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Giorgio Vanni è Uno di noi, da All’arrembaggio a Dragon Ball: “I cartoni animati non sono solo i nostri ricordi”

A Fanpage.it, il più famoso cantante dei cartoni animati racconta il legame coi fan e il successo delle sue sigle, tra emozioni, ricordi e l’inossidabile sodalizio con Max Longhi: “Canto per chi non si vergogna di mostrare il bambino che ha dentro”.
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A Fanpage.it, Giorgio Vanni racconta l’evoluzione della sua carriera, dagli inizi nella musica leggera fino al successo travolgente come “voce” delle sigle di cartoni animati, che lo hanno reso un’icona intergenerazionale. “Uno di noi” dà il titolo al suo ultimo inedito e alla raccolta di hit (in uscita il 1 novembre per Sony Music Italy) che contiene i brani simbolo di una carriera che lo lega da trent'anni a Max Longhi. Giorgio Vanni, in fondo, è proprio come supereroi delle sigle dei cartoni animati che interpreta: una star per bambini e adulti, capace di scatenare cori, applausi e fiumi di ricordi.

Giorgio, sei una voce della nostra generazione. “Uno di noi” raccoglie i tuoi successi, più un inedito. Cosa significa per te questo titolo a questo punto della tua carriera?

“Uno di noi” era già nella mente mia e di Max Longhi da molto tempo. L’intenzione era di creare, comporre, produrre e cantare una canzone dedicata a tutti quelli che ci seguono, ma non solo. Il titolo è nato durante un concerto che ho fatto un po’ di tempo fa nella mia amatissima Bernalda, vicino Matera. Iniziarono a cantarmi, per affetto, “uno di noi, uno di noi”. Questo coro è proseguito anche in altri concerti. È fantastico. Con le sigle dei cartoni animati siamo entrati nelle loro vite in modo molto forte e loro nelle nostre. Le sigle dei cartoni animati, per tantissimi appassionati, sono quasi uno stile di vita, e da lì mi è venuta l'ispirazione per scrivere il brano e raccontare, come si dice, il percorso del bambino che cresce, diventa uomo, ma mantiene la sua anima fanciulla. Continua a essere entusiasta, a perseguire i propri sogni, non si arrende, non si vergogna di dimostrare il suo attaccamento al bambino che ha dentro.

Hai più di trent’anni di carriera e hai un passato da musicista di musica “leggera”. Che differenza c’è nel comporre, scrivere e cantare sigle di cartoni animati?

Non c’è nessuna differenza. Ti faccio un esempio: quando lavoriamo a una sigla, per esempio “What’s my destiny, Dragon Ball”, io mi metto lì e inizio a cantare con la chitarra – di solito, parto sempre con un accordo in Do – e mi viene spontaneo. Con Max, però, non pensiamo mai: “Questa deve essere una sigla”. Le nostre sigle sono a tutti gli effetti delle canzoni, alcune riprese anche da tantissimi DJ per farle ballare in discoteca. Non è solo perché evocano dei ricordi, ma perché c’è un divertimento di fondo, una reazione molto positiva, un’emozione. In fondo, sono melodie pop a tutti gli effetti, e per questo non c’è alcuna differenza.

Hai sempre voluto essere il Giorgio Vanni di oggi?

Io volevo diventare una star del reggae giamaicano. Non amavo molto cantare in italiano, fino alla prima sigla che ho registrato, Superman, nel 1998. Da quarant’anni, tra poco compio 61 anni, canto in italiano e va benissimo così. Nel mezzo, quello che abbiamo fatto io e Max è stato incredibile. Per noi creare per i cartoni animati ha lo stesso valore; tanto è vero che avevamo composto una sigla che doveva essere utilizzata per un cartone animato, ma poi abbiamo detto no. Quella sigla ci è stata chiesta da una casa discografica giapponese ed è stata affidata a una boy band, i W-inds.

E com’è andata?

Quella canzone ha fatto sfracelli (SUPER LOVER – I need you tonight, disco di platino in Giappone, ndr). Ha venduto tantissimo e ha conquistato le classifiche del mercato pop giapponese. Però, vedi, doveva essere la sigla di un cartone animato.

Sul sodalizio con Max Longhi. Come si è evoluto il vostro rapporto in questi trent’anni?

È un rapporto matrimoniale, ormai (ride, ndr). C’è un saggio cinese che dice: se due stanno insieme e va sempre tutto bene, allora uno dei due non serve. Quello che funziona è questo. Non è che non siamo mai d’accordo, ma c’è sempre un confronto, anche abbastanza acceso, nei due ruoli che sono molto definiti. Io, magari, sono il selvaggio della coppia che apporta una creatività più libera, mentre lui è molto creativo ma riesce a organizzare meglio la sua creatività.

Alessandra Valeri Manera è stata determinante per il vostro percorso.

Non riesco a parlare di lei senza commuovermi. È stata una sorella, anzi: a un certo punto è diventata una sorella. È stata una maestra incredibile. Ci ha insegnato tanto. Quando lei ha smesso, staccandosi da Mediaset, noi abbiamo continuato ad avere un rapporto di confronto e di amicizia, fraterno e professionale. Quando è venuta a mancare, per me e per Max, è stato un momento durissimo. Lei ha scritto anche il testo di Dragon Ball Super, la quarta canzone che abbiamo fatto per Dragon Ball, mai andata in onda su Mediaset. L’abbiamo pubblicata su YouTube ed è arrivata a 14 milioni di visualizzazioni. Sono numeri enormi. Non per fare polemica, ma per fare un esempio: la sigla giapponese di Dragon Ball Super, quindi quella originale trasmessa in TV, non arriva neanche alla metà delle nostre visualizzazioni.

Quando hai cominciato trent’anni fa, ti aspettavi questo momento di grande popolarità oggi?

Quando ho cominciato ero felicissimo, non mi aspettavo e non ci pensavo, non avrei pensato che sarebbe arrivato tutto questo, questo revival così importante. È una cosa potentissima. Quando abbiamo cominciato a fare tutto questo, siamo arrivati a produrre e cantare dalle 20 alle 25 sigle l’anno. Ne abbiamo prodotte 53 per Cristina D’Avena, di cui circa 14 erano duetti con lei. Era fantastico perché sentivo di aver realizzato un mio desiderio. Poi, a un certo punto, arriva mio cognato, il marito di mia moglie, e dice: “Ma ragazzi, quello che state facendo è fortissimo, io vi organizzo degli spettacoli-concerti nei centri commerciali”. Così abbiamo scoperto che venivano ad ascoltare Giorgio Vanni.

Hai cominciato ad avere un volto che non era più solo quello di Goku o degli altri.

Esatto. Oggi, se vedi quello che succede nelle varie fiere, è pazzesco. A Catania, c’erano tremila persone a cantare le nostre sigle. Quello che abbiamo fatto con DJ Matrix è stato un volano pazzesco che ha aggiunto visibilità ai nostri progetti. Bambini, ragazzi, adulti, tutti vanno pazzi per le nostre canzoni. I grandi tornano indietro, i piccoli si divertono. Vedere tutto questo è un’emozione molto forte.

So che è difficile, ma tra le tue canzoni riesci a darmi un podio personale?

E sai come si dice, in Trentino? Ogni scarrafone è bello a mamma soja. Sono tutti figli miei, ma vado a periodi. C’è stato il momento in cui mi piaceva molto cantare My Hero Academia. Poi, quando canto Oltre i cieli dell’avventura o Io credo in me, Naruto o Dragon Ball GT, e vedo i ragazzi che si commuovono, mi commuovo anche io e capisco che tra noi si crea un’unione molto forte.

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