Mare Fuori 4, Maddalena Stornaiuolo: “Sono nata in una Scampia deserta che oggi sta rinascendo”
Maddalena Stornaiuolo è l'attrice napoletana che interpreta il ruolo di Maddalena in Mare Fuori 4, un agente di polizia che, pur mantenendo il suo ruolo di sorvegliante nell'IPM, diventa una spalla, talvolta anche un'amica per le ragazze che sono sotto la sua supervisione. Per interpretarla, Maddalena si è ispirata ad una donna incontrata anni fa: "Non era il timore a farla rispettare dai ragazzi, quanto la sua dolcezza" ci racconta in questa intervista.
Figlia di Scampia, quartiere di Napoli in cui la criminalità è stata per anni l'unica narrazione possibile, Maddalena Stornaiuolo non ha mai guardato quel mondo, oscuro, ma ha sempre cercato di prenderne le distanze, costruendo invece che distruggere. Negli anni, infatti, è stata lei stessa artefice di un cambiamento, grazie alla Scugnizzeria, al lavoro con la casa editrice Marotta & Cafiero, da lei rilevata insieme al marito Rosario Esposito La Rossa e, infine, anche grazie al cinema. "Spero che il cinema mi permetta di raccontare la mia terra, affinché se ne abbia meno paura" confida. E forse c'è già riuscita.
Sei arrivata sul set di Mare Fuori quando la serie era già alla seconda stagione. In che modo ti sei integrata con quella che, a tutti gli effetti, era una squadra già collaudata?
Sono arrivata non come un’attrice scelta per interpretare un ruolo, ma come una fan che entrava nel mondo di Mare Fuori. Sul set sembravo una scheggia impazzita, guardavo le celle, il campetto, poi una volta entrata nella parte è stato molto emozionante. All'inizio ero spaventata, la serie era un treno in corsa, quindi salirci mi metteva agitazione, però l'accoglienza è stata più che calorosa.
La tua Maddalena è una agente di polizia che sorveglia i ragazzi, ma a volte è anche un'amica come si conciliano questi due lati?
C’è un confine sottile, però è voluto. Quando Ivan Silvestrini mi ha scelta mi ha detto di non aver bisogno di una secondina, ma di una agente di polizia empatica con i ragazzi, che riuscisse a portarli sulla giusta via, utilizzando anche metodi che non canonici. Penso che, in generale, sia questa la linea da seguire con chi sta scontando una pena, o con chi va contro le regole, bisogna trovare un escamotage per portare chi delinque dall’altra parte.
Da questo punto di vista la serie spesso è stata criticata per la poca verosimiglianza, ma tu hai avuto modo di ispirarti a qualcuno che hai conosciuto per interpretare il tuo ruolo?
Prima di iniziare a recitare, sono stata a contatto con associazioni che lavoravano in tantissime comunità con minori, erano lì per scontare una pena o per situazioni familiari complicate. Ricordo di aver incontrato un'educatrice, alla quale poi mi sono ispirata. Dall'aspetto sembrava incutere timore, ma poi osservandola mi resi conto di come i ragazzi la rispettassero non per paura, ma perché era in grado di portarli dalla sua parte con dolcezza e una delicatezza che li meravigliava. In un contesto dove i ragazzi vengono giudicati, questa donna riusciva ad accoglierli, a mettersi nei loro panni, si sentivano compresi anche un po’ protetti.
Sei nata a cresciuta a Scampia, un quartiere noto di Napoli soprattutto per la criminalità e la delinquenza minorile. Hai mai temuto, da ragazza, che questo mondo potesse fagocitarti?
Quando ero piccola non vivevo la Scampia che sto vivendo ora, chi ha la fortuna di poterla vivere adesso vive una Scampia migliore. Abitavo nelle Vele, ancor prima che iniziassero gli anni della faida, i miei genitori non volevano che giocassi nello spazio verde lì vicino, avevano paura, preferivano portarmi altrove. Non vivevamo il quartiere, era deserto, un dormitorio, non adatto ai bambini. Questa rinascita è iniziata da qualche anno, è un rinascimento lento, ci vorrà ancora tanto tempo, però si è risvegliata una coscienza collettiva davvero importante.
Da cosa dipende secondo te?
Un contributo, a suo modo, lo ha dato anche Gomorra, si sono accesi i riflettori sul quartiere e di conseguenza, quando si accendono i riflettori, nel bene o nel male, qualcosa arriva e ci si risveglia dopo gli schiaffi ricevuti. Eravamo conosciuti in tutto il mondo, le immagini della faida sono arrivate anche a New York, e vederle fa male, perché ti rendi conto che quella è casa tua e non stai facendo granché per far sì che quella casa, poi, migliori. Abbiamo provato a rovesciare la medaglia, migliorarla, perché è un territorio in cui devono poter crescere i nostri figli e deve diventare accogliente, prima che ci sia un esodo. L'arrivo dell'Università, ad esempio, è stato un passo importante, ha creato un introito lavorativo, si è innescato un circuito economico pulito e il quartiere ne beneficia.
Con Sufficiente e Coriandoli, due cortometraggi premiati con riconoscimenti importanti, hai raccontato Napoli. Cosa volevi emergesse della realtà in cui hai vissuto?
Sufficiente era nato come un saggio alla fine di un percorso laboratoriale. Mi ero iscritta ad un corso organizzato con la Scugnizzeria, per imparare a stare dietro la macchina da presa, ero curiosa, avevo fame di conoscenza. Quando Gianluca Arcopinto ci ha dato il compito di dirigere un piccolo cortometraggio, io e Antonio Rucco, allievo come me, abbiamo iniziato a lavorarci, poi il progetto ha superato le nostre aspettative. Venezia, i Nastri d'Argento, non ce l'aspettavamo, ci interessava portare una visione diversa, quanto meno veritiera, del quartiere che abbiamo vissuto da sempre, una storia vera. L'abbiamo fatto con la massima delicatezza, la massima cura, senza nascondere nulla, solo l'identità dei protagonisti.
E siete stati premiati.
Sì, abbiamo vinto il Nastro d'argento Premio Speciale, dedicato agli esordienti. La mia speranza è che il cinema possa aiutarci a raccontare storie che vengano conosciute dal grande pubblico, perché solo quando conosciamo qualcosa ci fa un po’ meno paura. Scampia è uno di quei quartieri che fa ancora un po’ paura.
Con la tua Scugnizzeria sei parte attiva di questo rinascimento di cui abbiamo parlato. Cosa hai trasmesso, in questi anni, ai tuoi ragazzi?
L'idea di aver trovato una casa. Quando sei l’ultimo della società in un quartiere che è l’ultimo della tua regione, forse l’ultimo in Italia, vuoi essere accolto, vuoi che qualcuno ti tenga la mano, che ti diano una possibilità, non solo di cambiamento, ma che si possa anche pensarlo, immaginarlo, sognarlo questo cambiamento. La Scugnizzeria è tutto quello che non avevamo quando eravamo bambini, qualcosa che si spera possa continuare nel tempo, in altre città, possa ispirare qualche ragazzo a fare la stessa cosa. Sarebbe la soddisfazione più grande.
Qual è la cosa più bella che pensi di aver creato grazie alla Scugnizzeria?
Alla Scugnizzeria non diciamo mai se c’è qualche bambino che ha situazioni familiari un po’ particolari, vogliamo che tra loro si guardino tutti alla stessa maniera. Dopo aver fatto laboratorio insieme diventano amici, si confidano e sono loro stessi a raccontare la situazione in cui vivono. Ci hanno sorpreso, perché sono diventati ancora più solidali e piuttosto che emarginarle, si è creata una rete attorno alle famiglie più in difficoltà. Poi essendo anche una scuola di recitazione, aspiriamo a far emergere talenti. Abbiamo allievi che girano sui set, stanno facendo esperienze importanti dal punto di vista professionale, questo significa togliere manovalanza, a quella tentazione che può emergere se il lavoro ti manca.
E la tua passione per la recitazione come è nata?
Ero molto timida da piccola, tipo che alle interrogazioni diventano fucsia in volto, però questa timidezza mi creava disagio, non volevo subire questo limite e quindi mi sono iscritta ad un corso di recitazione. Il primo giorno è stato un disastro, ma la settimana successiva c’era qualcosa che mi portava a tornare. Nei giorni in cui stavo frequentando, organizzarono dei provini per una miniserie su Canale 5, O' Professore, con Sergio Castellitto e Luisa Ranieri, faccio il provino e lo vinco. Lì mi innamoro di questo mondo.
La domanda più gettonata in queste settimane è chi resterà in Mare Fuori 5, il tuo personaggio ci sarà?
Già so qual è il mio destino, so se tornerò a girare oppure no, ma voi lo scoprirete più avanti (ride ndr).
E dopo Mare Fuori, nuovi progetti all'orizzonte?
Ci sono varie proposte, perché Mare Fuori ti dà belle opportunità, sto valutando, è tutto in stand by. Al momento c'è un mio libro in uscita, poi ho vari progetti con la Scugnizzeria, vorrei girare il primo film con i miei ragazzi.
A proposito di libri, con tuo marito Rosario Esposito La Rossa, hai gestito la casa editrice Marotta e Cafiero che vi è stata affidata qualche anno dopo la morte di Antonio Landieri, cugino di Rosario, ucciso per errore dalla camorra. Che impatto ha avuto questo evento nella vostra vita e come vi ha aiutato a cambiarla?
Un impatto devastante. Abbiamo scoperto dell'accaduto la sera in cui dovevamo ufficializzare il nostro fidanzamento, a casa dei genitori di Rosario, era un sabato, dovevamo andare a mangiare una pizza tutti insieme e scoprimmo che Antonio era stato barbaramente ucciso sotto casa, ci è crollato il mondo addosso. È stato un calvario, ci sono state settimane lunghissime, in cui non potevamo vederci perché si aveva paura, anche a scuola ci fu vietato di andare. Eravamo adolescenti e certe cose erano davvero troppo grandi da gestire. Abbiamo cercato di evitare che questa rabbia che covavamo potesse in qualche modo sfociare in qualcosa di brutto, ci siamo circondati di persone più lucide di noi.
E cosa avete fatto?
La prima cosa che abbiamo fatto è stato creare un murales in memoria di Antonio. Era un ragazzo disabile, adesso riconosciuto come vittima innocente di camorra, ma all’epoca i giornali e le tv ne parlavano male, gli amici iniziavano ad avere dei dubbi, spiegarlo diventava complicato e faticoso. Abbiamo iniziato a girare in lungo e in largo l’Italia per raccontare questa storia, per spiegare che eravamo una famiglia pulita, che non c’entravamo niente con la criminalità. Ci sono voluti più di dieci anni prima di arrivare al documento ufficiale che attesta che Antonio è una vittima innocente.
Siete riusciti, però, a trasformare il dolore in qualcosa di importante.
Non so se la spinta da un lutto così atroce ci ha dato la forza per creare quello che poi abbiamo creato, forse sì, non lo sapremo mai. Sicuramente, nonostante sia fiera di quello che ho costruito, tornassi indietro preferirei non fare quello che sto facendo per evitare che una famiglia debba vivere questo dramma, un dolore così forte, ma soprattutto così ingiusto.