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Il figlio di Andrea Purgatori: “Dissi a mio padre che volevo fare l’attore, rispose: ‘Sei un cog**one, fai l’università'”

In un’intervista al Corriere, Edoardo Purgatori ha parlato del padre Andrea, giornalista e sceneggiatore morto nel 2023, raccontando alcuni aneddoti sul loro rapporto: “Quando gli dissi che volevo fare l’attore, mi rispose: sei un cogl**ne, devi fare l’università”. E ancora: “Temeva che qualcuno potesse pensare che fossi un raccomandato”.
A cura di Sara Leombruno
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In un'intervista al Corriere, Edoardo Purgatori ha parlato del padre Andrea, giornalista e sceneggiatore morto nel 2023, raccontando alcuni aneddoti sul loro rapporto: "Quando dissi a papà che volevo fare l’attore, mi rispose: sei un cogl**ne, devi fare l’università. Mi iscrissi alla facoltà di Scienze politiche, che ho mollato dopo tre mesi e lui mi dette del folle…ma poi, per divertirsi, l’attore l’ha fatto più volte anche lui".

Il racconto di Edoardo Purgatori sul padre Andrea

Un padre impegnativo per il figlio Edoardo, che oggi fa l'attore di cinema, televisione e teatro. Questa sua passione nasce quando era bambino. "Mamma mi portava spesso a vedere spettacoli. Poi, crescendo, quando frequentavo la scuola tedesca, mi piaceva tanto una compagna che era iscritta ai corsi di teatro: mi iscrissi anch’io, per corteggiarla, lei non mi si filava, ma l’attrazione per il teatro rimase e ho iniziato a fare scuole di recitazione". Suo padre, però, all'inizio era contrario: "Sì, ma fu proprio lui ad insegnarmi ad accettare i primi “no” per andare avanti e, soprattutto, per non prendermi troppo sul serio. Lui per primo aveva la capacità di affrontare le sue inchieste, tutt’altro che banali, sdrammatizzando i contenuti, sia pure con la dovuta disciplina e serietà". Alla fine, girarono un film insieme tre mesi prima della sua morte.

"Temeva che qualcuno potesse pensare che fossi un raccomandato"

Un padre autorevole, ma che "in seguito è diventato il mio consigliere e quando ho iniziato il mio percorso mi comunicava dubbi e incertezze, temendo che qualcuno potesse pensare che fossi un raccomandato. Mi spingeva a dimostrare che ero davvero più bravo, senza “aiutini”: gli devo la sua ricerca della verità". Dopo la sua morte, non avendo più la sua protezione, "ho anche accettato l’idea di compiere scelte sbagliate, mi sento più responsabilizzato".

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