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Maurizio Mannoni, ex volto di Linea Notte: “Fatico a riconoscere la Rai, l’appiattimento è generale”

Maurizio Mannoni parla del suo addio alla Rai in una lunga intervista in cui mette a fuoco i problemi dell’attuale servizio pubblico. Secondo il giornalista si assiste ad un appiattimento generale, dove il pubblico non è più invogliato a seguire i programmi e cambia canale.
A cura di Ilaria Costabile
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Maurizio Mannoni, storico conduttore di Linea Notte, il programma di Rai3 ora affidato a Monica Giandotti, parla in un'intervista a Repubblica di come il servizio pubblico sia cambiato in maniera irreversibile, ma non apportando delle migliorie, anzi, appiattendo ancora di più l'offerta per il pubblico: "Come spettatore posso dire che fatico a riconoscere il servizio pubblico. E come me tanti di quelli che incrocio e mi chiedono: ma che cosa sta succedendo?". 

Mannoni descrive la delusione e la disaffezione del pubblico

Il giornalista è attualmente in ferie forzate, in attesa che arrivi il momento giusto per andare in pensione, a 66 anni, quindici dei quali trascorsi dietro alla scrivania dello storico programma tv della seconda serata di Rai3. Da quando è a casa, Mannoni ha notato potuto toccare con mano "la delusione, la disaffezione di una fetta consistente del pubblico". Eppure, lui che è stato per lungo tempo in Rai, è in grado di raccontare come questi cambiamenti, così evidenti ora, fossero già nell'aria da un po'

Un processo che non è cominciato adesso, ma che i vertici attuali mi pare abbiano aggravato. La fidelizzazione è un’operazione lunga e complessa: troncare di netto con conduttori e programmi che avevano una loro identità, un seguito, un certo appeal può sembrare facile — togli un po’ di roba che c’era prima e ne metti un’altra, badando solo alla fedeltà politica — ma rischi moltissimo.

Secondo Mannoni, infatti, i cambiamenti degli anni addietro avevano intaccato molto meno l'identità di alcuni programmi: "Prima nel bene e nel male alcuni spazi venivano preservati: Rai3, anche nell’epoca berlusconiana, ha continuato a esistere pur fra mille difficoltà. Ora invece cosa resta? Sì, c’è il Tg3 che continua ad avere una linea e autonomia, ma poi poco altro". 

L'appiattimento dei programmi Rai

Con i nuovi palinsesti e la presenza di programmi che non riescono ad apportare dei cambiamenti significativi il rischio è quello di perdere terreno: "Se tu non offri più un prodotto interessante per una fetta di pubblico, che fra l’altro è quello più legato alla Rai, e questo pubblico trasmigra altrove, è un problema". Parlando in maniera esclusiva della rete che è stata la sua casa per diversi anni, Mannoni ritiene che anche quella parte che faceva la differenza non esista più:

In generale mi sembra estinto il modo di raccontare la realtà che per molti anni ha caratterizzato il servizio pubblico. Il quale ha il dovere di offrire un’alternativa allo spettatore, la possibilità di ascoltare le vicende quotidiane — a partire dalla politica — con diverse sfaccettature, culture, modi di ragionare e di pensare. Il tentativo di uniformare la televisione a un pensiero unico era già iniziato e adesso è stato completato

Il connubio tra servizio pubblico e politica

Attualmente, se lui dovesse scegliere un prodotto televisivo da guardare sarebbe altrove: "Mentana, Floris, o anche Porro. In Rai, tranne Vespa, accade raramente di vedere qualcosa di non omologato, conduttori di grande personalità. Cè un appiattimento che gli ascoltatori colgono e perciò cambiano canale. Ormai sono così tante le fonti di informazione che fai presto a perdere il tuo pubblico". Il giornalista conclude quella che ha tutta l'aria di essere una lunga e puntuale riflessione sullo stato dell'arte della Rai odierna dichiarando:

Si può anche cambiare, a patto di offrire una nuova narrazione con lo stesso appeal e risultati: se la gente ti guarda meno forse quella che proponi è ritenuta insufficiente e distorta. Fossi in loro, qualche domanda sulle scelte fatte per allineare la Rai alla maggioranza di governo, me la farei.

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