Milo Infante: “Ore 14 è un faro su Rai2 dopo anni di tutorial. Se uno sciopero ci ferma soffro per il pubblico”
Milo Infante è diventato un faro nel palinsesto di Rai2. Il suo Ore 14, in onda tutti i giorni, sta andando molto bene in questa stagione, così bene da rischiare di rappresentare una minaccia per la concorrenza interna di Rai1. In questa intervista il conduttore racconta a fondo il progetto e ripercorre una carriera ventennale in Rai non priva di momenti difficili, ad esempio gli anni dello stop forzato per la battaglia legale contro l'azienda e un dirigente che gli impedì di lavorare. Oltre alla conduzione, dal 2022 è anche vicedirettore nell'ambito della Direzione Approfondimento, motivo in più per ragionare del futuro della Rai e della Tv.
Partiamo dai numeri, gli ascolti di Ore 14 sono importanti, con medie spesso sopra il 7% e una fetta stabile del pubblico che vi segue ogni giorno. Che effetto fa?
I dati sono straordinari rispetto alle aspettative, noi speravamo di consolidare un risultato, ma abbiamo raddoppiato le nostre speranze, da inizio stagione facciamo due punti di share in più rispetto all'anno scorso. Un segnale di salute è quando in una rete come Rai2 aumenti l'ascolto rispetto al programma che ti precede e superi quello che ti segue. Lo facciamo trattando temi non facili, perché non facciamo la cronaca nera pura. Noi spesso seguiamo la giudiziaria, cerchiamo di fare televisione di servizio, siamo una trasmissione, come La Vita in Diretta e Storie Italiane, che da sempre ha nel dna temi come la lotta al femminicidio. Non siamo di quelli che si sdegnano solo quando ci sono dei casi eclatanti, ne parliamo tutti i giorni e ci crediamo tanto.
In quale genere televisivo possiamo inquadrare Ore 14?
Difficile parlare di un genere specifico. Di sicuro non è il Milo Infante Show, non è un programma che ruota intorno al conduttore, ma intorno a una squadra di professionisti e persone che ci mettono il cuore oltre alla faccia, penso a ospiti come Monica Leofreddi e Roberta Bruzzone. Siamo diventati per il pubblico un'abitudine e ci cercano anche a dispetto di ritardi nel palinsesto e stop. Affrontiamo le questioni anche in modo duro, questa non è una trasmissione genuflessa, quando c'è qualcosa da dire lo diciamo.
Si pensa spesso che quella delle 14 non sia una fascia oraria appropriata a un programma di questo tipo.
Questa è la fascia oraria peggiore e infatti non la voleva nessuno, affidata per molti anni a tutorial vari e programmi utili ad accompagnare il pubblico verso una condizione di relax. Noi abbiamo smosso le coscienze. Se Ore 14 durasse mezz'ora in più secondo me farebbe un punto e mezzo in più di ascolto, perché la Tv dopo le 3 e mezza tende un po' a spegnersi, mentre noi chiudiamo alle 15,27, oltre ad avere un carico pubblicitario iniziale e i vari promo che appesantiscono il programma.
Dalle oscillazioni dei dati si potrebbe evincere che Ore 14 tolga pubblico a La Volta Buona di Caterina Balivo. C'è un possibile problema di concorrenza interna con Rai1?
La cosa non è sfuggita all'azienda, si sta facendo una riflessione sul futuro di Ore 14 che non è così scontato. Quando un programma ha una crescita simile tocca fare valutazioni di opportunità più ampie. Una cosa va detta, il nostro programma riesce a conciliare in maniera impressionante il costo con il risultato e io credo che questi due parametri viaggino insieme. Lo dico senza voler entrare in polemica con nessuno: in Rai dovremmo iniziare a mettere il costo di un programma di fianco al dato di ascolti, perché se costo 11 mila euro a puntata e faccio più ascolti di un programma che ne costa 30 mila, una risposta si deve trovare.
Ogni riferimento ad altri programmi in onda su Rai1 alla stessa ora del suo è puramente casuale.
Assolutamente casuale (ride, ndr).
Stiamo parlando di un cambio per un'altra fascia oraria o per un'altra rete?
Ci sono varie ipotesi su cui si studierà per il prossimo palinsesto, è chiaro che se un approfondimento giornalistico potesse partire dopo il Tg sarebbe importante. Con questo non voglio dire che nel futuro di Ore 14 ci sia una partenza alle 13,30 dopo il Tg2, parliamo di tutt'altra fascia oraria e altra rete.
A lei, così come a Fiorello, le cose vanno bene, ma in generale Rai2 vive un momento di difficoltà. Essere tra i pochi a salvarsi la favorisce o la penalizza in termini di narrazione?
Capisco quello che dici, ma nella realtà il fatto di avere una rete che spesso è molto debole non aiuta. Rosario ha aperto uno spazio enorme, ma se mi chiedi cosa rimanga attaccato della prima parte della mattina alle 2 del pomeriggio, ti rispondo niente. Anche Guardì con I Fatti Vostri fa numeri importanti, ma sono il preserale e la prima serata le fasce che hanno la forza di avere una ricaduta su tutto il palinsesto di una rete. Erano anni diversi, ma quando ai tempi d'oro partiva su Rai2 L'Isola dei Famosi che portava la rete anche al 40% di share, cambiavano anche gli ascolti di Italia sul 2 al pomeriggio, perché si illuminava tutta la rete.
Sono molti a pensare che nell'indebolimento di Rai2 abbia un ruolo anche la nuova impostazione della Rai per generi. Che impressione ha?
Sono assolutamente d'accordo. Una volta c'era il direttore di rete che con i suoi vicedirettori aveva il quadro d'insieme del canale, cercava di programmare nel rispetto e tutela delle altre reti, ma soprattutto della sua. Oggi questo non accade, non per cattiveria, ma perché il direttore di rete che fa una battaglia per quella rete non c'è più. Questa dinamica non aiuta una rete come Rai2, già di per sé in difficoltà.
È anche difficile riuscire a capire se si possano recuperare i fasti di un tempo. La Tv è al centro di un dibattito sul suo futuro.
Vero, la cosa che mi preoccupa di più è che sia un po' sfuggita questa cosa che tu stai dicendo. La direzione nuovi formati era stata pensata nella rivoluzione dei generi e che di fatto non è mai decollata. Io penso sia incredibile che un'azienda come la Rai non abbia un'area produttiva importante che pensa esattamente a questo: cosa ne sarà di noi domani? quali saranno i programmi che faremo quando avremo raschiato il fondo e avremo capito che di Ore14 e Milo Infante non frega più a nessuno? Ma non è il solo problema della Rai.
Dimmene altri
C'è un problema enorme di collocazione del personale. Quando io devo partire con la mia trasmissione, arrivo stremato a settembre perché la mia carenza più importante è la redazione, non ci sono autori interni Rai. Quindi io sono costretto a ricorrere a personale esterno, passare dalle forche caudine dei primi utilizzi, dovendo giustificare all'azienda il fatto che chiedo all'esterno.
Quest'anno si è parlato molto della sua richiesta di riduzione della durata del programma, non senza qualche polemica. Come stavano le cose?
Non eravamo in grado di andare in onda, non avevamo abbastanza persone per garantire una durata maggiore. Il nostro è un programma che tratta dinamite, non possiamo permetterci sbavature, non possiamo prendere uno stralcio di un'ordinanza che contiene il nome di un minore senza cancellare il nome. La grande sfida della Rai è quella di riportare non solo le produzioni all'interno, ma di ricreare un contesto in cui gli autori possano essere interni Rai.
Due settimane fa con un video annunciava che non sareste andati in onda a causa di uno sciopero, non sembrava di ottimo umore.
Non lo dico come frase fatta, lo sciopero è sacrosanto, però io mi chiedo se davanti a un programma di informazione abbia senso aderire a uno sciopero che non è nemmeno contro l'azienda. Il risultato è stato non farci andare in onda e alla fine non sono stati pagati nemmeno i collaboratori esterni. Ne hanno fatto le spese i più deboli, quelli che non hanno uno stipendio fisso. Ma il mio era un rammarico, io ho grande rispetto per i diritti dei lavoratori, però uno sciopero lo avrei evitato anche perché venivamo da settimane di interruzione e cambi dovuti al tennis (le Nitto Atp Finals di Torino, trasmesse su Rai2, ndr).
Questo dello sciopero un altro tassello della narrazione di Ore14, visto come una sorta di fortino che deve difendersi dagli attacchi.
Invidio quei colleghi che riescono sistematicamente a passare per martiri essendo quanto di più lontano dal martire. Leggo spesso appelli in difesa di tizio o caio e parliamo di conduttori sereni, tranquilli, con programmi affermati. Quindi alla domanda rispondo dicendo che non è cercato, non è voluto e credo non ci sia neanche la sensazione dell'attacco a Ore14, anche perché non siamo quel tipo di programma che strizza l'occhio a certe dinamiche. Capita, questo sì, di segnalare le cose più eclatanti e se non vado in onda per uno sciopero dico pubblicamente che mi dispiace per il pubblico.
Forse il pubblico vede in lei un martire per la sua vicenda personale: nel 2012 fa causa alla Rai per demansionamento e la vince solo tre anni dopo, venendo reintegrato.
Io ho condotto la mia battaglia per lavorare e l'ho fatto nel silenzio. Sono stati pochi i colleghi, allora, a chiedere come mai un programma che facesse il 12%, con la parte di Milo Infante come più vista, venisse chiuso all'improvviso. Questa battaglia condotta mi trasmette grande serenità, primo perché credo che non potrebbe ripresentarsi per il futuro una situazione analoga e soprattutto perché, avendo passato quello che ho passato, non ho paura del futuro. So cosa vuol dire rimanere da soli. Questo però mi fa arrabbiare ancora di più quando vedo martiri per vocazione, che non lo sono realmente.
Parla bene dell'azienda, non ha nessun risentimento verso la Rai?
Non è la Rai che non mi ha fatto lavorare, c'è un nome e cognome di una persona (l’allora vicedirettore di Rai 2 Roberto Milano, ndr) che, forse sfruttando la debolezza di altre, mi ha escluso completamente dalla produttività. Intorno a me i colleghi mi hanno sempre dimostrato affetto, direttori di rete che mi dicevano si trattasse di una vergogna. Un direttore del personale mi disse a un certo punto di non sapersi spiegare il perché di quanto fosse accaduto. In realtà la spiegazione era molto semplice, una persona pensava di poter gestire l'azienda come fosse sua, che aveva redatto una lista di proscrizione interminabile di ospiti non graditi della cultura e della religione. Io mi ero opposto a questa lista e alla fine lui mi ha fatto fuori. Lui, non la Rai, azienda straordinaria con tutti i limiti di un'azienda fatta da tante persone.
Il peso della politica in Rai è un tema eterno. Lei come giudica questa presenza costante?
La politica non esprime necessariamente il peggio, la speranza è che in futuro, come accaduto nel passato, la politica tenda a dare un apporto positivo all'azienda.
Crede che questa formula garantisca alla Rai lunga la vita o rischi di penalizzarla o rallentarla?
Siamo in una fase fortunata, perché in azienda ci sono uomini prodotto che conoscono molto bene la macchina e le esigenze dell'azienda. In passato è accaduto passassero persone che non conoscevano la Tv se non per sentito dire e questo è un grande pericolo. Avere persone che conosco le dinamiche, dovrebbe consentire a questa azienda di essere proiettata al futuro.
A proposito di futuro, vede delle cose nuove in Tv, che la ispirano?
Al momento direi di no, è un bel pezzo che non vedo novità interessanti. Esperimenti sì, ma non novità pure, spesso un tentativo di ritorno al passato, però quando pensi di guardare al passato facendo venire meno dei riferimenti del passato, il presente non può che essere una disfatta. Mi fa sorridere quando sento parlare di nuovi format che riguardano un'intervista, ma un'intervista non è un format. Ultimamente ho visto più format di regia che di contenuti.
Ci pensa all'ipotesi che questo mezzo possa prima o poi esaurirsi?
Sì, mi tormenta sapere che mio figlio sappia cos'è la Rai perché ci lavora il padre, mentre i suoi amici non sanno cosa sia la Tv, fatta eccezione qualche programma sporadico che ha grande appeal, ma sono pochi. I giovani guardano la televisione per sintesi, quello che viene rilanciato da social e piattaforme. Questo mi spaventa molto, perché una volta la Tv entrava nelle case ed era vista da tutti. Dovremmo imparare ad usare anche un linguaggio diverso che vada incontro a nuove esigenze.
Anche nell'informazione e l'approfondimento, la Tv molto spesso insegue i social per avere risonanza. Non sarebbe meglio cercare una cifra distintiva, anziché l'imitazione?
Non c'è dubbio, dobbiamo anche pensare di rinunciare a un pizzico di politicamente corretto che è stonato rispetto alla società in cui viviamo e rispetto alla libertà espressiva che c'è su altre piattaforme.
Quando dice lotta al politicamente corretto, cosa intende esattamente?
Se serve dire che una sentenza è stata formulata in una maniera non coerente con le aspettative della vittima, si deve poter dire. Se per me c'è una cosa che grida vendetta e che è ingiusta devo poterlo dire. Se voglio dire che è una vergogna che lo stato italiano abbia abdicato al ruolo di dare giustizia alla famiglia di Denise Pipitone, devo poterlo dire senza temere una querela (il conduttore è stato querelato per diffamazione, ndr). Credo ci sia molto timore reverenziale, ma bisogna avere ancora la capacità di indignarsi. Se c'è una cosa che a me fa schifo, con i dovuti modi, la consapevolezza e il background, devo poterlo dire.
Su Pipitone, un anno fa diceva di attendere un avviso di garanzia per spiegarsi la querela della procura di Marsala. Ci sono novità?
All'interno della trasmissione, un ospite ha detto che ci sarebbe un'intercettazione mai portata all'evidenza degli investigatori e nella semplificazione io sono stato querelato dall'ex procuratore capo di Marsala e dai due Pm per il reato di diffamazione aggravata a mezzo stampa. Il pm ha chiesto l'archiviazione e ora stiamo attendendo che a Caltanissetta decidano se archiviare questa querela, oppure mandarmi sostanzialmente a processo. La cosa incredibile è che nella querela di questi magistrati, mi vengano attribuite parole non pronunciate.