Matteo Paolillo: “Racconto l’importanza di restare umani, nonostante la tecnologia. Edoardo? Sono il suo opposto”

Matteo Paolillo si racconta tracciando il suo percorso d’artista a 360 gradi. Attore, cantante e adesso scrittore con il suo primo romanzo “2045” in cui affronta temi importanti che toccano la nostra umanità. Il successo arrivato con Mare Fuori non l’ha cambiato: “Preferisco essere riflessivo, ma ammiro l’istintività di Edoardo”.
A cura di Ilaria Costabile
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Matteo Paolillo è uno degli artisti più chiacchierati degli ultimi anni, tra i protagonisti di Mare Fuori, dove ha dato voce e volto ad uno dei personaggi che hanno reso questa serie tra le più amate del momento, ovvero Edoardo Conte che, stando al finale della quarta stagione, potrebbe non tornare più.

Un artista che non si è risparmiato, che si è misurato tanto con la macchina da presa, quanto con la musica. E ora, lui che le parole le pronuncia per mestiere e le canta per passione, ha voluto metterne una dietro l'altra per dar vita al suo primo romanzo, dal titolo 2045, in uscita il 16 aprile per Solferino.

Un libro che parla di futuro, di un'umanità legata a doppio filo con la tecnologia, un mondo vessato dai cambiamenti climatici, di cui sono proprio gli uomini che lo hanno distrutto a doversene occupare prima che sia troppo tardi. Una metafora, nemmeno troppo lontana dalla realtà, per parlare di emozioni, di quello che ci rende umani, dell'importanza di non perdere il contatto con chi siamo davvero, perché solo così possiamo davvero sperare di essere felici.

Come è nata l'idea di scrivere un libro?

L'idea circa tre anni fa, in realtà ho sempre scritto, ho iniziato a scrivere sin da quando ero piccolissimo. Poi ho iniziato a scrivere canzoni, e ho trovato questa nuova forma. Avevo l'esigenza di raccontare delle tematiche, ma farlo nei miei brani diventava riduttivo. Ho buttato giù delle idee, fin quando ho incontrato una casa editrice e ho iniziato a svilupparle.

Il tuo libro si chiama 2045, è ambientato in un futuro non troppo lontano dove la tecnologia prende il sopravvento sull'essere umano. Quello della disumanizzazione è un aspetto che ti preoccupa?

Siamo chiamati a scegliere che tipo di umanità ci aspetta, credo che sia importante anche per questo parlarne.

I tuoi personaggi vivono delle storie in cui affrontano cambiamenti di vita importanti, che li portano a fare delle scelte, anche drastiche. Ti è capitato nella tua vita di fare scelte che ti hanno permesso di cambiare prospettiva?

Sì, ad esempio quando ho scelto di fare dei viaggi molto lontani. Stare a contatto con culture diverse mi ha aperto gli occhi su tante cose. Vedere come lontano dall'Occidente le persone vivono la realtà in maniera più sincera, noi qui siamo a contatto con la tecnologia, sempre più schiavi delle macchine. Ed è una cosa che mi ha fatto pensare.

E cosa faresti tu per essere meno schiavo delle macchine?

Innanzitutto bisogna prendere consapevolezza di cosa ci rende umani, entrare a contatto con le nostre emozioni,  empatizzare con gli altri, socializzare e non chiuderci in un mondo virtuale.

Ed è attraverso la tua arte che riesci ad entrare a contatto con le tue emozioni?

Sì, essendo un attore sono sempre stato abituato a mettermi in contatto con le mie emozioni. Il successo mi ha dato la fortuna di incontrare anche molte persone, costantemente incontro gente con cui magari, oltre a scattare una foto, scambio anche una chiacchiera, è sempre un incontro con l'altro, ed è sempre una nuova scoperta.

Se ti dovessero contestare il fatto che tu non sia uno scrittore, come risponderesti?

Mi scivolerebbe un po' addosso, non ho bisogno che qualcuno mi dica "Ah, quindi sei uno scrittore". Faccio quello che sento di fare, poi può piacere o meno. Spesso ci sentiamo giudicati per il lavoro che facciamo, sono abituato ad affrontare queste cose, da sempre.

Hai mai avuto momenti in cui la pressione mediatica era talmente forte da non riuscire a sopportarla?

Sono una persona piuttosto riservata nel privato, quindi mi adatto. So di avere una vita pubblica e che questa porta con sé un'attenzione mediatica, però mi circondo di persone con cui riesco a vivere la mia vita tranquillamente. Forse più i primi tempi, perché non ero abituato, dovevo capire come funzionava. È arrivata all'improvviso questa popolarità e dovevo capire come gestire meglio la mia vita, però sono piuttosto tranquillo.

Parlavamo prima di musica. Il tuo Ep, uscito il 5 aprile, è un po' dedicato al personaggio di Edoardo Conte, cos'è che hai amato di questo personaggio e cosa, invece, avresti voluto fare diversamente?

Quando lavoro ad un personaggio cerco di abbracciarlo nella sua totalità, non penso a cosa potrei fare diversamente, magari penso a come avrei potuto girare certe scene, non lo giudico. Quello che ho amato di Edoardo è stato il lavoro profondo che mi ha fatto fare, la possibilità di lavorare per tanti anni a qualcosa, esprimermi a 360 gradi. Anche, forse, il suo modo di essere istintivo, che poi gli porta delle conseguenze atroci, agisce senza pensare. Però alle volte può essere ammirevole.

Ed è una cosa che a te appartiene? 

No, sono molto più riflessivo, sono meno istintivo, quindi lo ammiro per questo, però preferisco essere come sono. Se fai tutto seguendo l'istinto poi c'è un prezzo da pagare.

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Questo EP è un modo per dirgli addio?

Più che per dirgli addio, volevo raggruppare quelle che sono state le mie esperienze degli ultimi anni, soprattutto in questa quarta stagione dove si è chiuso un cerchio. Volevo mettere tutto il mio percorso a Napoli, legato a questo personaggio in musica.

Mare Fuori è stato confermato per una quinta e una sesta stagione. Credi che ci siano ancora delle storie su cui vale la pena lavorare?

Questo non sta a me dirlo, le storie su cui vale la pena lavorare le decideranno gli sceneggiatori, i produttori, io sono un attore, mi danno la parte e recito, ma non posso decidere del resto.

Restando in tema Mare Fuori, la sigla è cantata ovunque, non temi che essendo una delle tue canzoni di maggior successo possa offuscare le altre?

Queste sono sempre le cose che si vedono da fuori. L'arte non si può mettere su un grafico, non può avere un valore che si basa solo sui numeri. Pharrel Williams dopo Happy ha fatto un sacco di canzoni, però qualcuno se le ricorda? Ci sono canzoni che fanno un miliardo di stream, altre che sono ugualmente belle, ma non diffuse allo stesso modo. Faccio musica, poi se arriva più gente ad ascoltarla mi fa piacere, se arriva meno gente, mi fa piacere lo stesso. L'importante è esprimersi e trovare qualcuno che in quell'arte si riconosca.

Che tipo di collaborazione è stata quella con LDA?

È stata una bella collaborazione, soprattutto perché abbiamo un bel rapporto, ci vogliamo bene. Ci siamo visti spesso in studio, per gioco, abbiamo fatto insieme ma mai seriamente. Quando poi ho iniziato a lavorare a questo progetto, gli ho detto che avrei avuto piacere ad averlo, ci siamo incontrati e nel giro di qualche ora abbiamo chiuso questa canzone di cui sono davvero molto contento.

C'è qualche sogno che pensi di poter realizzare a breve?

Mi piacerebbe viaggiare un po' di più.

Nel libro c'è un'altra tematica che affronti, che è quella dei cambiamenti climatici, racconti di un mondo in cui ci sono state nuove pandemie e dove gli eventi climatici sono dirompenti, disastrosi. Che opinione hai sulla questione?

Nel libro racconto come ci sia un'indifferenza di fronte a questo, ci sono degli eventi catastrofici, che si verificano sempre, ma di fronte a questi avvenimenti l'essere umano reagisce con distacco. Ci si abitua a qualsiasi cosa.

Essere un personaggio famoso, stare sempre sotto i riflettori, può essere un'arma a doppio taglio, qualsiasi cosa tu dica può essere anche interpretata in senso negativo. Ti sei mai auto-censurato?

Non mi auto-censuro, dico quello che penso, anche perché ritengo che non tutte le cose che si dicono possano essere attaccabili, altrimenti significa che non si potrebbe più parlare. Magari ci sono cose che da un punto di vista morale, etico, sono sbagliate, ma un artista dice il suo punto di vista, se togliessimo la soggettività diventeremmo come i personaggi del mio libro.

Pensi che gli artisti debbano schierarsi, oppure l'arte è una cosa a parte?

Porto avanti delle battaglie in cui credo, magari lo faccio silenziosamente, con tante cose. Quello che, invece, pubblicamente deve fare un artista è mettere il proprio punto di vista o porre l'attenzione su alcuni argomenti, non sta a noi prendere decisioni politiche, economiche, però possiamo avere il compito di aprire gli occhi alle persone.

In un'intervista rilasciata a Fanpage, Ludovica Coscione ha detto che le sarebbe piaciuto se il personaggio di Teresa morisse insieme ad Edoardo, perché ha voluto dire questa cosa?

Davvero ha detto questa cosa? Non saprei, magari voleva richiamare Romeo e Giulietta nella tomba. La chiamerò e ci metteremo d'accordo allora (ride ndr.)

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Cosa speri che le persone che lo leggono vedano nel tuo primo libro?

Sono molto curioso perché se adesso conosco, più o meno, il mio pubblico attoriale e musicale, non ho idea di quale sarà il pubblico che leggerà questo libro. Mi aspetto che si possa riflettere su come oggi ci approcciamo alla vita, alla tecnologia, magari sono cose che iniziamo a maturare da ora, ma ce le portiamo dentro e quando saremo chiamati a fare delle scelte, su che tipo di essere umani vogliamo essere. Si può essere emotivi, continuando ad abbracciare la tecnologia, ma non dobbiamo dimenticare la nostra natura.

E tu cosa fai per non dimenticarti?

Mi prendo dei momenti per isolarmi, per staccare, per mettermi in contatto con me stesso. Viviamo in un mondo molto materialista, quindi a volte per raggiungere determinati obiettivi, accettiamo compromessi con il mondo, con la società, però poi in realtà, gli obiettivi che ci prefissiamo non sono quelli che ci rendono felici. È importante capire veramente chi sei e cosa vuoi.

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