Lory Del Santo racconta la storia con Donald Trump come fosse The Lady: “Non volevo pensasse fossi una donna facile”
Sarebbe potuta diventare la first lady americana Lory Del Santo se, quel giorno di 25 anni fa, non avesse rifiutato di continuare a frequentare Donald Trump, neo eletto presidente degli Stati Uniti d’America. Lory, ambitissima showgirl italiana che ha trascorso metà della sua vita negli States, ha raccontato in un’intervista a Fanpage.it il primo incontro (e quelli successivi) con il tycoon americano. Dal primo sguardo in ascensore fino all’addio consumatosi all’interno di un ristorante dell’Upper East Side: abbiamo chiesto a Del Santo di raccontare quella storia d’amore mai iniziata come se stesse accingendosi a scrivere la sceneggiatura del suo The Lady. Il risultato – dialoghi e sospiri di genuina sorpresa compresi – potete leggerlo qui sotto.
In che anno hai conosciuto Donald Trump?
Lui aveva chiuso la relazione con la seconda moglie, Marla Maples, quella che aveva lanciato il diamante che le aveva regalato e dalla quale ha avuto una figlia (Tiffany, nata nel 1993, ndr). Quindi siamo tra il 1997 e il 1999. Tanto tempo fa. Già allora era un abile comunicatore. Un ammaliatore, oltre che un grande conquistatore di donne. Aveva charme, personalità e sapeva il fatto suo.
Eravate entrambi single?
Sì, certo. Ricordo che era il periodo in cui con la ex moglie aveva litigato e lei aveva lanciato l'anello di diamanti che le aveva regalato.
Hai dichiarato di essere rimasta paralizzata dopo averlo visto entrare nello stesso ascensore che stavi usando tu. Perché?
Restai paralizzata perché, tutto mi aspettavo, fuorché di trovarlo in ascensore. Lui era già molto famoso, era considerato un uomo ricchissimo e mi era capitato pochissime altre volte di incontrare miliardari di quel calibro. Quello di andare in America e incontrare il milionario di turno era un sogno per tantissime ragazze giovani.
Mi racconteresti la scena?
Certo. Ero entrata dall'ingresso laterale privato della Trump Tower perché dovevo raggiungere l'appartamento di un amico che viveva al 33esimo piano. All'epoca, non so se c'è ancora, nei pressi dell'ascensore privato c'era un funzionario in divisa che schiacciava il pulsante del piano al posto tuo. Entrai ma il funzionario non c'era per cui nessuno premette il pulsante del mio piano. Dopo qualche istante di smarrimento, mi trovai davanti Trump che entrò in ascensore e pigiò il pulsante dell'ultimo piano. In quel momento, persi il senso del tempo. Lo guardavo e pensavo "Sono davvero di fronte a Donald Trump?". Nel frattempo, mentre ero ancora senza parole, l'ascensore cominciò a salire. In un secondo arrivammo al suo piano.
L'ascensore dava su un ingresso o direttamente all'interno dell'appartamento di Trump?
Dava nel suo salotto. Aperte le porte, eri già dentro. Quindi lui si gira e mi fa: "Are you following me? (Mi stai seguendo?, ndr)". A quel punto esco dalla trance in cui ero precipitata e mi scuso. Lui, però, fu carinissimo: mi invitò immediatamente ad avanzare perché potessi vedere casa sua. Ricordo che era pieno di marmo ovunque, con modanature color oro ed enormi finestre. L'arredamento era molto ricco e in stile francese, molto pomposo. Le vetrate davano su Central Park ma eravamo talmente in alto che sembrava tutto minuscolo. Era tutto bellissimo.
Folle da parte di Trump lasciare entrare un'estranea in casa. Saresti potuta essere chiunque.
Esatto ma lui non sembrava farsene un problema. Forse io mi sono sempre sottovalutata, non ho mai pensato di essere così bella, ma gli altri mi vedevano diversa da come mi percepivo. Avrà visto entrare questa ragazza in casa e non si sarà preoccupato che potessi essere pericolosa. Ricordo che con lui era facile chiacchierare. E poi io sono molto simpatica, sono un pozzo di stupidaggini mischiate a conoscenza reale delle cose, due aspetti che so mischiare bene. La conversazione è decollata immediatamente e, quando mi sono accorta di dovere andare via, gli ho lasciato il mio numero.
Quanto tempo sei rimasta nel suo appartamento?
Saranno stati 15 minuti. Sono andata via perché non volevo approfittare. Nella vita ho sempre odiato dare l'idea di sembrare una donna facile. Non importa chi sei, per conquistarmi devi fare uno sforzo. Non mi sono mai concessa solo perché davanti a me c'era un uomo ricco e famoso. Non volevo essere una delle tante. Credo di avere mancato tanti uomini ricchissimi proprio perché rimanevo immobile. Ho incontrato tanti uomini potenti, ricchi e famosi che pensavano sarei stata io a fare il primo passo. Ma non l'ho mai fatto, indipendentemente da chi mi trovassi di fronte.
Dopo quanto tempo dal primo incontro Trump ti ha richiamata?
Dopo un paio di giorni. “Ciao, sono Donald”. Io mi trovavo nell’appartamento di un amico, che in quel momento era un cantiere perché lo stavo aiutando a ristrutturarlo. Trump si trovava poco lontano e mi propose venire a trovarmi, sebbene io fossi perplessa perché ero in ciabatte, con gli abiti sporchi di polvere e non volevo farmi vedere in quelle condizioni. Lui però insistette e mi raggiunse. Quando arrivò, i muratori – che non conoscevano il padrone di casa – credettero di trovarsi di fronte a mio marito e, convinti che fosse lui a pagare i loro conti, cominciarono a mostrargli tutto il lavoro svolto fino a quel momento (ride, ndr). Trump non li corresse e si fece guidare a ispezionare ogni ambiente della casa. Fece perfino loro i complimenti. A quel punto ci spostammo, cominciamo a parlare e lui mi chiese che cosa ne pensassi delle sue ex mogli. Gli disse che le trovavo molto belle e ne fu felice. A lui piace essere adulato.
È vero che avete cenato insieme dopo quell’incontro?
Fui io a proporgli di vederci per cena. Lui doveva cenare in un ristorante molto famoso tra i newyorkesi sulla Upper West Side e, visto che voleva rivedermi, gli promisi che sarei passata. Ricordo che in quel periodo avevo diversi impegni a New York e poco tempo da dedicargli per cui, consapevole che sarei ripartita dopo poco per l’Italia, accettai di raggiungerlo per cena e lui mi diede il suo numero ma gli dissi che stavo partendo e che non volevo impegnarmi.
Ma era Donald Trump!
Lo so ma io stavo davvero partendo e non avevo idea di quanto tempo sarei rimasta in Italia. Mi rispose di non preoccuparmi ma insistette affinché, una volta tornata negli Stati Uniti, lo chiamassi. Quello che mi aveva dato era il suo numero diretto, quello privato. Mi chiese di rivederci ancora prima che partissi ma io rifiutai: se avessi accettato. Mi sarebbe sembrato come interrompere qualcosa che era già iniziato, lo trovavo brutto. Quindi gli promisi che lo avrei richiamato al mio ritorno in America ma non l’ho più richiamato. Era trascorso troppo tempo.
Nemmeno lui ti ha più cercata?
No perché all’epoca non era come oggi. Io avevo un telefono americano che in Italia non funzionava.
Se fosse accaduto oggi questo primo incontro, come sarebbe andata?
In maniera completamente diversa. Per la mentalità che ho oggi e la semplicità nelle comunicazioni, avrei sicuramente esplorato quella conoscenza.
Una sfiga legata al periodo storico, insomma.
Esatto (ride, ndr). Lui ce l’aveva messa tutta, pur restando sempre un gentiluomo. Altri uomini ricchi e potenti come lui trattano le donne come se fossero solo carne. Da Trump, invece, mai una mano mossa in maniera impropria.