Maria Latella: “Torno in Rai mentre tanti vanno via, non ho mai avuto padrini politici”
Maria Latella è una delle novità di questa stagione di Rai3. La giornalista, che torna in Rai a oltre 20 anni di distanza, occuperà la seconda serata del martedì con "A casa di Maria Latella", dal 10 settembre. Un house talk, così lo definisce lei, evoluzione di quel "A cena da Maria Latella" che aveva proposto su Sky. Un'operazione che definisce il nuovo martedì sera di Rai3, storico spazio destinato al talk show politico. Lo fa con un programma in cui simula una cena post teatro con amici, per parlare di temi di attualità. In questa intervista Latella racconta il progetto e parla del suo ritorno al Servizio Pubblico: "Una scelta in controtendenza come molte di quelle fatte in carriera".
Andrete in onda a partire dalle 23 circa. Quali aspettative per una fascia sostanzialmente nuova per Rai3?
Io per 21 anni mi sono rivolta a un pubblico di nicchia come quello di Sky Tg 24. Rai3 ha un pubblico più ampio, ma l'idea di partenza è quella di fare un programma che incuriosisca le persone che seguano Rai3 in prima serata, che spero si fermino a guardare quello che mi piace definire un house talk nella seconda. Non mi faccio aspettative numeriche, quello che mi interessa è conquistare un pubblico che non mi conosce: per loro sono nuova. Ci vorrà del tempo per addomesticarli a un volto televisivo che per 21 anni è stato da un'altra parte.
Ha parlato di nicchia, parola spesso demonizzata in Tv. Ma in effetti la nicchia, per quanto piccola, è fedele e disposta a spostarsi.
Questo lo vedremo e me lo auguro. Ciò che mi prefiggo è continuare a fare un talk con caratteristiche diverse, perché a tavola la gente ascolta, se non altro perché deve mangiare e quindi un po' di tempo per far parlare gli altri c'è. Non è un confronto, ma il piacere della conversazione che cerchiamo di unire alla cucina. Ovviamente, andando in onda alle 11 di sera si tratterà di un dopo teatro o un dopo cinema, quando si dice di andare a mangiare qualcosa a casa di qualcuno.
Conversare significa anche poter discutere, dibattere e litigare. In cosa sarà diverso da un talk show?
Assolutamente, si può e anzi si deve essere in disaccordo. La differenza è che non si litiga, bensì si ascolta.
La prima puntata di cosa parlerà?
Affronteremo un paradosso italiano, quello della casa. Le statistiche ci dicono ci siano 2 appartamenti ogni 3 abitanti. La generazione dei millennials fatica a trovare nelle grandi città una sistemazione accettabile e chi arriverà dopo farà ancora più fatica. Ci sono troppe case affittate ai turisti, ed è un problema, ma anche tante case sfitte, quartieri che se ristrutturati potrebbero offrire spazi a cifre accettabili. Abbiamo deciso di mettere a confronto persone che sanno di cosa si parli.
Chi ospiterà il 10 settembre?
Ci sarà Edoardo Ferrario, che racconta in un suo spettacolo le peripezie con sua moglie per trovare una casa a Roma e penso si possa sorridere anche delle cose che fanno incazzare. Poi ci sarà Jonathan Bazzi, scrittore che racconterà come lui e il suo compagno abitino in 50 mq a Milano dove entra acqua ogni qualvolta piova. Infine ci sarà il parere di una generazione diversa, Ferruccio De Bortoli che ci spiegherà cosa sta accadendo.
Poi ci sarà anche Virginia Raggi.
Esatto. Volevo il punto di vista più libero di un sindaco che non è più sindaco e quindi può parlare senza troppe catene.
Raggi era fuori dai radar da tempo.
Sì, amo molto i personaggi fuori dai radar, anche perché le televisioni si scambiano gli ospiti a ciclo continuo. Li vedi da una parte e poi dall'altra. Insieme all'idea dell'house talk vorrei anche introdurre facce meno viste, meno note.
Siederà a tavola con voi, oppure sarà un'intervista faccia a faccia?
Sarà a tavola con noi e poi prenderà un caffè con me, che è lo spazio di chiusura del programma e la vera novità.
Le interviste in Tv vivono una nuova giovinezza, oggi servono tanto alla propagazione di ciò che della Tv finisce su social e giornali. Lei ha condotto per anni un programma intitolato proprio L'intervista. Lo aveva capito prima?
Ho fatto l'intervista per 15 anni e si trattava di meno di 30 minuti, dentro i quali riuscivo a fare 21 domande, ma in modo non troppo serrato. L'idea era sempre quella di lasciare qualcosa nello spettatore, non fare qualcosa di inutile, solo acqua che scorre.
Quanto parla con le persone che interviste prima di iniziare?
Poco, molto di rado. Leggo quello che li riguarda, ma non ci parlo. Deve essere una scoperta reciproca. Tutte le volte che ho parlato a lungo con un intervistato mi sono resa conto che le cose più belle me le diceva al telefono, ma non nell'intervista.
Per Rai3 è un momento particolare, si parla di un impoverimento dell'identità di rete forte negli ultimi anni. Ha condizionato la sua scelta di tornare?
Quando mi hanno chiamata, a tutto ho pensato tranne che alla preoccupazione di quello che succedeva su Rai3. Per due ragioni: la prima è la mia storia, io faccio questo mestiere da alcune decine di anni e per me parla ciò che ho fatto. Avevo la serena sicurezza di aver fatto tutto senza padrini politici. Quando hai questa certezza, chi ti chiama sa con chi ha a che fare. Secondo, io guardo al mio lavoro, ho cominciato a Rai3 e ho incontrato persone che mi hanno insegnato molto e, tornandoci decenni dopo ho trovato persone con grande passione per quello che stanno facendo. Penso di poter ancora imparare facendo Tv.
Non ha avuto nemmeno un dubbio?
Ho sempre fatto le mie scelte controcorrente, sono andata a dirigere un settimanale femminile quando ero inviata al Corriere della Sera e sono andata a Sky quando qualcuno mi diceva che non mi avrebbe guardata nemmeno mia madre. Faccio così anche oggi: molti vanno via, io seguo la direzione opposta.
La Tv conserva ancora un ruolo essenziale nella società?
Come giornalista a me interessa lavorare su questo. Io ho iniziato a guardare la Tv quando c'era L'Odissea, uno sceneggiato televisivo meraviglioso. So di parlare di un'altra era, ma quello fu il momento che mi fece amare questo mezzo e tante cose della Tv hanno acceso in me delle curiosità. Continuo a pensare che possa succedere anche adesso per chi guarda. So che la Tv è anche altro, intrattenimento e spettacolo, ma io faccio un altro lavoro, sebbene con un tocco di leggerezza..
Il programma sarà registrato e si sottrarrà al commento dal vivo. Avete scelto appositamente questo modello?
È una cosa che fanno già tutti. Vorrei fare un approfondimento su temi di grande attualità, ma non necessariamente l'argomento del momento, quello più caldo del giorno. Poi c'era una necessità tecnica, gli ospiti vengono in un vero appartamento, si cucina davvero e questo, dal punto di vista della diretta, può creare qualche problema tecnico.
Questo non è il solo impegno che avrà in Rai nei prossimi mesi.
Oltre a questo programma, mi occuperò di Il potere delle idee per Rai Cultura, realizzando interviste con personaggi internazionali del mondo della cultura e della scienza.
Di recente ha intervistato Oprah Winfrey, ci avviciniamo alle presidenziali americane e mi chiedo in che modo tratterà il tema nel suo programma.
Troveremo una chiave per una trasmissione come la nostra per parlarne.
All'interno del nostro dibattito si fatica a uscire dallo schema della guerra tra buoni e cattivi raccontando le presidenziali.
Uscire da questa dicotomia non è semplice, bisogna trovare un taglio che sia appunto diverso rispetto al tipico taglio che vuole un confronto tra un filo repubblicano e un filo democratico. Qualcosa verrà fuori.
Pietro Galeotti è tra gli autori, legato a una lunga esperienza a Che Tempo Che Fa, più di recente a Splendida Cornice, una persona che pensa televisione in maniera larga, oltre gli steccati. Verso quali novità vi spingete rispetto a un format che esisteva già?
Oltre alla novità dell'intervista finale, con uno degli ospiti che si ferma con me e prende il caffè, c'è un nuovo elemento che è in realtà una citazione. In apertura ci sarà un attore che leggerà il menù, come accadeva per l'indimenticabile scena di Vittorio Gassman.