Gloria Zanin: “A 8 anni un pedofilo mi portò in un campo. Piangevo, ero scioccata, mi lasciò andare”
Era il 1992 quando Gloria Zanin, a 17 anni, veniva incoronata Miss Italia da Gina Lollobrigida, in un'edizione condotta da Fabrizio Frizzi. Dopo quella notte scandita dai flash dei fotografi e dall’emozione e l’orgoglio della sua famiglia, ha avuto inizio la sua carriera nel mondo della moda e della TV. Pippo Baudo la volle al timone di Sanremo Giovani, poi è arrivato il programma musicale di Rai2 Mio Capitano, la fiction Carabinieri e tanto altro. Oggi ha 47 anni ed è mamma di Emanuele, 11 anni. Nell’intervista rilasciata a Fanpage.it è tornata con la mente alla sua infanzia e a un grave episodio, che è riuscita a metabolizzare solo in età adulta. Aveva 8 anni. Stava rientrando dal catechismo, quando un pedofilo la fece salire in auto e la portò in un campo. Davanti alle lacrime di quella bambina esile, stretta nel suo cappottino blu, che chiedeva di tornare dalla sua mamma, l’uomo cedette e la riportò a casa:
Spero di essere d'aiuto ad altri genitori, bisogna tenere sempre alta l'attenzione perché basta davvero un attimo. Nel mio caso posso raccontarlo, ma altre vittime non sono state fortunate quanto me. I bambini non si toccano. Non si viola l’innocenza dell’infanzia. Dicono che la pedofilia sia una malattia, ma io non la giustificherò mai.
Gloria Zanin, la sua storia: dall’infanzia alla corona di Miss Italia 1992
Chi è Gloria Zanin oggi, 31 anni dopo Miss Italia?
Sono una donna che ha raggiunto certe consapevolezze sulla propria pelle. Una persona buona, ma che ha fatto anche cose sbagliate. Me ne sono sempre assunta le responsabilità. Sono serena, prendo la vita con entusiasmo e accetto tutto quello che viene come un dono. Sono per il bicchiere mezzo pieno.
Ma facciamo un passo indietro, che bambina eri?
Ho avuto un’infanzia felicissima. Vivevo a Rosà, vicino a Bassano del Grappa. Ho due genitori uniti, dei gran lavoratori, ma con origini molto umili. Avevamo poco, mio papà faceva il bidello e poi aveva un secondo lavoro per arrotondare, mia madre faceva la casalinga. Ho due sorelle più grandi e vivevamo nella casa dei miei nonni. Non potevo permettermi niente, però c’era tanto amore.
Com'era la casa della tua infanzia?
Una casa di cortile, molto umile, confinante con la stalla dei vicini. Di notte sentivamo le mucche muggire (ride, ndr). Lo racconto con affetto, non ho un ricordo negativo. Ero adolescente nell’epoca dei Paninari, quando tutti erano vestiti di marca. E sai cosa faceva mia madre? Dato che non potevamo permetterci quegli indumenti, mi cuciva lei i vestiti e facevo bella figura lo stesso. I miei genitori mi hanno insegnato il valore dei soldi, della fatica, del guadagnarsi le cose. Mi è servito anche nella vita, ho sempre avuto i piedi per terra.
Quando avevi 8 anni, però, è accaduto un episodio gravissimo.
Non l’ho mai raccontato a nessuno. Non lo sapevano neanche le mie migliori amiche. Dopo l'accaduto, ho archiviato tutto nella memoria e non ne ho mai parlato, neanche quando sono diventata Miss Italia. L'ho confidato solo al mio psicologo, ma dopo un anno di terapia. È stata un’esperienza molto forte, che ho metabolizzato solo in età adulta.
Te la senti di raccontarmi cosa ti è successo?
Sì. Rientravo dal catechismo, era un sabato pomeriggio. Ricordo ancora com’ero vestita. Avevo un cappottino blu, un cappellino, le treccine. Ero una bambina esile. Mio papà doveva venirmi a prendere, era un po’ in ritardo. Come avevo fatto altre volte, mi sono avviata dall’oratorio verso casa, che dista circa un chilometro. Un uomo si accostò con una Fiat 126 bianca, mi chiese informazioni. Doveva andare proprio nella via in cui abitavo. Mi disse: “Sali in macchina, ti accompagno io”. Da bambina di 8 anni, risposi: “No, grazie”. E lui, in modo fermo: “Sali in macchina”. Così, mi sono trovata in auto con questo estraneo. Gli ho indicato dove abitavo. Lui aveva un dito nero, mi disse: “Guarda, mi sono fatto male alla mano, ho bisogno di fare la pipì, mi puoi aiutare a spogliarmi per favore?”. Non risposi, ero scioccata. Proseguì dritto, rispetto a dove abitavo io. Nel frattempo ricordo di aver visto la macchina di mio padre uscire dalla via di casa mia.
Provasti a chiedere aiuto?
No. Quando ho visto papà, il mio istinto non fu quello di chiedere aiuto, ma di nascondermi sotto il sedile perché mi sentivo in colpa – come accade spesso alle vittime di violenza – per essere salita in macchina con questa persona. Ricordo che mi portò più avanti, in campagna. Si accostò a un campo, mi chiese di aiutarlo a slacciarsi i pantaloni. Poi se li slacciò da solo…Mi sono messa a piangere, gridavo: “Voglio la mia mamma, voglio la mia mamma”. Probabilmente ha avuto un barlume di lucidità o si è impietosito e non mi ha toccato. Mi ha detto: “Stai tranquilla, ti riaccompagno a casa, aiutami a rivestirmi”. A questo punto ho dei flash, in qualche modo si è ricomposto.
Ti riportò a casa?
Sì. Aveva iniziato a piovere. Quando passò davanti casa mia, stava tirando dritto e io gli dissi: “No, no, abito qui”. Si fermò e scesi al volo. Mentre percorrevo la stradina per rientrare a casa mia pensavo: “E adesso come lo racconto alla mia mamma”. Non sapevo come giustificarmi per quello che era successo. Quando rientrai, mia madre mi chiese: “Cosa fai qua senza papà?”. Le diedi la risposta che avevo pensato lungo il tragitto: “Lo vedi mamma, non sono tanto bagnata anche se piove, perché è successo questo, questo e questo”. Da lì, non so più niente di quello che è successo.
La tua famiglia denunciò il pedofilo?
Io e la mamma ne abbiamo riparlato solo due anni fa, dopo 40 anni. Mi ha detto che all'epoca andò dai carabinieri, che denunciò la cosa, ma che questa persona non fu mai trovata. I miei genitori sono sposati da 62 anni, però mia madre mi ha confessato: “Se ti fosse successo qualcosa, non avrei mai perdonato tuo padre”. Lo avrebbe ritenuto responsabile perché era partito da casa in ritardo.
Che strascichi ha lasciato quel terribile episodio?
Non ha influenzato i miei rapporti con l’altro sesso. Ho vissuto la mia adolescenza e la mia vita amorosa tranquillamente. Con l'età adulta, però, mi sono resa conto che non andrei mai a fare una passeggiata da sola. E quando rientro tardi, cerco di essere sempre con un'amica. Le poche volte che è successo di ritrovarmi da sola, sono stati momenti che ho vissuto con molta ansia. Ho sempre paura che arrivi qualcuno e si fermi, questo trauma mi è rimasto ancora adesso.
Certo, immagino sia stato arduo metabolizzare l'accaduto.
C’è stato un momento, poco tempo fa, in cui ho realizzato quello che mi poteva succedere. E lì ho avuto paura. Da quando sono diventata madre, ho ancora più timore soprattutto per mio figlio Emanuele. Oggi ha 11 anni e gli ho raccontato, in modo consono ovviamente, quello che è successo alla mamma, per metterlo in guardia sui pericoli che possono annidarsi anche in un piccolo paese. Nel mio caso posso raccontarlo, ma altre vittime non sono state fortunate quanto me. I bambini non si toccano. Non si viola l’innocenza dell’infanzia. Dicono che la pedofilia sia una malattia, ma io non la giustificherò mai.
Hai sperimentato sulla tua pelle, quanto sia spregevole approfittare dell'innocenza di un bambino.
Sì, me ne sono resa conto in prima persona. Quando eravamo piccoli noi, la figura dell’adulto, anche della maestra stessa, aveva un’autorità ben precisa. Quando un adulto ti dava un ordine, tu lo eseguivi. Senza stare lì a pensarci. Avevi una fiducia cieca. Per questo sono entrata in quella macchina, approfittarne è folle.
Cosa ti ha spinto a rendere pubblico questo episodio?
Credo sia giusto condividerlo per essere d'aiuto ad altri genitori, bisogna tenere sempre alta l'attenzione perché basta davvero un attimo. Oggi i bambini hanno molta più libertà rispetto a una volta. Sono d’accordo sul fatto che vadano responsabilizzati e che abbiano una propria indipendenza, però non bisogna mai perderli di vista, è fondamentale seguirli da lontano. È un dovere che abbiamo nei confronti dei nostri figli.
Credo che la tua storia dimostri anche come si possa guardare al futuro, ricostruire una vita dopo un trauma.
Per me è stato fondamentale avere una famiglia solida alle spalle. Ho avuto un punto fermo. Ma anche nel caso di genitori separati, l’importante è che ci siano sempre per i figli. Anche io sto affrontando una situazione di separazione (con l'ex calciatore e allenatore Simone Tiribocchi, ndr). Però, mio figlio resta in primo piano, quindi, per il suo bene, rispetto la figura del padre. Anche se può aver sbagliato, è il padre di mio figlio e voglio che Emanuele abbia dei punti fermi. Prima di tutto c’è la famiglia che abbiamo costruito insieme, quindi ci sarà sempre un rispetto reciproco, civile.
La separazione dal marito Simone Tiribocchi e l'amore per il figlio Emanuele
Veniamo ora al concorso di Miss Italia. Come è maturata l'idea di partecipare?
È nato tutto per gioco. Abitando in un paese piccolo, non c’era tanto da fare durante l’estate. Un mio amico mi iscrisse al concorso. Chiesi il permesso ai miei genitori, che inizialmente non volevano. La prima selezione andò bene, la seconda anche. Poi, c’erano le prefinali nazionali a settembre, ma io dovevo fare l’esame di riparazione di chimica. Quindi avevo deciso di non andare. Ma il mio fidanzatino mi lasciò il giorno del mio compleanno, Ferragosto, davanti al falò. All’epoca avevo 16 anni. Disse che non ero il suo tipo e che preferiva le turiste tedesche. Fu la mia fortuna. Mia sorella, vedendomi disperata, mi accompagnò alle prefinali per farmi distrarre un po’.
Nel 1992 sei stata eletta Miss Italia. Che ricordo serbi di quella notte?
È stata fantastica. Mi sono divertita con lo spirito di una neodiciassettenne. Avevo fatto amicizia con tutti. Ci facevamo gli scherzi, giocavamo, non dormivamo. L’avevo presa con leggerezza, senza nessuna aspettativa. Poi vedevo che passavo ogni selezione e mi chiedevo come mai. Mi ritrovai tra le prime tre. La favorita era Patrizia Deitos, davvero molto bella. Arrivò terza. Non capivo più niente. Quando mi hanno nominata non ci credevo, ero in un vortice. A Miss Italia passi da essere nessuno, a tutti che chiamano il tuo nome. A un certo punto sentii nella folla una voce: “Fatemela almeno vedere”, era mia madre. Scoppiai in lacrime.
Quell'anno conduceva Fabrizio Frizzi e sei stata incoronata da Gina Lollobrigida. Due personaggi immensi del mondo dello spettacolo che purtroppo non ci sono più.
Fabrizio Frizzi era una persona buona, un fratello maggiore per tutte, non aveva malizia. Non dimenticherò mai il suo: “Meraviglioso”, una persona eccezionale. Mi dispiace tantissimo che non ci sia più. Poi, con una figlia piccola…Quello tra lui e Carlotta Mantovan è stato un amore grande.
Cosa ti disse Gina Lollobrigida mentre ti incoronava più bella d'Italia?
Ricordo che la sera prima me la presentarono. Io sono appassionata di film in bianco e nero, li guardavo con i miei genitori. Incontrarla di persona non mi sembrava vero. Volle conoscermi. Mi strinse la mano e mi disse: “Sei una ragazza molto bella, complimenti”. Nel momento dell’incoronazione, io ripetevo: “Non ci credo” e lei mi abbracciò e mi fece coraggio: “Credici, credici”.
Oggi il concorso di Miss Italia sembra aver perso lo splendore di un tempo, spesso viene criticato perché rischia di restituire una visione anacronistica della donna. Tu come la vedi?
La bellezza non può essere vista come un difetto. Oggi sembra quasi così. Ma è un valore aggiunto. È vero che una persona che non ha una certa fisicità deve faticare di più per raggiungere certi obiettivi. Ma se una ragazza nasce bella e ha voglia di mettere in mostra le sue qualità, non vedo che cosa ci sia di male. Queste ragazze, sono certa, hanno anche una storia da raccontare e qualcosa da dire. Non deve esserci un pregiudizio al contrario o addirittura un accanimento nei confronti del concorso.
Dopo aver vinto il titolo, hai lavorato come modella, ma anche come conduttrice e attrice. Poi, hai fatto un passo indietro rispetto al tuo lavoro, perché desideravi avere un figlio, ma il bebè non arrivava.
Mi sono sposata che avevo 32 anni. Ho provato a rimanere incinta, ma non ci riuscivo. È stato un percorso difficile, ci ho messo cinque anni ad avere mio figlio Emanuele. Ho fatto tutto quello che potevo fare, inseminazione, fecondazione, con tutte le frustrazioni del caso. Stavo pensando all’adozione.
Poi nel 2012, è nato Emanuele.
Credevo che la frase più sbagliata da dire a una donna che vuole un figlio fosse “Non pensarci”, perché è impossibile. Dopo 5 anni e vari percorsi e cure ormonali, mi sono fermata perché mia madre è stata malissimo, ha avuto un tumore. Per un mese, io e le mie sorelle siamo state in ospedale ad assisterla. Quando è stata meglio e sono tornata a casa, sono rimasta incinta naturalmente. Effettivamente, un fondo di verità c’è nel consiglio di non pensarci. Così è nato Emanuele.
Che mamma sei con lui?
Una madre ferma, che detta poche regole ma quelle devono essere, per il resto lo lascio fare. Emanuele è sveglio, espansivo, parla tantissimo con me. Abbiamo un rapporto bellissimo, merito anche del suo carattere, molto facile da gestire, anche in un momento come questo, delicato per la nostra famiglia. Sono sempre stata molto sincera con mio figlio. È un bambino che ha bisogno di sentirsi dire la verità ed è in grado di elaborarla, ovviamente con l’aiuto degli adulti.
Sta mostrando interesse verso il calcio come papà o verso la moda e la tv come te?
Ama moltissimo il calcio, però ha anche la natura della mamma. Se gli dai un gradino, lui lo vede come un palco e prende un microfono (ride, ndr). Ha detto che l’anno prossimo vuole studiare recitazione, io lo assecondo.
Ti piacerebbe tornare in tv?
Sarei ipocrita a dire di no. Mi piacerebbe riprendere in mano la mia vita dopo che ha avuto uno stop. Credo di avere ancora qualcosa da dare. Quindi sì, ma senza accanimento. Non deve accadere per forza. Se è fattibile benissimo, altrimenti mi ritengo una persona fortunata per quello che ho.
Cosa ti piacerebbe fare?
Mi piacerebbe tornare a condurre un programma musicale. Per quanto riguarda i reality, potrei mettermi alla prova con l’Isola dei famosi, anche se non so se riuscirei a resistere. Ma il reality che mi piacerebbe tantissimo fare è Pechino Express. Amo viaggiare. Penso che quello varrebbe davvero la pena.