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Gianmarco Saurino: “Mi chiedono se sono gay. Io sex symbol? Mai usato la bellezza come un’arma”

Gianmarco Saurino interpreta Luca in Maschile Plurale, sequel di Maschile Singolare (disponibile dal 20 giugno su Prime Video). A Fanpage.it racconta il suo modo di esporsi su temi politici, parla dell’ultimo film e dei commenti dopo la sua partecipazione al Pride: “Mi chiedevano se avessi fatto finalmente coming out. Saranno anche fatti miei? Il mio orientamento sessuale non dovrebbe interessare a nessuno”.
A cura di Eleonora Di Nonno
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"Fidati di me", sarebbe questo il titolo che Gianmarco Saurino darebbe al capitolo della sua vita in questo momento. "Ha a che fare con il lavoro che sto facendo su me stesso – spiega a Fanpage.it – Passiamo il tempo a cercare di essere abbastanza per gli altri ma siamo già perfetti così come siamo". L’attore è nato a Foggia nel '92, una città che gli ha regalato "la fame" di fare nonostante sia un posto in cui dire di voler intraprendere questo mestiere "è come dire di voler diventare un astronauta". Saurino non hai mai indossato i panni di un viaggiatore dello spazio ma di medico (Lorenzo Lazzarini in Doc), di prete (Nicola in L’estate più calda) e dal 20 giugno è Luca in Maschile Plurale – sequel di Maschile Singolare – disponibile su Prime Video. Il filo rosso che collega i suoi ruoli è l’amore: "Per me si tratta di una pratica quotidiana, una cosa che va fatta in maniera ripetitiva. Ascolta gli altri, stai con gli altri, renditi disponibile". Nell’intervista racconta il suo modo di esporsi su temi politici, parla dell’ultimo film e dei commenti dopo la sua partecipazione al Pride: "Mi chiedevano se avessi fatto finalmente coming out. Saranno anche fatti miei? Il mio orientamento sessuale non dovrebbe interessare a nessuno".

Maschile Plurale arriva dopo tre anni da Maschile singolare. Nel film Michela Giraud dice: "L'originale è sempre meglio del sequel". Sei d'accordo con la battuta?

Sì, ma non per forza. Ci sono dei sequel che sono stati migliori del primo e mi piace pensare che sia il caso di questo film sia meglio del primo. Maschile Singolare aveva una magia e una poesia molto particolare, non succede molto spesso nella carriera di un attore. Maschile Plurale, invece, ha una connotazione molto più complessa, i nostri personaggi sono articolati in maniera diversa, è più strutturato.

Nel nuovo capitolo di questa storia il personaggio di Luca si mette al servizio di ragazzi che abitano in una casa d'accoglienza per giovani LGBTQIA+. Nella vita hai mai avuto il desiderio di aiutare gli altri? Se sì in che modo?

Credo che si tratti di una cosa innata. Questo mestiere, nel modo in cui lo intendo, è mettersi al servizio del pubblico. Io da anni collaboro con Amnesty International, Mediterranea Rescue, Sea Watch. Per essere definiti artisti fino in fondo è necessario avere un'identità politica.

È proprio con Amnesty che lavori al podcast Ellissi, in cui dai voce a chi non può raccontare la propria vita. Quale storia ti ha più colpito?

Siamo arrivati alla seconda stagione, una cosa che mi rende felice ma al tempo stesso mi fa soffrire. Le storie di diritti umani non finiscono mai ed Elissi potrebbe avere trentacinque stagioni. La storia che mi ha più appassionato è il dramma di Bhopal. In India una fabbrica di pesticidi ebbe una perdita e una nube di gas uccise ventimila persone, oltre a drammi ambientali infiniti. Il risarcimento alle persone fu ridicolo, come se la loro vita non valesse abbastanza. È una grave storia di razzismo economico.

Uno dei temi del film è il desiderio di appartenenza. Le tue radici sono a Foggia ed è lì che hai iniziato la tua carriera come attore. Cosa ti ha dato e cosa ti ha tolto essere "un figlio del sud"?  

Non mi ha tolto niente. Come canta un rapper molto famoso: "Dove caz*o vai se non sai da dove vieni?". Io so da dove vengo, mi ha dato un sacco di voglia di arrivare, di fame. Dire di voler fare l'attore dove sono nato io è come dire di voler fare l'astronauta, per questo ringrazio i miei genitori per avermi accompagnato nella scelta. Vengo da un posto che ha tantissime difficoltà, è un mondo abbandonato a sé stesso. Quando la politica crea delle zone fuori dallo Stato permette allo mafia di entrare in questi territori con forza, è uno dei drammi della mia zona.

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In Maschile Pluarle c’è il racconta una società in cui le persone possono stare insieme senza bisogno di lottare, non viene mostrato il coming out dei protagonisti e nessuno ha bisogno di etichettarsi. Non c’è discrepanza con la realtà in Italia? 

Sì. Ma quanti film raccontano mondi utopistici? L’innovazione di Maschile Singolare e Maschile Plurale è proprio questa. C'è il racconto di un mondo per come dovrebbe essere ma che ancora non è. È un messaggio di speranza. Un mondo senza etichette, senza definizioni e dove l'amore è amore. Auguriamoci, soprattutto in questo momento di grande difficoltà nell'affermazione di diritti della comunità LGBTQIA+, una realtà in cui le difficoltà non siano nell’affermare il proprio orientamento sessuale ma solo nelle dinamiche relazionali, come può succedere.

Le nuove generazioni hanno a cuore temi come il climate change e i diritti civili. Quali erano le battaglie che portavi avanti da ragazzo?

Credo la scuola, il diritto allo studio. Mi sono portato due temi da quando sono piccolo: il diritto all'immigrazione e la questione palestinese.

In questo momento, come artista, senti il bisogno di esporti sulla questione palestinese?

Io mi sono sempre esposto, anzi adesso lo sto facendo di meno sui social. Ho sempre parlato di questo tema, anche da prima del 7 ottobre. Ad un certo punto mi sono trovato in un mondo social in cui alcuni personaggi pubblicano foto dei bambini di Rafah in mezzo alle promozioni, come se avessero lo stesso valore. È un gioco al quale io non voglio partecipare. Sono convinto che se chi mi segue vuole sapere in che modo mi espongo lo può capire dai progetti che faccio. Il 30 giugno stiamo organizzando una serata pro Palestina in cui faremo canti, letture… È un bel modo di parlare del tema. Postare una foto o un reel mi sembra poco.

Parli dell’attivismo social. 

Mi fa molta paura. L’ho usato tanto, sono sempre stato dell'idea che se hai un pubblico che ti segue è sempre meglio pubblicare che non pubblicare invece adesso mi sono trovato a pensare che un dramma così grande non possa essere riassunto in una storia Instagram.

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Nel film c'è una frase: "Dimenticare ha che fare con la mente, scordare ha che fare con il cuore". Nella tua vita chi hai dimenticato e chi hai scordato?

Cerco di dimenticare le questioni lavorative o le brutte esperienze sul lavoro. Provo ad avere la memoria dei pesci rossi. Se scordare ha che fare con il cuore, credo di non essermi mai scordato nulla, ha tutto senso nella propria formazione. Non c’è niente da cancellare nella propria vita. Non scordo.

In Maschile Singolare il personaggio di Antonio deve imparare a "lasciar andare". Nella tua carriera hai detto addio a Lorenzo Lazzarini di Doc. I fan ti hanno mai rimproverato per questo?

Oddio, forse sì. Perché c'è stata la morte ed è dura da digerire per chi si appassiona a progetti come Doc che è stato un successo straordinario. Credo che abbiano apprezzato il fatto che il personaggio sia uscito in una maniera finalizzata al racconto. La morte di Lorenzo non era un espediente per liberare un attore da un progetto ma era il racconto dei medici scomparsi a causa del Covid. Ora i fan mi hanno perdonato.

C'è un pettegolezzo che è circolato su di te e che ti ha infastidito?

Sono abbastanza fuori dai pettegolezzi, tengo la mia vita privata abbastanza riservata. Venerdì ero al Pride di Roma con Giancarlo Commare e mi sono arrivati un paio di messaggi che dicevano: "Oh, finalmente hai fatto coming out". Ma che gliene frega? Saranno anche fatti miei se io voglio fare coming out o non voglio fare coming out perché sono etero. Il mio orientamento sessuale non dovrebbe interessare a nessuno.

In molti ti definiscono un sex symbol. Ti senti a tuo agio con questo appellativo? 

I sex symbol sono legati alle mode. Sono molto contento del fatto che non mi facciano più domanda sulla bellezza.

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Come è cambiato con il tempo il rapporto con il tuo corpo? Hai fatto un lavoro su te stesso?

Il lavoro che ho fatto su me stesso non ha a che fare con la mia immagine, è un aspetto che non ho mai considerato né in bene che in male. Non ho mai utilizzato la bellezza come un'arma e non l'ho mai sentita come un ostacolo.

Su Instagram hai condiviso una poesia di Mariangela Gualtieri che si intitola "Volevo tutte le sbandate". Nella conclusione si legge: "Per amore, per amore, tutto per amore". Quale è la follia più grande che hai fatto seguendo il tuo cuore?

Non ho mai avuto nessun tipo di sbandata perché non si tratta di fare follie d’amore ma di raccontare l’amore nella vita di tutti i giorni, quella poesia a me dice questo. L'amore è una pratica quotidiana, non ha possibilità di avere delle follie. "Per amore soltanto per amore", è una cosa che va fatta continuamente in maniera ripetitiva: ascolta gli altri, stai con gli altri, renditi disponibile.

In un'intervista raccontavi di essere un grande appassionato di lettura. Se potessi scrivere la tua storia quale sarebbe il titolo del capitolo che stai vivendo? E del prossimo?

Il titolo di questo capitolo della mia vita è "Fidati di me", il titolo del prossimo è "Rock n Roll".

Fidati di me è per qualche progetto futuro?

No, ha a che fare con un lavoro che sto facendo su me stesso. Sono arrivato a pensare che passiamo il tempo a cercare di essere abbastanza per gli altri ma siamo già perfetti così come siamo. È un qualcosa che dico sempre a me stesso: "Vai già benissimo così".

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