Mago Forest: “Nei miei incubi il pubblico non ride, so che il telefono potrebbe smettere di squillare”
"Mi raccomando bambini, non fatelo a casa. Queste cose vanno fatte in giardino". Nella sua apparente semplicità, questa battuta pronunciata in uno dei suoi tanti sketch rappresenta per me l'essenza della comicità di Mago Forest, al secolo Michele Foresta. Inesauribile fucina di gag, portatore sano di una tradizione che affonda le radici nel cabaret puro, Foresta ha coniato uno stile raro che gli permette di esistere da sempre tramite un alter ego in cui non si mescolano solo comicità e magia, ma soprattutto immediatezza e spregiudicatezza, irriverenza e surrealismo. Alla vigilia di Gialappa's Show, nuova avventura alla conduzione su Tv8 insieme ai suoi amici di sempre, il comico si racconta in questa intervista a Fanpage.it.
Tendenzialmente non rilascia molte interviste. Come è così riservato?
Quando vado in una trasmissione da ospite, preferisco fare il mio lavoro e non andando lì come me stesso a raccontare della mia vita, della mia famiglia. Per il momento vivo, poi magari un giorno mi racconterò. O forse mi sembra così poco interessante da raccontare. Applico questo ragionamento anche ai social, non è che non rispetti chi li usa ma non mi appassionano. Mi imbarazza sapere che qualcuno possa riguardarmi quando vuole.
Per il pubblico è sempre difficile intravedere il confine tra quello che un comico è sul palco e la persona che c'è quando si chiude il sipario.
Sarei un pazzo ad essere esattamente come sono sul palco, ma il confine non è così netto, è una questione di sfumature. Essendo entrato nella terza età, alla lunga e senza accorgermene, ho capito che stando così tanto in televisione la gente abbia capito chi sono.
Parliamo di Gialappa's Show, la sua decima collaborazione con loro. Dopo la parziale uscita del signor Carlo è diventato un po' il terzo gialappo.
Già un tempo si diceva che fossi il quarto gialappo e mi piaceva rispondere che io era la settima letteronza. Ho iniziato a lavorare con loro nel 2001, dopo 9 anni di collaborazione filata, abbiamo avuto altre parentesi negli anni, da Mai Dire Talk a Balalaika. Tornati in studio adesso per lavorare, abbiamo avuto la sensazione che si trattasse dell'ennesima puntata di un programma iniziato nel 2001. Non è cambiato quasi nulla di un rapporto tra amici che scherzano mentre si registra. Manteniamo lo stesso personaggio quando siamo a cena e al bar, loro hanno questo atteggiamento sfottereccio nei miei confronti che io fingo di subire. Per me lavorare con loro rappresentava un sogno e poi è iniziata d'improvviso, in modo naturale, sfociando in un'amicizia. Marco (Santin, ndr) è stato mio testimone di nozze, io in comune ho celebrato con la fascia di sindaco il matrimonio di Giorgio (Gherarducci, ndr).
Lei ha iniziato con la Gialappa's all'apice del successo del marchio Mai Dire. Questa che fase è per quell'universo?
Io credo l'apice della Gialappa ci sia stato quando io li seguivo ancora da spettatore, con Teocoli e Gnocchi. Era qualcosa di mitologico, si facevano i gruppi d'ascolto per seguirli, erano la voce del pubblico a voce alta che rappresentò una rivoluzione. Hanno iniziato quando c'era il tubo catodico, ne hanno attraversato i cambiamenti, dal plasma fino ai cellulari. Quello che è successo con i social lo stava già facendo la Giallappa, andare a cercare le cose nelle Tv private, all'estero. Oggi lo facciamo in maniera personale e ci troviamo tempestati da mattina a sera di meme e video che fanno ridere. Adesso che c'è un nuovo mondo in televisione, siamo ancora qui e poi è una Tv che non è né Mediaset né Rai, la dimostrazione che sono nati nuovi poli dove è possibile andare a sperimentare.
Quindi la sperimentazione sarà una chiave di questa nuova avventura? Ci saranno novità o anche un po' di nostalgia?
Nostalgico può essere nei titoli, nel rapporto tra la Gialappa's e me. La sperimentazione sta anche nella nostra curiosità di capire cosa accadrà. La novità può essere nei nuovi personaggi, nei comici che non si conoscevano, ma poi c'è da capire che il modo di ridere, le dinamiche che generano una risata, non sono mai cambiate da Goldoni ad Eduardo, fino agli stand up comedian americani. Una volta Totò faceva ridere perché si infilava gli spaghetti nelle tasche, toccando un aspetto come quello del cibo come bisogno primario. Oggi il primo bisogno è diventato la connessione al cellulare.
Stessi meccanismi, ma diversi i fattori della contemporaneità che li innescano.
Esatto, volevo dire esattamente questo ma ci ho messo mezz'ora in più a dirlo.
Con la Gialappa's ha lasciato il ruolo di mago per diventare conduttore.
Le trasmissioni in realtà le conducono loro, io sono solo un frullato di presentatori che danno il peggio di loro, uno che ha immagazzinato dati dalla televisione che sputa fuori contesto e fuori scala. Il senso dell'ilarità è questo.
Questo per lei è un momento di carriera molto fortunato. Il timore di passare di moda lo ha mai avuto?
Io vengo da un paesino in provincia di Enna, ho iniziato a fare l'imbianchino a 13 anni, poi ho fatto ragioneria, poi son scappato a Milano, lavoravo nei bar, ho iniziato a studiare mimo nelle cantine. Ho fatto questo lavoro lentamente, piano piano, dalle pizzerie ai bar, una volta dove c'era una lampadina si faceva uno spettacolo. Poi piano piano è arrivato Zelig, la Gialappa, di recente Fazio. Il mio lavoro è stato questo, cresciuto piano piano. È da un po' che il telefono non squilla perché uso solo la vibrazione, ma diciamo che ho messo in conto che un giorno il telefono potrebbe smettere di squillare completamente. Tutte le cose hanno un tempo, una scadenza.
Ripetersi, non sorprendere più. È l'antitesi della comicità e forse il terrore vero di un comico. Curioso che nel suo caso, pur con un solo personaggio da sempre, la cosa non sia mai successa. Ci ha riflettuto?
Sono calcoli che evito, cerco di dare sempre il meglio che posso ma qualsiasi comico, specie se intelligente, avrà sempre la paura di non far ridere. Non mi è mai successo di andare sul palco convinto che avrei spaccato tutto. Personalmente ho il terrore delle tavole del palcoscenico, della luce di una telecamera che si accende.
E come si rapporta a questa paura?
Mi preparo molto, anche se può sembrare il contrario. Lascio naturalmente spazio all'improvvisazione, ma io faccio le nottate a prepararmi, andare di fino, limare le battute.
Quindi questa paura di non far ridere ci sarà sempre?
Ma credo di sì. Non dimentico mai quello che mi disse una volta Arbore, prima di iniziare una trasmissione – forse era il trentennale di Indietro Tutta – e notava fossi particolarmente agitato. "Guarda che anche Modugno, prima di andare in scena, aveva la strizza". Ovviamente non mi sto paragonando a Modugno.
L'ultima volta che non ha fatto ridere se la ricorda?
Negli incubi mi accade spesso, sto facendo uno spettacolo, la gente ride e si diverte ma poi, sul più bello, si alza e se ne va. Quando ho fatto LOL e mi sono trovato davanti a colleghi obbligati a non ridere, pensavo che stessero realizzando il mio incubo.
Penso all'alter ego di Mago Forest, il timore che il trucco non riesca somiglia a quello della risata che non arriva dal pubblico?
Faccio pochi ragionamenti in generale, ma questo ammetto di averlo fatto ed è un'analogia che calza. Il gioco di prestigio ha una musicalità, un percorso che può saltare con un gesto sbagliato, un movimento. Il mago fa dei gesti o dice delle cose per distrarre il pubblico e basta che manchi un elemento per vanificare tutto. Vale esattamente la stessa cosa per la comicità, che è simile al jazz, serve un ritmo che non può venir meno mai.
Fare il mago è stato il pretesto per far ridere o il contrario?
Essendo un mago comico, mi nascondo dietro il fatto che se non faccio ridere dico che sono un mago, se il gioco non riesce dico che sono un comico. Una delle due cose la porto a casa.
Com'è nata la passione per la magia?
Ho iniziato a fare il mago a Nicosia, c'era un amico appassionatissimo di magia, io lavoravo alla radio e facevo un mago indovino per ridere, quindi lui mi ha convinto a fare questa cosa del mago comico e imitavo le gesta del mago Mac Ronay, famosissimo nella Tv in bianco e nero e nei locali vari. Imitavo le sue gag ed è nata la passione. Poi per fare la parodia, come si sa, bisogna conoscere la materia di cui si fa parodia. Oggi è diventata una mia passione e il mio lavoro.
Il velo della comicità le consente anche di sorprendere ogni volta che riesce un trucco, come se nessuno le desse credito come mago.
Infatti è la sorpresa che conta e non sono nemmeno due spazi separati, a me piace molto utilizzare le tecniche di magia per innescare dei pretesti comici.
In uno sketch esilarante e folle fatto con Sara Ventura a Mai Dire di qualche anno fa vi picchiavate in diretta e a un certo punto non si capiva se lei facesse sul serio o no. Spingere sull'acceleratore è sempre stato il suo stile, qualche volta può anche essere disturbante.
Mi sono sempre piaciuti quelli che spostano un po' i paletti. Ricordo quello sketch, Sara Ventura è mia vicina di casa e la chiamai per proporle un'idea per Mai Dire, ma lei pensava cercassi la sorella (Simona Ventura, ndr). Alla fine lo sketch è diventato quello. Lei è una ragazza spiritosissima, simpaticissima e siccome siamo amici ci siamo accordati per menarci davvero.
Quindi erano schiaffi veri?
Sì, assolutamente e ammetto che quello sketch fu particolarmente riuscito.
Ricorda altre follie?
La mia memoria mi frega, diciamo che quando ne fai troppe di cazzate può succedere.
Ci sono battute che le hanno creato problemi?
Con la Gialappa's se una cosa faceva ridere, anche se sconveniente, si faceva. Ricordo che per delle battute magari interveniva l'editore, che diceva la cosa fosse a rischio denuncia. Allora si fermava tutto, ne parlavano gli avvocati, a volta la cosa ha portato a querele. Oggi partono prima gli shitstorming della gente che ti insulta.
I confini della comicità. È un tema nella sua categoria al di là del "non si può dire più niente"?
Certo che lo è, inutile negarlo. Io sono chiaramente a favore delle nuove sensibilità e prese di coscienza, l'idea di non utilizzare con leggerezza certe questioni e parole, però credo anche che se si scherza su un tema, non si sta facendo per forza bullismo. Se lo si sta dicendo nel contesto di una trasmissione comica, va presa per quello che è. Il rischio è che a furia di voler difendere la propria categoria si arriva a degli estremi, ma un comico non può porsi dei limiti, altrimenti diventa un comico spuntato.
In un contesto comico, insomma, tutto è concesso?
Io non ho mai scherzato su malattie e cose varie per motivi miei, ma se ho intenzione di scherzare su qualsiasi altro argomento, non voglio sentirmi limitato, chiaramente assumendomi le mie responsabilità. Io credo che questa iper suddivisione in categorie rischi di diventare parodia.
In Cina un comico è stato multato per una battuta sull'esercito. Lei è mai stato redarguito o vittima di uno shitstorm?
Ho ricevuto critiche pesanti sui social perché a LOL ho preso in giro Max Angioni, che è un mio amico con cui ho fatto decine di spettacoli. Lui naturalmente era felicissimo, perché se tra comici non si innesca conflittualità, non scaturisce nulla. Sono stato tacciato di bullismo, il vecchio comico che bullizza il giovane. Una cosa surreale che ha costretto Angioni a difendermi.
Arbore e Frassica, Zelig, Gialappa's, oggi Fazio. La vita è una questione di incontri, quale tra questi è stato il più rilevante per lei?
Qui dovrei rispondere con una battuta tipo "visto? non mi so tenere un lavoro". Sono stato molto fortunato negli incontri, mi sono trovato bene con tutti quelli citati. Sicuramente con Arbore ero un ragazzino, entrai nel suo programma con un semplice provino, sicuramente quell'incontro è stato un po' il detonatore, la mia prima pacca sulla spalla per dire che forse ero sulla strada giusta, quando meno me lo aspettavo.
Quanto a Fazio, inevitabile un commento su questa vicenda del suo addio alla Rai. Avevate sentori?
Qui invece dovrei darti una risposta seria. Non ho ancora ragionato sulla cosa, sicuramente l'ingerenza della politica in questo momento si percepisce, però allo stesso tempo penso che Fabio sia un enorme professionista, ha lavorato benissimo in Rai per 40 anni, ma secondo me un po' di aria nuova non potrà che fargli bene per continuare a fare cose molto belle. Lui è una delle persone più corrette che io abbia mai incontrato in questo mondo e se ha fatto questa scelta, penso sia quella giusta.
Magari lo seguirà anche a NOVE per la sua nuova avventura.
Se mi chiama, ci vado volentieri. Una volta si firmavano le esclusive, poi ho capito che firmarle significa anche perdersi delle possibilità di fare cose belle. Adesso mi piace andare dove mi diverto e se mi chiamerà Fabio ci andrò volentieri.
Se il telefono squillerà…
Se il telefono vibrerà.