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La paura di Tim Burton: “Mi spaventa la normalità, nei cimiteri trovo la pace”

Il regista precisa: “Quando ho dichiarato che se non avessi fatto il regista sarei diventato un serial killer, era una cosa simbolica”.
A cura di Daniela Seclì
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Tim Burton parla delle sue paure, della passione per i cimiteri e della sua tendenza a considerare piacevoli le cose che per molti sono sgradevoli. Da bambino si sentiva incompreso e solo, oggi ritiene di essere stato finalmente capito. A Milano, fino al 9 marzo, la mostra immersiva "Tim Burton's Labyrinth".

La paura di Tim Burton

Tim Burton ha rilasciato un'intervista a Chiara Maffioletti per Il Corriere della Sera. Il regista ha confidato che ciò che da molti è considerato sgradevole, ai suoi occhi risulta al contrario piacevole o interessanti: "Penso dipenda dal fatto che non credo nella tendenza diffusa oggi di dividere le cose in buono o cattivo, luce o ombra, giusto o sbagliato. Non ci ho mai creduto: non in quello che riguarda la mia vita e nemmeno nel mio lavoro". Anche lui, tuttavia, ha le sue paure:

Cosa mi spaventa? La vita cosiddetta normale, le cose di tutti i giorni. Sono stato un alunno estremamente terrorizzato dall'idea di andare a scuola. Mi spaventavano perfino i miei genitori… la cosa più difficile per me era avere a che fare con la mia mente che si approcciava a cose considerate normali da tutti ma che non lo erano per il mio modo di percepirle. La mia auto terapia è stata mettere tutti questi pensieri su un foglio e tuffarmici attraverso il disegno, trovando un modo positivo per gestire quello che mi preoccupava.

Perché lo appassionano i cimiteri

Tim Burton, poi, è tornato a parlare della sua passione per i cimiteri: "Da ragazzo ci vivevo vicino e spesso mi ci rifugiavo. Lì trovavo una sensazione di pace che mi permetteva di riflettere, meditare. Ci andavo e ci vado per pensare, assaporando quella sensazione eccitante ma rasserenante al tempo stesso". Da bambino si sentiva incompreso, oggi è grato perché sente di "essere finalmente capito e visto per quello che sono". Poi, ha fatto una precisazione su una vecchia dichiarazione. Disse che se non avesse fatto il regista, sarebbe diventato un serial killer:

Forse meglio non ripeterlo prima che inizino a crederci in troppi. La verità è che non mi sentivo tanto bravo: non ero un bravo studente, non me la cavavo granché bene in generale e sono stato davvero fortunato, in questo senso, nel buttare fuori il mio malessere, il mio disagio, attraverso le immagini e il cinema. Mi ha concretamente aiutato a mettere al suo posto ogni pensiero cupo, ogni idea stramba, ogni impulso insensato. Ma la prospettiva di diventare un serial killer è una cosa simbolica più che realistica.

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