per il ragazzo di Dargen, addirittura con dei gadget dati al pubblico e con l’abbandono sul palco senza niente, brutti vestiti pure, ai miei ragazzi che però sono talmente superiori – giocando facile perché ho dato un capolavoro come Good Vibrations dei Beach Boys a due ragazzi del Conservatorio – che sono passati. Resta una storia spiacevole e abbastanza umiliante.

Perché?

Perché chi non ha compreso la differenza tra cultura e la logica di mercato, vede come un nemico l’elemento culturale e quindi tende a eliminarlo. Lì ci sono tantissime persone che vivono con grande ostilità questa cosa. Lo vivono come un problema, una minaccia, il fatto di risollevare il programma culturalmente. Fanno cose molto squallide, poi. Fingono di presentarti le cose così, di cui devi prendere atto, sono quelli che creano un’immagine mia distorta, che diffondono una negatività intorno a me e creano un racconto mio dandomi tutte le colpe.

E tu?

E io conosco bene la televisione e so che l’unico modo non è quello di essere subdolo e farsi amici quelli che non sono amici. Ma di affrontarli a carte scoperte, guardandoli negli occhi. Se te lo consentono.

Un esempio?

Avrai notato all’inizio della puntata quel bellissimo discorso sull’onestà di Dargen D’Amico.

Avrei voluto chiederti, appunto, di Dargen. 

Un discorso sull'onestà che è stato fatto non guardando negli occhi la persona a cui si riferiva. Mi sembra un momento davvero altissimo. Vedere uno che accusa qualcuno di non essere ‘onesto’, perché loro hanno questo concetto di onestà intellettuale abbastanza ridicolo, senza guardare negli occhi l’interlocutore e indossando degli occhiali da sole. Ricordo che in uno studio televisivo non c’è il sole. Beh, questa cosa la trovo assolutamente geniale.

La tua battuta a Francesca Michielin su Ivan Graziani. Ne parliamo?

Si era persa totalmente la relazione tra il presentatore e la giuria. Si è fatto del presentatore una figura totalmente sganciata e freddamente comunicante dei lanci o delle informazioni tecniche, ma il presentatore, in un programma moderno, può essere una persona pensante e libera. Ecco perché mi è capitato di lanciare anche delle palle alla presentatrice, Francesca Michielin, che è una ragazza molto spontanea che però in un contesto del genere fa fatica a esercitare la sua spontaneità. Tutto qui. C’è tanto da lavorare per fare una televisione moderna e interessante, che sia valido dal punto di vista dei contenuti e che non sia una meccanica esecuzione del format senza un minimo di umanizzazione, soltanto execute, che esegue uno schema che peraltro è passibile di modifiche e di rinnovamento. Questo è un altro tema interessante.

Morgan: "La battuta su Ivan Graziani è di un livello ironico che è un giocare, che però non riesce a essere raccolto."
Morgan: "La battuta su Ivan Graziani è di un livello ironico che è un giocare, che però non riesce a essere raccolto."

Cioè?

X Factor è un format che viene da Simon Cowell ma a me è capitato di apportare cambiamenti radicali nelle varie edizioni, come quella dell’inedito. Una cosa che è stata assolutamente accolta, ufficialmente inserita nei format di tutti i paesi. Quindi, bisogna avere il coraggio di seguire le proprie convinzioni artistiche e le proprie idee, i propri desideri, sennò si è schiacciati dalla paura di non poter agire su qualcosa che vediamo come una gabbia che è il format. Ma il format è semplicemente un modo per far sì che ci sia uno schema, una traccia su cui costruire lo spettacolo, ma questo non significa che il format sia rigido, è un organismo totalmente modificabile. Ci vuole coraggio, competenza ed esperienza per fare questo e fa sempre parte del mio ruolo.

C’è troppa rigidità? È questo quello che intendi?

È sempre stata una caratteristica degli italiani la rigidità, l’eseguire in modo meccanico e rigoroso le regole, confondere l’iter burocratico con la giustizia. Gli italiani sono dei burocrati nel DNA, perché hanno molta paura. Ora che negli anni la paura è aumentata, perché la strategia della paura ha avuto grande presa su questo popolo, ovunque gli italiani sono organizzati in modo molto rigido e poco conforme alla creatività, a meno che non abbiano una guida che ha un pensiero libero e visionario che li autorizzi ad agire in modo creativo. Qui, non c’è. Io faccio il ruolo del giudice tra quattro, anche se non è che sia proprio la mia giustissima collocazione. A parte che l’ho già fatto per troppe volte e appunto per questo, sarei più indicato per una direzione globale della cosa.

Morgan: "La battuta sulla depressione è diventata oggetto di scandalo da parte di chi è disabituato al linguaggio"
Morgan: "La battuta sulla depressione è diventata oggetto di scandalo da parte di chi è disabituato al linguaggio"

“Una direzione globale della cosa”: vorresti fare tutto da solo?

La mia idea è quella di un programma libero, che tenga conto di tutti gli aspetti della musica, della comunicazione e della televisione. Stavo parlando, ad esempio, dell’ironia. L’ironia riguarda il dialogo, riguarda i testi e lì c’è la paura dell’ironia. Motivo per il quale la battuta sulla depressione è diventata oggetto di scandalo da parte di chi è disabituato al linguaggio, di chi è spaventato dalla parola. Anche la battuta su Ivan Graziani è di un livello ironico che è un giocare, che però non riesce a essere raccolto. Cade, oppure addirittura viene accusato di essere scorretto, di essere violento. Accuse insensate perché è proprio la mancanza di capacità retorico-dialogica, oratoria, la disabitudine al dialogo, alla creazione delle parole, all’invenzione letteraria, all’invenzione linguistica, la mancanza di padronanza verbale che porta a queste derive scadenti dove si scambia per insulto, quello che insulto non è; e si fa l’ennesimo linciaggio mediatico, che è pane per i denti di quei burocrati di cui parlavo, ma non per le persone evolute. Le persone evolute sono molto seccate dal fatto che non si riesca spesso a raccogliere quelli che sono gli stimoli interessanti di una libertà verbale e di uno stile di comunicazione totalmente autentico, letterario, poetico, che abbia dentro informazioni ma anche l’aspetto paradossale della parola, l’aspetto provocatorio, surreale, l’understatement. Ci sono molti registri con cui si può costruire un dialogo televisivo. Bisogna essere capaci e allenati. È chiaro che stiamo parlando di temi che fanno parte di un lavoro che è molto faticoso. Alcune cose sono andate in porto perché è stato più facile coinvolgere, anche grazie a chi era predisposto a un certo cambio di rotta, però esistono molte chiusure e fanno parte non soltanto di quello che può essere un ambiente commerciale e di tv private, ma è anche un problema di questo Paese, di una deriva culturale di cui bisogna tener conto. Bisogna lavorare in un universo che minaccia, che ha paura delle parole, ha paura dei sentimenti, ha paura delle idee, e allora minaccia. Si veste da avvocato e si affida alla burocrazia. Questa è la modalità di chi non ha il coraggio di quello che dice, di chi ha paura delle parole. Di chi scambia un’intuizione con un’offesa. Purtroppo, bisogna avere a che fare con questo mondo, non è che si può pensare di andarsene in un altro mondo.

151 CONDIVISIONI
125 contenuti su questa storia
autopromo immagine
Più che un giornale
Il media che racconta il tempo in cui viviamo con occhi moderni
api url views