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Mario Martone e il successo di Nostalgia nelle sale: “I premi sono lotterie, ciò che resta sono i film”

Il David a Eduardo Scarpetta per Qui rido io e il passaggio trionfale a Cannes con il film Nostalgia, acclamato dalla critica internazionale. Mario Martone fa tappa nella redazione di Fanpage.it per raccontare l’anno d’oro in cui ha scelto Pierfrancesco Favino per fargli fare “il suo film napoletano”.
A cura di Eleonora D'Amore
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Mario Martone ospite nella redazione di Fanpage.it ha raccontato le emozioni ancora a caldo di Cannes e dei David di Donatello, dove Eduardo Scarpetta ha vinto come miglior attore non protagonista per Qui rido io. Acclamato dalla stampa internazionale sulla croisette con il film Nostalgia, tratto dal romanzo di Ermanno Rea, è arrivato a far desiderare la Palma per il protagonista Pierfrancesco Favino ("a tutti tranne che ai giurati", ride, ndr) per il personaggio di Felice Lasco.

Uscito al cinema il 25 maggio, ha ricevuto grande accoglienza nelle sale italiane, dove l'atmosfera, dopo due anni di emergenza sanitaria a causa del Covid, sembra ancora tiepida. Il regista si è raccontato nel pieno del suo momento d'oro, in uno degli anni più gratificanti della sua carriera, sempre pronto a investire in nuovi progetti con la consapevolezza che in generale "i premi sono lotterie, poi si scordano, ciò che resta sono i film".

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Mi definisce la Nostalgia?

In questo film non ha a che fare con il rimpianto, è un labirinto. Il personaggio di Felice Lasco arriva a Napoli e gli si spalanca il labirinto che ha alle spalle, questo passato dal quale era dovuto scappare. A quel punto poteva scegliere se tirare diritto o se tornare indietro. E tornare indietro può significare capire chi si è, questa è la nostalgia.

"La coscienza sta nella nostalgia. Chi non si è perso non possiede": il film inizia con questa frase di Pasolini. Perché?

Perché esprimeva bene quello che pensavo. Felice Lasco decide di fare i conti con la sua adolescenza, con un’adolescenza che a un certo punto si è negata all’improvviso, però lui nonostante questo, nonostante la Sanità sia il luogo che ha l’abbandono in tante sue parti, non ce la fa a non entrare nel suo labirinto.

Si assiste a una grammatica del recupero: si può recuperare ciò che si è dovuto o voluto abbandonare?

Secondo me si recupera e si perde, sono partite, però le partite vanno giocate. Qualcuno ha fatto il nome di Camus. C’è questo senso di Sisifo, che è l’eroe di Camus, cioè l'idea che si debba avere la volontà di cambiare le cose, sapendo però che si può anche non riuscire, e spesso non si riesce. Se si pensa alla Sanità, a quello che padre Loffredo fa lì, che poi è quello che abbiamo raccontato nel film attraverso la figura di padre Rega, ovvero cercare di recuperare ragazzi e ragazze per dar loro una possibilità di vita diversa da quella alla quale il quartiere li destina. E certe volte si riesce e altre no, e chiaramente per ciascuna volta che si riesce vale la pena per tutte le cento che non si riesce.

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Il film è girato tra via Foria, la Sanità e Capodimonte, un viaggio ascendente tra i valori delle persone che animano i quartieri. Mentre il cinema prendeva vita, cosa vedeva attorno a lei?

Secondo me c’è qualcosa di Napoli che non cambia, è una cosa che è stata anche problematizzata, perché è giusto dire che non bisogna arrendersi, ma dall’altro lato il fatto che qualcosa si ostini a restare com’è sempre stato è anche un segno di forza. È una partita difficile, io non ci sto nella divisione tra bianco e nero, Napoli è un universo ricco e complesso e per sentire davvero la città ci vuole quella che Leopardi chiamava ‘la pieghevolezza dell’ingegno”, che secondo me è anche la pieghevolezza del cuore, cioè è la capacità di capire che ogni cosa è diversa dall’altra, evitando di cadere puntualmente nel giudizio.

È una sorta di Babele: Favino romano interpreta Felice Lasco, nato e cresciuto a Napoli, poi vissuto al Cairo. La gestione linguistica dell’attore in scena quanto può diventare magica e complessa?

Quando l'ho incontrato, gli ho detto ‘ti voglio proporre il tuo film napoletano’. È evidente che un attore come Pierfrancesco Favino, che è un mostro da questo punto di vista, poteva dominare tutta questa materia linguistica. Però se dicessi che è questa la vera ragione per la quale ho pensato a lui sarebbe riduttivo, perché è stata la sua grande anima a colpirmi, un’anima estremamente sensibile. E la si vede, per esempio, nella scena in cui lava sua madre. La cura, questa pietà rovesciata che siamo abituati a vedere in mani femminili, era molto difficile trasferirla su un uomo.

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Calda accoglienza a Cannes da parte della stampa internazionale, si vociferava di una Palma sicura per Favino. Da regista, Si aspettava un finale diverso? 

Non me ne importa niente, i premi sono lotterie, belli e importanti soprattutto se sei all’inizio della carriera perché ti danno una forza, ma i premi si scordano, ciò che resta è il film.

A Cannes, Paolo Sorrentino e Tom Cruise si sono schierati dalla parte delle sale e non delle piattafome. Lei come si pone?

Non ho niente contro le piattaforme, niente contro tutte le cose che si trasformano. Ma naturalmente sostengo molto la persistenza di un cinema che intanto sia un cinema, ché quando si parla di film si intende una cosa che ha un inizio e una fine. La serialità è stupenda ma è un’altra cosa. E poi la sala è un’altra esperienza, non soltanto per le dimensioni. È la condivisione con gli altri spettatori a fare la vera differenza.

I David quest’anno si sono tinti d’azzurro e Qui rido io ha fatto vincere il premio come miglior attore non protagonista a Eduardo Scarpetta. Cosa ha visto in lui che pensa sia arrivato così tanto?

Eduardo aveva debuttato al cinema con me in Capri Revolution, è stato un passaggio abbastanza naturale. Lo ha fatto benissimo, è un attore bravissimo, si è fatto vedere, si è fatto notare, si è fatto amare. Perché come suo padre non è soltanto un bravo attore, è anche una persona speciale.

Mario Martone festeggia il David di Edoardo Scarpetta.
Mario Martone festeggia il David di Edoardo Scarpetta.

C’è grande aspettativa su di lei dopo questi ultimi successi. Qual è invece la sua aspettativa su se stesso?

Non lo so, io vado passo passo, non è che faccio i piani quinquennali. Abbiamo in mente un altro film dopo esserci riposati. Poi ho un altro progetto in cantiere, ci ritroveremo qui a parlarne tra un po’.

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