“Michelle Comi è Vittorio Sgarbi 2.0”, la strategia dei suoi video virali basati sulla provocazione
"Nel bene o nel male purché se ne parli". Il comportamento di Michelle Comi sui social si potrebbe riassumere così. Frasi del calibro "Le donne non dovrebbero votare", "Potrei fare un figlio solo quando calerà il mio successo così lo butto sui social" e azioni come il lancio di una raccolta fondi per un intervento al seno rientrano in quel fenomeno chiamato rage bait. Il termine significa letteralmente "esca per rabbia" e serve a far parlare di sé, la creator non è la prima che utilizza sistematicamente questo metodo. "È una strategia studiata a tavolino che si basa sulla provocazione – spiega Vincenzo Russo, coordinatore del Centro di ricerca in Neuromarketing dell'Univesità Iulm di Milano, a Fanpage.it – Michelle Comi è come Vittorio Sgarbi ma all'ennesima potenza".
Gli spezzoni video in cui Michelle Comi si espone con dichiarazioni controverse diventano virali. Perché i contenuti basati su emozioni negative come la rabbia hanno maggiore risonanza rispetto a quelli positivi?
Le emozioni negative sono quelle che vengono ricordate maggiormente. Non c'è dubbio che tutto ciò che sia scandaloso faccia notizia e buchi il televisore, in questo caso lo schermo. Pensiamo alla strategia comunicativa di Trump, lui è stato il candidato più scorretto, maleducato e sconvolgente. Questo atteggiamento gli ha portato una grandissimo engagement sui social. Michelle Comi sa come far girare il suo volto e la sua visibilità diventa anche oggetto di discussione perché da una parte c'è chi la critica e dall'altra chi la difende. Rientra all'interno di una strategia particolarmente funzionale dal punto di vista emozionale, c'è addirittura chi, a fronte di certe dichiarazioni, arriva a pensare: "Lei la vede come me ma io non ho il coraggio di dirlo".
Quella di Michelle Comi è una "trappola comunicativa"?
È una strategia studiata a tavolino che si basa sulla provocazione. La cosa più triste è che in un contesto come quello della nostra società, in cui la comunicazione è fortemente pervasiva, l'unico modo per attirare l'attenzione è la frase scorretta o socialmente inaccettabile. Siamo talmente sovraccarichi di informazione che soltanto ciò che è scandaloso ci cattura.
La strategia di Michelle Comi è provocare. Nel lungo termine incide sulla reputazione?
Tutto sommato potrebbe essere funzionale perché la memoria delle persone non è così lunga. È comunque rischioso perché non si tratta di un'azienda che sta vendendo qualcosa ma di una persona che sta vendendo sé stessa. Però, alla fine, quanto volte ci siamo trovati di fronte a dei personaggi discutibili che per una serie di motivi vengono perdonati per ciò che hanno fatto o detto?
Michelle Comi ha capito che è più facile farsi odiare che amare.
Sì, rientra sempre nel tentativo di manifestare la propria "leadership". In questo caso, però, parliamo di una costruzione simbolica dell'identità e va bene rappresentarsi come dei "duri e puri" fino a farsi odiare. Viene da chiedersi, però, se gli utenti, al di là del like, si farebbero guidare da lei.
La sua strategia potrebbe essere definita del "rage bait" (letteralmente "esca per la rabbia"). Esistono tecniche per disinnescarne l'effetto?
Non bisogna scendere nel campo di battaglia. La cosa più importante è acquisire consapevolezza che si tratta di semplici provocazioni. Quando qualcuno scrive sui social una battuta controversa si innesca un meccanismo che è più funzionale a chi ha provocato rispetto a chi risponde. Chi risponde ci è cascato. Certe provocazioni sono fini a sé stesse e servono solo ad avere like o a portare all'esasperazione la comunicazione invece che a creare un reale dibattito, un confronto.
I social si prestano a situazioni di questo genere.
Nelle dinamiche di relazione esiste una figura chiamata "controdipendente". È chi dirà sempre e comunque il contrario di ciò che afferma il leader del gruppo e lo fa solo per il piacere di essere in contrasto. Persone come Michelle Comi sono controdipendenti. Faccio un esempio, l'adolescente che entra in conflitto con i suoi genitori è consapevole che ciò che sta dicendo l'adulto va bene ma siccome deve dire a sé stesso e agli altei che esiste in quanto entità allora si pone in posizione di controdipendenza. Questa è una costruzione identitaria tipica nel mondo dei social dove se mi pongo come provocatore creo la mia identità. Lo faccio nella dimensione della negatività, della scorrettezza e della maleducazione proprio perché so di poter creare dibattito e che avrò visibilità sui social.
Quali sono le tematiche che, in linea di massima, suscitano maggiormente l'indignazione degli utenti?
Le differenze di genere perché l'utente si trova sempre in un ruolo, ma anche la sessualità o tutto ciò che ci coinvolge in prima persona. I temi del momento possano diventare occasione di dibattito e ciò che è più di interesse in un determinato momento può essere trasformato in polemica.
Queste strategie che suscitano indignazione vengono applicate sia ai social che al mondo della televisione.
Online si ha più libertà perché il dibattuto non è fisico. In tv, invece, c'è l'illusione di maggior controllo anche se abbiamo visto le azioni di Vittorio Sgarbi. Ecco, Michelle Comi è Vittorio Sgarbi all'ennesima potenza.