Luisa Ranieri: “La mia fisicità non andava di moda al cinema, a volte ho pensato di mollare”

Protagonista di “Diamanti”, il nuovo film di Ferzan Ozpetek in sala dal 19 dicembre, l’attrice racconta a Fanpage.it: “È un film che racconta il peso di essere donna in una società che viene dal patriarcato”. E sul momento d’oro: “Ho lavorato tanto su me stessa anche quando la mia fisicità non andava di moda. Ogni frustrazione mi ha insegnato qualcosa e mi ha resa più forte”.
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Diamanti, l'ultimo film di Ferzan Ozpetek al cinema dal 19 dicembre con Vision Distribution, è un film che "ci riguarda tutti". Luisa Ranieri, protagonista di questa grande storia al femminile che omaggia il mondo del cinema e del teatro dal punto di vista delle artigiane e delle sarte dello spettacolo, in una intervista a Fanpage.it racconta "quanto le nostre madri, nonne, mogli e figlie portino il peso di essere donna in una società che viene da una cultura molto patriarcale. Gli uomini dovrebbero vederlo per capire quanto le donne fatichino per conciliare vita privata e lavoro".

L'attrice napoletana interpreta Alberta, proprietaria di una sartoria negli anni '70: "È una donna apparentemente molto dura, che negli anni Settanta ha dovuto indossare una maschera per portare avanti la sua sartoria con professionalità. È molto responsabile verso la sua sartoria perché dà lavoro a tantissime donne, e ne sente sia il peso che la gioia".

Che donna è la tua Alberta?

Alberta è una donna apparentemente molto dura, che negli anni Settanta ha dovuto indossare una maschera per portare avanti la sua sartoria con professionalità. È una donna che cerca di mascherare le sue fragilità e che ha rinunciato a una parte della sua vita per il lavoro, con il quale si identifica completamente. È molto responsabile verso la sua sartoria perché dà lavoro a tantissime donne, e ne sente sia il peso che la gioia.

Com'è stato lavorare con un cast corale così importante, con tante attrici?

È stata un'esperienza sorprendente, che ha superato ogni pregiudizio. Di solito si dice che un insieme di donne sul set porti problemi, ma Ferzan è riuscito a mettere insieme delle attrici particolari, degli esseri umani speciali. Eravamo tutte disposte all'ascolto, anche nelle difficoltà – come girare a Roma a 45 gradi con le parrucche. Come ha detto Geppi Cucciari, è stata "un'esperienza antropologica meravigliosa".

Luisa Ranieri con Ferzan Ozpetek e Jasmine Trinca sul set.
Luisa Ranieri con Ferzan Ozpetek e Jasmine Trinca sul set.

Ozpetek dice che questo è un film che aiuta tutti a riscoprire il proprio lato femminile. Sei d'accordo?

Penso che questo film ci riguardi tutti perché parla di passioni, dolori, della forza di doversi riprendere e andare avanti. Racconta quanto le nostre madri, nonne, mogli e figlie portino il peso di essere donna in una società che viene da una cultura molto patriarcale. Gli uomini dovrebbero vederlo per capire quanto le donne fatichino per conciliare vita privata e lavoro.

Il film è dedicato a tre icone: Monica Vitti, Mariangela Melato e Virna Lisi. Che ricordo hai di loro?

Tre mostri sacri della recitazione. Quella generazione è stata di grande ispirazione per noi attrici. Monica Vitti è passata dalla tragedia alla commedia con una semplicità e una verità uniche. Virna Lisi aveva una bellezza elegante e una bravura asciutta. E Mariangela era incomparabile. Sono attrici che hanno dato tantissimo a noi oggi, disegnando un femminile diverso in quegli anni. Si è tornati indietro, per un periodo, ma adesso stiamo recuperando.

Questa è la tua quarta collaborazione con Ozpetek, ma la prima da protagonista. Cosa ti ha spinto ad accettare?

Quando trovi delle alchimie con un regista, hai voglia di approfondire l'esperienza lavorativa. Ovviamente quando fai dei piccoli ruoli, lo fai però è tutto circoscritto. Interpretare un personaggio è come fare un viaggio nella vita di un altro, ed è ancora più speciale farlo attraverso il punto di vista di chi ti dirige. È un doppio viaggio. Avevo voglia di mettermi in gioco in modo diverso con Ferzan, proprio perché avevamo fatto delle cose belle insieme. Stavamo facendo ancora Nuovo Olimpo e lui mi disse: "Sto pensando a un film al femminile e vorrei che tu ci fossi". E lì gli ho lanciato la battuta in napoletano: "Eh, però, nun me fa fà ‘o ruolino". 

Come sei riuscita a costruire il personaggio di Alberta?

Mi sono ispirata un po' a Ferzan e un po' a Moira Mazzantini. Ho cercato uno sguardo meno dolce del mio, più puntuto. Di solito mi dicono che non posso fare la cattiva perché ho uno sguardo dolce e un sorriso aperto che porta verso un cliché di donna buona. Qui ho voluto dimostrare che posso essere anche antipatica. Ieri, mentre mi guardavo nell'anteprima, mi sono detta: "Ammazza, che stron*a!". 

Luisa Ranieri e Jasmine Trinca in una foto di scena.
Luisa Ranieri e Jasmine Trinca in una foto di scena.

Tra Nuovo Olimpo e Diamanti c'è stata Parthenope. Negli ultimi due film di Paolo Sorrentino, hai rappresentato una parte di Napoli completamente inedita e sfacciata. È stato un messaggio molto forte, contemporaneo con quella che è l'immagine attuale della città nel mondo. 

È merito dell'autore, perché la scrittura di Paolo ha tanti strati. Anche io, da napoletana, leggendo ci ho visto delle cose che chi napoletano non è, non le percepisce fino in fondo. Ci ho visto molte sfaccettature che mi hanno fatto dire: "Meno male". Sono molto contenta di queste due esperienze con lui perché mi hanno accresciuto molto.

Hai dovuto conquistarti il tuo spazio. Cosa diresti a chi si sente non all'altezza delle aspettative?

Non sentirsi all'altezza non è sempre un male, a volte è un bene perché ti fa avere dei dubbi, e i dubbi ti fanno crescere. Bisogna coltivare i dubbi. Le troppe certezze non ci fanno diventare persone migliori. A chi ha difficoltà dico che il suo momento arriverà, bisogna mettersi in cammino. La vita è un percorso di crescita, l'ho imparato sulla mia pelle. A volte ho pensato di mollare, ma sono grata al percorso fatto: ogni no, ogni frustrazione mi ha insegnato qualcosa e mi ha resa più forte.

Ti sei mai sentita vittima dei pregiudizi? 

Quando ho iniziato, la mia fisicità e la mia faccia non andava di moda al cinema. Agli inizi, ho avuto un momento forte e ho faticato rispetto all'aspettativa di fare un cinema d'autore. Ma sono stata là, sul pezzo e ho fatto delle scelte, delle rinunce economiche, ma sono andata dritto al mio obiettivo, lavorando su me stessa, preparandomi e lavorando.

Un film che ti ha cambiato la vita. 

L'amore molesto. L'ho visto in un momento della vita in cui, come nel film Parthenope, cercavo il mio Marotta. Era la mia professoressa di italiano, Marosella Di Francia, e lei mi ha aperto la testa. Non sapevo dove mettere queste cose, mi arrivavano delle informazioni e non sapevo dove collocarle perché ero ancora acerba. Non sapevo che volevo fare l'attrice, mi ero messo in testa di fare il magistrato. Studiando mi sono resa conto che non mi apparteneva. Alla fine, mi sono ritrovata a cercare la mia strada e piano piano, eccomi qua.

Come sei cambiata come persona e come attrice negli ultimi anni?

Sono cambiata molto, grazie alla vita che ho fatto, agli incontri, alla famiglia, ai figli. Prima ero estremamente esigente con me stessa, una vera rompiscatole. Mi sfinivo. Adesso sono più morbida e accogliente con me stessa. Se prima ero accogliente solo con gli altri, al limite anche di sopprimere me, ora ho imparato a proteggere il mio spazio e non permettere a nessuno di infrangerlo.

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