Irene Ghergo: “Berlusconi è un seduttore nato. Lucarelli? Tutta invidia per Francesca Fagnani”
Signora della televisione, dagli amici considerata «la Madonna dei Monti Parioli» e dai nemici «una grande stronza» («ma romantica» ci tiene a precisare), è l’eminenza rosa della tv italiana che ha vissuto gli ultimi 50 anni del piccolo schermo da protagonista, benché sul versante meno in vista. Irene Ghergo, 76 anni, è infatti l’autrice di programmi di culto e di enorme successo – da Pronto, Raffaella a Non è la Rai, passando per Markette e fino agli odierni Belve o GF Vip – che hanno segnato la storia del costume del nostro paese.
Con lei abbiamo avuto il piacere di chiacchierare sul passato e sul presente, tra memorie di un tempo nel quale era possibile sperimentare e l’attualità dove è molto difficile "anche perché la televisione ormai è morta". Ne sono emersi mille ricordi e nessun rimpianto: dai maestri Enrico Lucherini a Gianni Boncompagni, da Maurizio Costanzo permeato dal tipico cinismo romano al perfezionismo di Piero Chiambretti, fino al temuto critico Aldo Grasso che gli regalò un suo libro con questa dedica: “A Irene Ghergo, un mito”. In mezzo una miriade di incontri eccezionali e di scoperte lungimiranti.
Amata e odiata in egual misura, ha inventato il titolo Belve e incoronato Francesca Fagnani come la nuova rivelazione, mentre a Selvaggia Lucarelli per le critiche risponde: "L’invidia bisognerebbe sapersela riconoscere". Non ha nascosto di sentirsi una donna di potere («ma senza arroganza») e che nel rapporto con gli uomini ha influito la scomparsa del padre.
Partirei dal suo primo maestro, Enrico Lucherini, colui che ha letteralmente inventato il mestiere di addetto stampa favorendo la costruzione mediatica della Dolce Vita romana. Qual è stato il suo più grande insegnamento?
Innanzitutto che non si può lavorare annoiandosi. E poi l’estrema creatività. Con me ha azzardato, perché non sapevo fare assolutamente nulla e mi ha messo subito alla pari con lui, cosa di cui naturalmente gli sono molto grata. Enrico davvero ha inventato un mestiere che non c’era e sono onorata di aver stretto con lui una amicizia che è ancora solidissima.
Come mai ha raccontato di non essersi mai persa una vacanza con lui?
Perché è un antidepressivo fatto persona. A 91 anni con lui si ride ancora moltissimo e questo la dice lunga sull’uomo.
Lei invece è stata definita “l’altra metà di Boncompagni”. Un po’ riduttivo?
Ma no, anche da Boncompagni ho imparato tantissimo. Ero entrata in Rai con Paolo Giaccio e Brando Giordani, dopo aver smesso di fare l’ufficio stampa perché mi hanno cerato in tv. Ho iniziato curando il cast di Sotto le stelle a Napoli e Boncompagni l’ho conosciuto a casa di Lucherini, in una di quelle serate indimenticabili in cui tutto poteva accadere. Siccome avevo bisogno di Isabella Ferrari per una puntata ho chiesto a lui se poteva portarla e così in quell’occasione mi ha detto che avrebbe cominciato un programma sperimentale. Era Pronto, Raffaella. «Ci staresti?» mi disse. E io gli risposti: «Perché no?».
Cosa l’ha colpita di Gianni Boncompagni?
Innanzitutto il lavoro si è mischiato con una amicizia molto speciale. È stato il mio maestro televisivo e mi stupiva sempre, lui spiazzava tutti. Quando è partito Pronto, Raffella, scese dalla regia, noi tutti un po’ intimoriti perché era una diretta, e spinse Raffaella Carrà in scena dicendole: «Vai vai, andrà tutto malissimo». Gianni andava capito. Per esempio aveva ragione quando sosteneva che la televisione si fa presto e male. Era il suo modo per dire che andava fatta in modo creativo. Voleva lavorare solo con persone di talento e se non lo trovava buttava via tutto.
Ha conosciuto bene anche Maurizio Costanzo. Qual era la sua forza?
Maurizio, Gianni ed Enrico hanno un denominatore comune, che è un certo distacco tipico del cinismo romano, mischiato a una intelligenza speciale. Anche Costanzo, come molti di noi, era “vittima dell’ospite”. È una maledizione quando all’ultimo ti chiama l’agente dicendo che non può venire. Ma ricordo una riunione con Costanzo, noi tutti disperati e lui che dice soltanto: «L’ospite non viene? Togliete ‘a sedia». E si va oltre, senza troppi patemi.
Pierluigi Diaco invece la chiama “la Madonna dei Monti Parioli”. Si sente investita da quest’aura di sacralità?
Ma nooo, quello è un gioco. Quale Madonna? Non esiste. Bontà sua che mi ha definito così.
Ma Irene Ghergo è una donna di potere?
Mmmhhh, un po’ sì. È chiaro che quando hai il potere di scegliere chi partecipa a un programma e chi no, certamente un po’ di potere ce l’hai. Spero di non aver avuto l’arroganza del potere.
Un potere che, da donna, ha esercitato in un ambiente che per anni è stato dominato dagli uomini. Ne ha mai sofferto?
Non ho mai sentito questo disagio. Forse perché ho sempre avuto dei partner così prestigiosi che non mi hanno mai fatto provare certe esperienze.
Si è mai chiesta come mai Non è la Rai non invecchia mai?
Mentre lo giravamo dicevo a Gianni Boncompagni: «È ripetitivo, che noia». E lui: «Vedrai che questo programma rimarrà». In effetti era talmente innovativo che è rimasto. L’immagine è fortissima e quella non è invecchiata. La rivoluzione è stata togliere tutto ciò che c’era prima, dalle paillettes ai lustrini. Di questo me ne vanto perché me ne sono occupata in prima persona. Senza dimenticare la tecnologia. Quando andammo da Berlusconi gli chiese di cambiare tutte le telecamere. Compreso l’inserimento della famosa telecamera dall’alto, che poi hanno copiato tutti. Boncompagni era un visionario che andava sempre avanti, mai indietro.
Oggi non è epoca per la sperimentazione in tv?
È molto difficile. Anche perché la televisione sta morendo.
Ma davvero Ambra a Non è la Rai era diretta tramite auricolare da Boncompagni?
Si Gianni la coordinava tramite l'auricolare, ma Ambra era talmente rapida e intelligente che spesso spiazzava anche lui. Gli diceva delle cose che lei non riusciva a ripetere e quindi inventava. E aveva solo 15 anni. È una ragazza estremamente intelligente.
Lunga è anche la sua collaborazione con Piero Chiambretti.
Con Piero c’è un sodalizio lavorativo e una grande amicizia. A suo tempo con Boncompagni hanno avuto delle difficoltà a incontrarsi, perché erano profondamente diversi. Poi si sono apprezzati e stimati, ma all’inizio non è stato semplice.
Come mai?
Perché Piero ha una cura maniacale del dettaglio, è uno molto rigoroso, invece Gianni non aveva queste caratteristiche. Ma poi si sono affidati l’uno all’altro ed è andata bene.
Dopo l’ultima trasmissione, La tv dei 100 e uno, è stato criticato duramente da Aldo Grasso, tanto che alla fine ha detto: «Sparisco nel nulla, lascio tutta la televisione a chi la sa fare e al pubblico che vuole altre proposte». Come se lo spiega?
Da quando lo leggo, Grasso è sempre stato particolarmente accanito contro Chiambretti. Non so da cosa nasca, tanto che mi chiedo se ci sia qualcosa tra i due che va oltre la televisione. Anche con Boncompagni lo è stato, con critiche feroci verso Non è la Rai, ma in seguito si è redento. Ma vedo che con Piero ha un accanimento particolare.
Con Aldo Grasso ha mai avuto rapporti?
Sì, lo andai a intervistare una volta per RaiSat. Fu molto simpatico, mi regalò il suo libro Storia della televisione italiana con una dedica: “A Irene Ghergo, un mito”. Per cui io con lui sono a posto.
Fra i tanti che ha scoperto c’è anche Alfonso Signorini, al quale disse: «Farò di te una star». Cosa vide in lui che poteva funzionare? Premetto che la parte gay nei programmi mi si deve riconoscere, visto che ho il merito di aver infrocito la tv. Poi uno deve possedere delle qualità. Come mi disse Moravia: «Guai a non avere abbastanza talento per raggiungere il successo». Bisogna averlo, sennò è un guaio. Se non ce l’hai rientri nella massa di frustrati di cui è piena la tv, di quelli che sono pronti a qualsiasi cattiveria. Alfonso è intelligente, colto e tenace. Mi sembra possano bastare per riuscire ad avere successo.
In molti criticano il GfVip dicendo che è troppo trash. Lei come risponde?
Dispiace, naturalmente. Ma il GF Vip è un reality e i concorrenti non hanno un copione. E se lei entra in un bar dove ci sono dei giovani parlano in quel modo. Purtroppo, aggiungo, perché spesso sono molto maleducati. Così dentro la casa nessuno li può bacchettare.
Ha ammesso: «Guardo molta tv e mi diverto da impazzire con il trash. Più è trash e più mi piace». Ma c’è un trash buono e uno trash cattivo?
Dipende dalla lettura che dai al trash. Perché c’è sempre anche una seconda lettura. In prima lettura il trash è trash, cioè è volgare, non c’è niente da fare. Ma se vai più a fondo puoi trovare tanto altro.
Cosa si può trovare nel trash che piace a lei?
Ricordo che con Gianni Boncompagni adoravamo guardare persino le televendite nelle televisioni private. Io non sopporto di annoiarmi.
Quando le hanno fatto notare che la descrivono come “un po’ stronza” ha replicato: «Sono una stronza sentimentale». Cosa significa?
Alfonso Signorini scrisse nel suo primo libro: "Quando me l’hanno presentata mi hanno detto: stai attento che è una grande stronza. Mi è bastato per rendermela simpatica”. Intanto spero di non essere antipatica e poi diciamo che non è facile sopravvivere in televisione.
Si sente una sopravvissuta?
Certo che sono una sopravvissuta. E se non fossi un po’ stronza non sarei durata così a lungo. La mia è una stronzaggine consapevole, me ne rendo conto, ed è funzionale a quello che faccio. Ma sono anche in grado di fare marcia indietro e la mia parte sentimentale non si è mai annullata.
È considerata anche una donna seducente. È stata una mangiauomini?
Avendo perso mio padre da piccola, a 12 anni, quella è stata una lezione di vita molto forte. Quindi con gli uomini ho tentato, forse anche inconsciamente, di mantenere una certa indipendenza per non farmi sopraffare. Sono una che piuttosto di sottomettersi se ne va. Insomma, non sono una facile.
A proposito di seduzione, a un certo punto è stata sedotta dalla tv di Berlusconi.
Per forza, Berlusconi è un seduttore nato. Ogni tanto si andava a mangiare a Palazzo Grazioli e una sera Vittorio Sgarbi portò un giornalista di estrema sinistra, non facciamo nomi, che dopo la serata, prima di andarsene, gli disse: “Presidente, io non la voterò mai. Ma se qualcuno dovesse dire qualcosa contro di lei, io la difenderò sempre”. Silvio è troppo simpatico per resistergli.
A proposito di personalità strabordanti, lei riuscì a portare Carmelo Bene a Macao condotto da Alba Parietti. Più del programma, la sua partecipazione è ancora un cult sul web.
È stata una mia impresa non indifferente e per nulla semplice. Con Carmelo siamo stati molto amici, era ospite da me a Cortina, molto amico di mia sorella e al di là della sua genialità era una persona estremamente spiritosa. Quando lo portavo a casa di Boncompagni abbiamo passato diverse serate a guardare su una remota tv privata le gesta di una cartomante romana trucidissima, a proposito di trash, e ne rimanevamo tutti e tre rapiti.
Senta, ma è vero che Paolo Villaggio, altro grande artista che ha frequentato, nella vita privata era cattivissimo?
Ma no, non era cattivo. Era molto acuto, quindi quando c’era una persona debole poteva infierire. Pensi che dovevamo fare insieme una Domenica In, con Boncompagni e Villaggio. Siamo arrivati a dieci giorni dalla partenza, peccato che Paolo a un certo punto disse: “Userò la ribalta di Domenica In contro la Democrazia Cristiana”. E saltò tutto. Questo era Villaggio, un incosciente totale. Tra l’altro fu lui a dirmi: «Hai la testa da autore». Grazie anche al suo consiglio ho cominciato.
È famoso il salotto di casa Ghergo, frequentato da tutta la Roma più glamour. Roberto D’Agostino ha raccontato di tornare dalle sue feste sempre sudato. Ma cosa succedeva?
Perché ci si misurava con degli egotici ad alto tasso. Io non ho usato il salotto per la mondanità, nella maniera più assoluta, ma per vedere le persone che apprezzavo e dalle quali imparavo. Da lì sono passati tutti, da Elizabeth Taylor e Audrey Hepburn a Bernardo Bertolucci e Andy Warhol. Per cui ti dovevi confrontare con gente del genere e non era per niente facile.
Per caso si è ritrovata nel film La grande bellezza di Paolo Sorrentino?
No no, il mio salotto era diverso. Quello del film era confusionario. Il mio era un salotto seduto, dove si cenava e poi si conversava. C’era veramente uno scambio culturale. Tanto che fu Moravia una sera a chiamarmi dicendo, dandomi sempre del lei: «Senta, so che vengono a casa sua, posso unirmi?». Fui felicissima di accoglierlo e poi diventammo amici.
A proposito di donne della tv, oggi è Francesca Fagnani la rivelazione?
Francesca è una mia amica e la prima stagione del programma l’ho firmata con lei. E Belve è un titolo che ho inventato io e che ha funzionato. Trovo che lei sia molto fresca, molto nuova, sempre preparata, ma non lo fa pesare. E ha quel pizzico di ironia e di cadenza romana che me la fanno apprezzare moltissimo.
Le critiche di Selvaggia Lucarelli come le interpreta?
Guardi, io ho scritto per anni una rubrica per DiPiù intitolata L’invidiosa e bisogna capire che l’invidia è importante nel mestiere della televisione. Sono convinta, però, che ogni tanto bisognerebbe anche sapersela riconoscere, perché ci farebbe stare molto meglio.
Che cosa pensa di due donne come Giorgia Meloni e Elly Schlein protagoniste in politica?
La Meloni la conosco e mi piace. È intelligente, siamo sempre lì. A me l’intelligenza condiziona molto nel giudizio. Elly Schlein non la conosco, per cui non posso che rivolgerle tanti auguri.
Ma dopo una vita e una carriera piena di soddisfazioni, Irene Ghergo può dirsi felice?
Mah, la vita è troppa complicata per essere felici.