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Letizia Toni: “Non mi sentivo accettata, l’attrice a casa mia era un lavoro poco serio. Sono scappata”

Intervista all’attrice che interpreta l’icona rock nel film “Sei nell’anima”. Un’esperienza che le ha cambiato la carriera e, forse, anche la vita. Oggi Letizia Toni è pronta ad ogni ruolo: “Non capisco perché scrivano sempre quanti anni ho, io ho l’età dei personaggi che interpreto”.
A cura di Andrea Parrella
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Chi l'ha vista in "Sei nell'anima" ha pensato: è uguale. E in effetti la prossimità tra Letizia Toni e la Gianna Nannini interpretata nel film di Netflix è a tratti impressionante. Ma somigliare non vuol dire imitare e la storia dell'attrice toscana la dice lunga su quanto il suo lavoro di avvicinamento al personaggio di Gianna Nannini sia stato un percorso durante il quale ha capito, giorno dopo giorno, che provare a somigliarle fosse quasi superfluo, perché la sua vita sembrava già quella di Gianna Nannini: "Guardando una sua intervista a vent'anni mi ha fatto impressione sul serio, uguale nel modo di parlare, negli atteggiamenti", racconta Letizia Toni in questa intervista a Fanpage.it, che è un modo per ripercorrere in questa esperienza che le cambia la carriera e, forse, l'esistenza.

Due anni di lavorazione sono oggettivamente tanti credo che siano anche spossanti, com'è arrivare al momento di finalizzazione?

Una specie di post partum. Il primo anno di preparazione è stato pazzesco, pieno di emozioni, per un percorso nuovo e molto complesso. Nonostante ci fosse un bel po' di lavoro da fare per preparare il personaggio, non mi stancava mai, ero presa totalmente e non vedevo l'ora. Poi c'è stata tutta una parte dopo aver girato di attesa che uscisse e quella è stata pesantissima. Diciamo che è stata più difficile uscire dal personaggio che entrarci, perché Gianna abitava dentro di me, era lei che faceva le cose.

La cosa più complessa del lavoro che fai, forse, è questo scollamento temporale tra quando le cose le realizzi e quando effettivamente arrivano a compimento e poi le devi raccontare.

Anche spiegarlo è difficile. Mentre sei lì a fare cose è un conto, ma io non è che procedessi secondo un manuale. Diciamo man mano che che studiavo che cercavo di reperire informazioni materiale per il personaggio, scoprivo cose, entravo nella psicologia delle scene e di quello che erano gli stati d'animo di Gianna.

A dispetto di quello che solitamente accade per i biopic che si fanno quando i personaggi sono defunti, insomma. Tu giustamente avevi costantemente non solo un confronto vivente. Probabilmente temevi anche una sorta di giudizio da parte di Gianna.

All'inizio sì. Poi in realtà dopo averla conosciuta non più perché lei si è subito dimostrata entusiasta di me, cioè aveva capito che stavo andando in una direzione giusta. Poi è chiaro che lei aggiustava il tiro su alcune cose, ma dopo averla conosciuta il timore di sbagliare si attenuava. Era come se pian piano mi accompagnasse nella direzione giusta. Avendola vicina capivo un sacco di cose in più, vederla parlare e camminare. Ho scoperto una persona molto empatica, buona, dolce con gli altri.

Eppure a un occhio esterno potrebbe apparire una persona un po' scontrosa. Che idea ti eri fatta prima di conoscerla?

Può sembrare dura ma non è assolutamente così. Forse è un atteggiamento che lei ha chiaramente perché a un certo punto è stata travolta anche da una grandissima fama. Ha influito sul suo stile di vita, sul suo modo di fare e concepire l'amore, la maternità. Ci ha sofferto tantissimo per questo, essendo una persona dolcissima e fragile. A un certo punto non hai più voglia, devi difenderti, anche perché il suo intento è quello di dare molto tramite la sua musica.

Il gossip ha avuto una responsabilità in questo?

L'ha fatta un po' incazzare, ha sempre ritenuto di avere il diritto di vivere come tutti, per quale motivo uno avrebbe dovuto aggredirla nel suo privato? In questo senso probabilmente da quell'impressione lì, ma è una persona stupenda, di grande umanità.

Lei è stata molto presente durante il periodo di riprese?

Era messa al corrente di tutto e via via controllava il lavoro, quindi veniva spesso sul set per capire come andassero le cose.

In particolare ti ha aiutata molto per la questione la questione vocale. C'è chi non ci crede che a cantare sia davvero tu nel film.

Un lavoro maniacale, cioè si rasentava la malattia. Ho passato veramente un anno nell'ossessione perché sentivo e ci poteva arrivare. Capivo di non voler fare un'imitazione, ma è stato bello mantenere la mia voce anche per preservare una credibilità del prodotto, avrebbe potuto creare una distanza.

Le vostre vite sono molto simili. La passione di entrambe contro i desideri della famiglia, il desiderio di autonomia. Hai scoperto solo col tempo che erano quasi identiche?

C'erano delle interviste vecchie che me lo facevano intuire. Una in particolare in cui rivedevo davvero me a vent'anni. Mi ha fatto impressione sul serio, uguale nel modo di parlare, negli atteggiamenti. Più la ascoltavo e più pensavo fosse assurdo, perché lei descriveva Siena come io avrei descritto Pistoia dove sono nata, descriveva il rapporto coi genitori come avrei fatto io con la mia famiglia, la stessa chiusura mentale. La cosa mi ha incuriosita ancora di più anche prima di conoscerla, più scavavo e più trovavo somiglianze. Anche nelle abitudini familiari, il fratello che fa una cosa ed è sempre il primo. Al suo tempo i genitori ritenevano quello della cantante un lavoro poco serio e lo stesso valeva per me che volevo fare l'attrice. Non venivo presa in considerazione.

Nel film "Sei nell'anima" Gianna Nannini mostra ai genitori la copertina del disco America, con la Statua della Libertà che regge un vibratore.
Nel film "Sei nell'anima" Gianna Nannini mostra ai genitori la copertina del disco America, con la Statua della Libertà che regge un vibratore.

C'è una scena in cui siete a tavola e si capisce che i genitori di Gianna danno molto più peso al fratello che a lei.

Esatto, infatti è una scena di casa mia. Non a caso quel giorno sono venuti i miei genitori sul set, hanno assistito a quella scena e mia madre si è messa a piangere, perché quella era casa nostra.

Quindi questo film ha risolto anche un po' questo nodo con i tuoi genitori?

Tantissimo. Con i miei c'è sempre stata un po' di distanza. Quando studiavo recitazione non mi sono mai sentita molto accettata. Loro volevano che lavorassi in azienda, c'era mio fratello che faceva qualcosa e loro erano entusiasti, ne parlavano per settimane intere e io lì con una cretina, ci soffrivo un pochino perché era come se io fossi scema. Come se non facessi mai qualcosa di buono.

Tuo fratello questa cosa la capiva? Nel film traspare l'idea che il fratello di Gianna comprenda questo disinteresse della famiglia e sia a lei molto vicino.

Vale lo stesso con mio fratello. Vivevo in una periferia lontana dalla scuola, quindi non è che poi avessi tanti amici intorno, stavo principalmente con lui e con lui sono cresciuta. C'è un rapporto stupendo, è una delle persone più importanti della mia vita, la prima che chiamerei in caso di bisogno. Insomma è lucidissimo, cioè ha delle caratteristiche in più rispetto a me che mi dà molto mi dà molta sicurezza averlo.

L'insofferenza ti ha legata al personaggio che interpretavi. 

Esatto, questo bisogno sempre di dover dimostrare ai genitori per cercare l'approvazione erano sentimenti che aveva Gianna e che ho sentito che avevo anch'io. Sentimenti che sicuramente poi avranno anche tantissimi altri ragazzi e persone che hanno tentato e cercato di fare qualcosa di diverso, intraprendendo un'altra strada.

Andrea Delogu nei panni di Mara Maionchi
Andrea Delogu nei panni di Mara Maionchi

Tu da Pistoia, lei da Siena, siete entrambe di provincia rispetto alla geografia della musica e del cinema. Conservi questo sguardo esterno, o sei immersa in questo mondo?

Lo guardo da fuori, però mi sono resa conto che questo guardarlo da fuori mi torna bene, mi fa mi fa gioco nel senso positivo, perché non mi omologo mai. In questo modo non sono uguale, non faccio come fanno gli altri, provo ad evitare di appiattirsi. Nello spettacolo ci si guarda a vicenda e si cerca non di assomigliare agli altri, però si adottano le stesse sfumature. Io preferirei rimanere di provincia, originale.

Una forma di purezza che è anche ingenuità.

Diciamo qualcosa sarebbe bene imparassi a capirla perché sennò mi fregano e mi sbranano viva. Diciamo che è giusto capire i meccanismi, però non lo so, farsi risucchiare è una roba che non mi va.

Al momento puoi dire per certo che non sei ancora ancora cambiata?

A volte gli amici mi fanno le battutine stupide, ora che hai fatto il film non sei più la stessa. Ma di cosa? Cioè, ho fatto un film. Insomma è chiaro che un po' si cambia per proteggersi dalle cose e prevenire, ma non è che io cambio la mia personalità.

Questo film per te arriva dopo una pausa di alcuni anni, dovuta all'incidente che hai subito. Questo primo ruolo di rilievo per te arriva quasi a 30 anni. Senti di aver iniziato tardi?

Bisogna partire subito quando lo si sente. Io sono partita tardi perché non sono stata abbastanza ribelle da partire prima, dovevo scappare a 16 anni mentre a 20 anni ero già grande. Ma non mi sento grande, non lo sono. Sono arrivata a 30 anni e non ho capito perché. Tra una cosa e l'altra, dal covid all'incidente che mi ha costretta a stare ferma per molto tempo a causa dei problemi al braccio. Però, dico io, aspettate un attimo! Poi non so perché la mia età, ma l'età in generale eh, non solo la mia, la scrivano sempre. È necessario?

Hai avuto la percezione che in questo mondo l'età contasse molto?

Io devo interpretare ruoli, a che cosa serve a un regista sapere la mia età anziché chiedermi di averne una? Io posso assomigliare a una dei vent'anni ma se ne serve una di 30 divento una trentenne, se me ne servono 35 divento 35enne. Cioè tu mi devi dire cosa vuoi e io te lo porto, questo è la personalità secondo me. È come il canto, io non sono una cantante, c'è bisogno che canti? Imparo a cantare. Io ho l'età dei personaggi che interpreto.

Tornando al film, racconta solo una parte della parabola di Gianna Nannini, quella che porta a un attimo prima dell'esplosione definitiva del successo. Secondo te si potevano abbracciare anche altri momenti della sua della sua vita?

La sceneggiatura del film è ispirata al libro, "Cazzi miei", in cui c'è un excursus un po' generale su tutta la vita in questo flusso di pensiero. Concentrarsi su questa fase era utile per il biopic e per dare l'idea di evoluzione del personaggio al di là del mito. Nel frammentare una serie di cose credo avrebbe rischiato di diventare una specie di documentario, molto lineare. Raccontare dove sia tutto, quella parte che le persone non conoscono e dove prende forma lei come come carattere, non come come personaggio. Era quella la parte interessante.

Andrea Delogu nella serie è Mara Maionchi, con lei racconti di avere avuto subito un'intesa. 

Quando ho visto Andrea ho guardato la regista e le ho detto che era pazzesca. Ho sentito che fosse dentro a quello che veniva scritto nel copione. Questo modo di fare così duro, però giusto, l'ho sentito da subito. Quando mi hanno detto che era lei sono stata contenta, non la conoscevo prima, quando l'ho vista al provino per me era una semplice attrice, non un personaggio già noto. Oggi siamo diventate amiche. Mi sento anche di dire che ho avuto modo di lavorare con un cast di persone eccezionale, da Maurizio Lombardi a Selene Caramazza.

Cosa ti ha trasmesso la storia di Gianna Nannini più di ogni altra cosa?

Può essere un esempio per tanti ragazzi, per una generazione nuova che comunque si affaccia a un qualcosa di difficile da intraprendere. È stato difficile tutti i giorni per lei che era una donna, in quegli anni, che faceva rock quando il rock non esisteva. Lei tentava di faceva tutto ciò che era impossibile. È uno stimolo.

Lo è stata anche per te, guardando la tua storia.

Sì, mi ha fatto riflettere su un sacco di cose. Per esempio, io per timidezza prima mi facevo problemi a chiedere le cose, cioè temevo molto il giudizio degli altri, a lei del giudizio degli altri non frega niente. Non che manchi di rispetto, ma è una persona che lavora di sentimento, di cuore e anima, quindi parla all'anima degli altri. E se le cose le dici con autenticità poi è difficile che il messaggio non passi.

Quindi sei riuscita a prendere le distanze dal giudizio altrui?

Il giudizio delle altre persone è un monitor, una cosa anche che utile. Non deve essere per forza una cosa negativa, però non mi faccio limitare così tanto come accadeva prima. Prima magari guardavo gli altri come facevano, invece devi ragionare con il tuo cervello e chi se ne frega se fai una brutta figura. In questo senso Gianna mi ha dato coraggio e mi ha dato la consapevolezza di saper fare.

Insomma, un percorso a tutti gli effetti appagante. Una cosa che va ben oltre il lavoro.

I set sono campi di battaglia, ma al di là di tutto sento di aver fatto per la prima volta un lavoro magnifico in cui mi sono buttata a capofitto. Vedere le persone che mi scrivono questi messaggi in cui raccontano le loro emozioni è per certi versi pazzesco.

Devi solo scappare dall'idea di farti travolgere dalla gratificazione.

Certo, ora mi fa piacere, mi nutro di questo perché ho passato dei momenti un po' brutti. Che le persone mi dicessero qualcosa di positivo mi ha fatto bene. Però questo non mi farà cambiare atteggiamento e sentirmi un dio, resterò la persona insicura.

Per il prossimo personaggio immagini di evitare qualcuno di realmente esistito?

Aspetto di farmi sorprendere e sono pronta a tutto. Non vedo l'ora di trasformarmi.

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